Riforma piduista berlusconiana della giustizia
Separazione delle carriere tra giudici e Pm
Sdoppiato il Csm. Estrazione a sorte dei consiglieri. Istituita una Corte disciplinare esterna per i magistrati
L' ANM: "Un controllo sulla magistratura da parte della politica"
La premier neofascista Meloni l'ha definita “una riforma epocale”. Per il vicepremier e ministro degli Esteri Tajani “è il coronamento del sogno di Berlusconi”. E per il ministro della Giustizia Nordio è la realizzazione della “volontà popolare”: si tratta della separazione delle carriere dei magistrati, tra pubblici ministeri e giudici, che l'articolo 107 della Costituzione stabilisce siano invece distinti solo per funzione, e che il Consiglio dei ministri ha varato il 29 maggio con un disegno di legge costituzionale che contiene anche lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura, il parlamentino disegnato dai costituenti per l'autogoverno dei magistrati, con un Csm per i pm e un altro per i giudici, nonché con l'istituzione di un'Alta Corte per i procedimenti disciplinari e le sanzioni riguardanti i magistrati, compito svolto finora dal Csm unico.
Un meccanismo, come vedremo nel dettaglio, congegnato ad hoc per portare i pm sotto il controllo del governo, da completare in un secondo tempo con l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, e per tarpare l'indipendenza della magistratura al fine di sottometterla al potere esecutivo: esattamente come previsto nel Piano di rinascita democratica della P2 di Gelli e cercato di realizzare da Craxi e Berlusconi, da cui l'esultanza della destra neofascista al governo.
L'accelerazione impressa a questo nero progetto si deve al fatto che anche Forza Italia voleva la sua bandiera da sventolare per le elezioni europee, essendo appunto un vecchio sogno del defunto cavaliere piduista, a fronte del premierato spinto dalla Meloni e dell'autonomia differenziata cara a Salvini che sono già in piena corsa in parlamento. Furbescamente, però, la premier neofascista ha voluto per questo provvedimento una legge nuova di zecca, che essendo costituzionale richiederà tempi lunghi, forse anche oltre la legislatura, quando invece avrebbe potuto sveltire le cose utilizzando il ddl già in itinere alla Camera presentato dalla stessa FI (o un altro presentato dalla Lega). Il motivo è che non vuole che si crei un ingorgo che rischi di ritardare l'approvazione del suo ddl sul premierato, che punta ad ottenere a tutti i costi entro la legislatura, referendum compreso.
Un corpo di super-poliziotti e due Csm indeboliti
Come già accennato il ddl del governo separa completamente la carriera dei magistrati requirenti da quella dei magistrati giudicanti oggi unificate, anche se dopo la riforma Castelli del 2001 i passaggi da pm a giudici e viceversa erano stati resi più difficili, e con la riforma Cartabia erano stati ridotti a uno solo in tutta la carriera, tanto che si parla in media di una cinquantina l'anno su un totale di circa 9.000 magistrati, lo 0,5%. Quindi la scusa della destra neofascista di impedire che troppi pm diventino giudici portandosi dietro una mentalità sempre favorevole all'accusa, è palesemente strumentale. Il vero motivo è che in questo modo si vuol creare un corpo di pm separato dagli altri magistrati, pronti per essere messi sotto il controllo del ministro della Giustizia: una sorta di super-poliziotti che rispondono direttamente al potere politico, come accade infatti in Francia e negli Stati Uniti.
Per rendere totale la separazione si creano anche due Csm separati per i pm e i giudici, e come ora ne fanno parte di diritto rispettivamente il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione, e sono entrambi presieduti dal presidente della Repubblica e composti per due terzi da magistrati (componente togata) e per un terzo da professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio, eletti dal parlamento in seduta comune entro 6 mesi dall'insediamento (componente laica). Da notare che in una prima bozza Nordio e i partiti della maggioranza avevano tentato di cambiare la proporzione ad un egual numero di laici e togati.
Ma ci sono anche delle importanti differenze rispetto ad ora: ai due Csm spettano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni, ma non più la giurisdizione disciplinare sui magistrati ordinari, che sarà devoluta ad una corte esterna creata ad hoc (Alta Corte disciplinare). Inoltre i membri togati non saranno più eletti tra i candidati delle associazioni dei magistrati bensì estratti a sorte, secondo la vulgata governativa di sottrarli al gioco delle correnti. Per l'intervento di Mattarella, però, Nordio ha dovuto inserire il sorteggio anche per i membri scelti dai politici, senza il quale il provvedimento sarebbe stato ancor più e punitivo verso i magistrati. Su tutto il resto, come al solito, il guardiano del Quirinale non sembra abbia avuto niente da ridire. Resta infatti lo squilibrio dovuto al fatto che mentre il sorteggio dei togati è “secco”, senza alcuna possibilità di intervento dell'intero corpo dei magistrati, quello dei laici avviene su un elenco di candidati scelto in precedenza dal parlamento, mantenendo con ciò il controllo della politica su questa componente, cioè di fatto della maggioranza parlamentare che sostiene il governo. Lo stesso vale per l'elezione dei vicepresidenti dei due Csm, scelti anch'essi dai due suddetti elenchi.
Trascrizione letterale del piano di Gelli
Il controllo della maggioranza politica sui magistrati potrà essere esercitato anche tramite la Corte disciplinare, un organismo esterno ai due consigli di autogoverno dei giudici e pm, composto a sua volta da 9 togati, eletti sempre con sorteggio “secco”, e 6 laici. Di questi, 3 saranno nominati dal capo dello Stato tra professori e avvocati con almeno 20 anni di esperienze, e altri 3 estratti a sorte allo stesso modo dei laici dei Csm, cioè con la preventiva selezione politica. Questo organismo si ispira, in peggio, alla “bozza Boato” approvata dalla Bicamerale di D'Alema, che però prevedeva 9 giudici tutti scelti all'interno del Csm. Non a caso piace anche al PD che ha depositato una sua proposta in merito.
Se si pensa che la separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti e il controllo del Csm da parte del parlamento, così come i test psicoattitudinali per i magistrati, inseriti a marzo da Nordio in un decreto attuativo della controriforma Cartabia, erano tutti scritti nero su bianco nel Piano di rinascita democratica di Gelli, non pare esagerata la denuncia dell'ex magistrato e senatore del M5S, Roberto Scarpinato, fatta pochi giorni prima nel suo intervento al 36° Congresso dell'Anm a Palermo, secondo cui “non è un caso che molte delle riforme in cantiere siano la calligrafica trascrizione di quel piano”.
E segnatamente, nel piano della P2 la “responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull’operato del P.M.(modifica costituzionale)
”, compare al punto II dei “Provvedimenti istituzionali a medio-lungo termine”, sezione a1) Ordinamento Giudiziario; la “riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere
responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale)
”, e “separare le carriere requirente e giudicante
”, compaiono rispettivamente al punto IV e V della stessa sezione. Mentre “la normativa per l’accesso in carriera (esami psicoattitudinali preliminari)
”, compare tra i provvedimenti da prendere con urgenza insieme alla “responsabilità civile (per colpa) dei magistrati
”, peraltro già realizzata. Ed effettivamente fa impressione come le “riforme” giudiziarie di questo governo ricalchino alla lettera le indicazioni di Gelli.
Verso uno sciopero dei magistrati?
Contro questo nuovo e ancor più grave attacco alla loro indipendenza, che rischia di mettere fine per sempre alla separazione dei poteri come nel ventennio mussoliniano, i magistrati sono insorti stavolta in tutte le componenti della loro associazione nazionale, l'Anm. Già prima ancora che venisse approvato in Cdm il progetto governativo era stato fortemente criticato e denunciato al Congresso di Palermo (vedi il numero precedente de “Il Bolscevico
”). Nella mozione approvata all'unanimità si ribadiva l'“intransigente contrarietà alla separazione delle carriere e al complessivo indebolimento del Csm che ne costituiscono il contenuto principale”; che separare le carriere dei pm e dei giudici “rischia concretamente di attrarre la magistratura requirente nell'orbita del potere politico e del controllo governativo, come avviene, in modo formale o sostanziale, in tutti i Paesi nei quali la magistratura è separata”; e che “il Csm è l'unico presidio posto dalla Costituzione a tutela dell'autonomia ed indipendenza della magistratura, che è indispensabile per realizzare l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge”.
Lo stesso giorno dell'approvazione del ddl la Giunta esecutiva dell'associazione rilasciava una durissima nota in cui si rilevava in esso “una volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria” e i “molteplici aspetti allarmanti” di una “riforma ambigua che crea un quadro disarmante”, una “sconfitta per la giustizia”. E annunciava la convocazione per il 15 giugno di un Comitato direttivo centrale di urgenza per decidere una “mobilitazione importante” e le iniziative da mettere in campo. Tra le quali, il suo presidente Giuseppe Santalucia, interpellato in proposito non ha escluso uno sciopero dell'intera magistratura.
Magistrati di tutte le correnti contro il governo
Moltissime critiche e denunce alla controriforma del governo sono comparse sulla stampa da parte di singoli magistrati di ogni corrente, e perfino da parte di avvocati, nonostante che in generale sostengano invece il provvedimento. Persino l'avvocato Franco Coppi, in un'intervista a La Stampa
, ha bocciato la separazione delle carriere come “inutilmente ideologica”, smontando la falsa propaganda del Guardasigilli e di tutto il governo secondo cui solo perché appartenenti allo stesso ordine il giudice sarebbe incline ad ascoltare più l'accusa che la difesa, non avendo mai incontrato un caso simile in tutta la sua lunga carriera. E in ogni caso “non cambierà proprio nulla, né nei tempi, né nelle decisioni, né nei possibili errori giudiziari”. Ha puntualizzato.
Anche l'ex pm di “mani pulite” ed ex membro del Csm, Piercamillo Davigo, boccia in un'intervista al Corriere della Sera
la controriforma di Nordio e Meloni, con la motivazione secca che “si vuole indebolire la magistratura spezzandola in due metà, così ognuna conterà la metà”: “La miglior garanzia per i cittadini – ha sottolineato l'ex magistrato - è un pm che ragioni come il giudice. Più il pm si allontana dalla visione del giudice e peggio è. Il giudice difficilmente può essere gerarchizzato. Invece il pm in parte già lo è oggi”.
Da par suo, un renziano come il consigliere laico del Csm, Ernesto Carbone, diversamente alla sua corrente politica è contrario alla separazione delle carriere: “perché – ha spiegato - si sa già come finirà. Non subito, magari tra qualche anno, ma è fisiologico che i pm finiranno sotto il controllo del governo... finirà come in Francia. Se crei dei super-poliziotti, a qualcuno dovranno pur rispondere” (intervista a La Stampa
, ndr).
Ma la sintesi politica più calzante l'ha fatta in un un'intervista a Il Fatto
il magistrato ex pm antimafia di Palermo ed ex membro del Csm, Nino Di Matteo, che vive sotto scorta dal 1993 a causa delle minacce di Cosa nostra: “La riforma Cartabia e quelle del governo Meloni vanno nella stessa direzione. Ed è quella indicata dal primo governo Berlusconi, che a sua volta ha molti punti di contatto con il Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli. Si punta a creare un sistema Giustizia improntato al doppio binario: un diritto penale minimo per i privilegiati e uno massimo per gli altri. Una giustizia classista con uno scudo per il potere”.
5 giugno 2024