Il G7 sostiene il piano colonialista Mattei per l'Africa e il blocco dei migranti
Meloni impone la cancellazione della parola aborto e il riferimento all' "identità di genere" e all' "orientamento sessuale" dalla dichiarazione finale. Il controvertice: "Voi 7- Noi 8 miliardi"
Zelensky: "Putin è come Hitler"
La oramai collaudata macchina propagandistica della neofascista Meloni ha viaggiato a pieno ritmo, a colpi di foto e video spettacolari rilanciati sui social media, per accreditare il ritornello cantato fino alla noia alla fine del vertice dal G7 in Puglia nel lussuosissimo resort di Borgo Egnazia (“simbolo della mercificazione e della disneyficazione dell’Italia... un santuario del turismo extralusso sorto dal nulla”, l'ha definito Tomaso Montanari), nel comune di Fasano, dal 13 al 15 giugno: "il nostro G7 è stato un successo", ripetuto dalla ducessa nella sua conferenza stampa finale del 15 giugno, quando gli altri leader imperialisti erano già alla Conferenza di pace sull'Ucraina a Lucerna, in Svizzera. Messi in fila il sostegno ricevuto dai compari imperialisti del G7 al piano colonialista Mattei per l'Africa congiuntamente alla politica del blocco dei migranti già largamente condivisa, alla imposizione riuscita della cancellazione della parola aborto e del riferimento alla "identità di genere" e all'"orientamento sessuale" dalla dichiarazione finale la ducessa batteva cassa e chiedeva che già a breve nella partita di giro della nomina della nuove istituzioni della Ue anche "all'Italia sia riconosciuto il ruolo che le spetta", un ruolo imperialista di primo piano ovviamente.
Ma a cercare di ridimensionare gli appetiti meloniani ci pensava il commento pubblico del cancelliere tedesco, il socialdemocratico Scholz, che sul tema delle alleanze in Europa respingeva quella coi cosiddetti conservatori compresa la Meloni che è “all’estrema destra dello spettro politico”. Pur difesa dal valletto ministro degli Esteri Tajani, la ducessa non poteva nascondere la sua vera natura neofascista che emerge dai contenuti dei suoi "successi" riferiti ai temi inseriti sul documento finale del vertice contro i diritti civili e la politica neocolonialista verso l'Africa del piano Mattei. E senza che ce ne fosse stato bisogno, rispondendo nella conferenza stampa a una domanda sull’aggressione del 12 giugno in Parlamento al deputato 5S Emanuele Donno da parte degli squadristi neofascisti di FdI e Lega, la Meloni si confermava solidale con gli aggressori "colpevoli" soltanto di essere caduti in quella che definiva "una provocazione".
La prima parte del vertice sotto la presidenza italiana annuale del G7 riguardava le questioni internazionali, che da tempo occupano la parte principale dell'ordine del giorno del consesso dei paesi imperialisti dell'Ovest che pure era nato come forum dei leader di Francia, Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania, Giappone e Italia concentrato soprattutto sulle questioni economiche e finanziarie dopo la crisi energetica del 1973. Nel 1976 ne entra a far parte anche il Canada e dall'anno successivo i presidenti di Consiglio e Commissione Ue. Tra il 1997 e il 2013 il G7 terminava le sue riunioni con una sessione aggiuntiva che comprendeva la Federazione Russa la cui partecipazione a quello che era chiamato il G8 è stata sospesa nel 2014 a seguito dell’annessione russa della Crimea.
A dieci anni di distanza il primo punto del Comunicato stampa dei leader del G7 pugliese riguarda lo stesso argomento, l'importante conferma dell'appoggio dei paesi imperialisti dell'Ovest all'Ucraina aggredita dal neozarista Putin: "siamo solidali nel sostenere la lotta dell'Ucraina per la libertà e la sua ricostruzione per tutto il tempo necessario. Alla presenza del presidente Zelenskyj, abbiamo deciso di mettere a disposizione circa 50 miliardi di dollari sfruttando le entrate straordinarie derivanti dal patrimonio sovrano russo immobilizzato, inviando un segnale inequivocabile al presidente Putin. Stiamo intensificando i nostri sforzi collettivi per disarmare e tagliare i fondi al complesso industriale militare russo". Nella conferenza stampa del 15 giugno la neofascista Meloni precisava che il prestito da 50 miliardi di dollari sarebbe stato disponibile per Kiev entro la fine dell'anno e che verrà fornito principalmente da Usa, Canada e Regno Unito mentre "i paesi europei non intervengono perché gli asset russi che faranno da garanzia sono tutti immobilizzati in Europa" e secondo le regole bancarie capitaliste non si possono toccare.
Un altro determinante aiuto a Kiev è arrivato dall’accordo bilaterale di sicurezza di durata decennale firmato il 13 giugno dal presidente americano Joe Biden e quello ucraino Volodymyr Zelensky.
Il piano di aiuti all'Ucraina alimentato dai proventi dei beni russi immobilizzati è un passaggio importante a supporto della resistenza all'aggressione e per la futura ricostruzione e tuttavia ha dovuto superare mesi di discussioni per essere messo in cantiere. Rappresenta comunque anche una spinta ai paesi imperialisti per rafforzare un meccanismo di sanzioni alla Russia che presenta buchi da tutte le parti e viene aggirato dalle multinazionali occidentali passando per i Paesi centroasiatici. La Ukraine Restoration Alliance di Kiev ha recentemente denunciato che 2.194 aziende occidentali sono ancora presenti in Russia e pagano il 5% degli introiti fiscali, pari a 40 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2023, ossia la metà di quanto speso dagli agggressori russi nel primo anno dell’invasione. Fra le aziende presenti, le americane Philip Morris, PepsiCo, Mondelez, Procter & Gamble e Mars o grandi banche come l'austriaca Raiffeisen o l'italiana Unicredit. A fronte di questa vergognosa situazione i paesi del G7 promettono di adottare "azioni vigorose contro gli attori che aiutano la Russia ad eludere le nostre sanzioni, anche imponendo gravi costi a tutti coloro che non cessano immediatamente di fornire sostegno materiale all’aggressione russa e rafforzando l’applicazione nazionale e
intensificando il nostro impegno commerciale per promuovere la responsabilità aziendale. Chiediamo alle istituzioni finanziarie di astenersi dal sostenere e trarre profitto dalla macchina da guerra russa. Adotteremo ulteriori misure per scoraggiare e interrompere questo comportamento".
"Riaffermiamo il nostro incrollabile supporto all’Ucraina per quanto tempo ci vorrà", ribadiscono i paesi del G7 col varo del piano di aiuti e il sostegno al "principio dell'integrità territoriale dell'Ucraina", sostengono i partecipanti al vertice pugliese rispondendo indirettamente all'aggressore Putin che mentre era in corso la seconda giornata dei lavori aveva dichiarato provocatoriamente: "Il mondo è al punto di non ritorno per l’arroganza dell’Occidente. Si rischia una tragedia, anche perché la Russia ha uno dei più grandi arsenali nucleari del mondo”. Una minaccia seguita da una presunta offerta di pace: "siamo pronti ai negoziati per una tregua se l’Ucraina si ritira dal territori del Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia e se si rinuncia alla Nato”. Pronta la replica di Zelensky: non ci fidiamo, "Putin è come Hitler". In una dichiarazione a Skytg24 il presidente ucraino sosteneva che "è la stessa cosa che faceva Hitler, quando diceva 'datemi una parte di Cecoslovacchia e finisce qui'. Ma no, sono bugie, bugie storiche. Dopo c'è stata la Polonia, poi l'occupazione di tutta l'Europa. Ecco perché non dobbiamo fidarci di questi messaggi, perché Putin fa lo stesso percorso. Oggi parla di 4 regioni, prima parlava di Crimea e Donbass. A lui non importa nulla di quello che accade alle persone, è questa la faccia nuova del nazismo". La stessa del nazisionista Netanyahu verso la Palestina.
Nella lunghissima e onnicomprensiva dichiarazione finale del vertice ci sono temi importanti messi in agenda dalla presidenza italiana contro il parere in alcuni casi dei partner e che invece sembrano quasi gli unici argomenti di dibattito e spiccano per la campagna costruitaci sopra dalla neofascista Meloni. I cui sherpa addetti alla stesura dei documenti alla voce "Promozione delle partnership con i paesi africani" e in altri passaggi incassano la formulazione "accogliamo positivamente il piano Mattei per l’Africa lanciato dall’Italia" visto come parte del "Partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali (PGII) e di iniziative come l’EU Global Gateway". L'obiettivo sarebbe quello di rafforzare "le collaborazioni mutualmente benefiche e la cooperazione paritaria con i paesi africani e le organizzazioni regionali", ossia una nuova forma di neocolonialismo benefica essenzialmente per i maggiori paesi imperialisti e non certo i paesi africani.
Nella parte finale del documento del vertice si trova il capitolo "Migrazione", dove appare alla fine del primo paragrafo la significativa frase "riaffermiamo il nostro impegno a garantire il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, indipendentemente dal loro status migratorio, e, a questo proposito, ricordiamo anche il diritto di ognuno di chiedere asilo dalle persecuzioni come previsto dalla Dichiarazione Universale. dei diritti umani e di chiedere la protezione internazionale tutelata dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati" che i paesi imperialisti traducono con muri alle frontiere, lager per i migranti, deportazioni in paesi terzi, procedure lunghe e complesse per ritardare l'applicazione del diritto d'asilo. Non per nulla i punti cardine della guerra ai migranti dei paesi G7, quella che loro chiamano una cooperazione rafforzata e "in collaborazione con i paesi di origine e di transito", sono tre e riguardano: le cause profonde della migrazione irregolare, attraverso iniziative di sviluppo sostenibile, investimenti economici e sforzi di stabilizzazione, in partenariato con i paesi di origine e di transito; gli sforzi per migliorare la gestione delle frontiere e l'attuazione e il contenimento della criminalità organizzata transnazionale coinvolta nel traffico di migranti e nella tratta di persone; la creazione di percorsi migratori sicuri e regolari. L'applicazione del terzo punto sarebbe semplicissima ma chissà se e quando arriverà dato che prima i sette paesi imperialisti pensano a intensificare gli sforzi, che non vuol dire nulla, "per affrontare le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollamenti forzati, quali conflitti, instabilità politica, povertà, criminalità, corruzione e violazioni dei diritti umani", ossia gli effetti delle loro politiche predatorie verso i pesi poveri e del Sud del mondo che ovviamente sono intoccabili. Meglio puntare a mettere in pratica, questo sì, "il diritto sovrano degli Stati a controllare i propri confini" e alzare muri come quello negli Usa verso i flussi dal Messico o come in Italia togliere di mezzo le Ong dal Mediterraneo e lasciar annegare i migranti in mare.
In quart'ultima pagina del comunicato finale appare il capitolo "Parità dei sessi" che ha visto la delegazione italiana battersi contro ogni riferimento all'"identità di genere" e all' "orientamento sessuale". E così i Sette esprimono "la forte preoccupazione per la riduzione dei diritti delle donne, delle ragazze e delle persone LGBTQIA+ in tutto il mondo, in particolare in tempo di crisi", e promettono di continuare "a promuovere e proteggere i loro diritti in tutte le sfere della società e a integrare costantemente l’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti politici". Una versione ancora più generica e del tutto inefficace che copre una realtà di diritti negati in varia misura nei sette paesi imperialisti, alfieri delle libertà ma solo del capitale, più debole financo di quella di Hiroshima dove si citava l’impegno a "raddoppiare gli sforzi per superare le barriere strutturali di lunga data e ad affrontare le norme, gli stereotipi, i ruoli e le pratiche di genere dannose attraverso mezzi come l’istruzione e a realizzare una società in cui la diversità, i diritti umani e la dignità siano rispettati, promossi e protetti e in cui tutte le persone possano godere di una vita piena e libera dalla violenza e dalla discriminazione, indipendentemente dall’identità o dall’espressione di genere o dall’orientamento sessuale". Un passo indietro quantomeno nelle parole che quelle come "identità di genere" e "orientamento sessuale" sono proibite nel lessico neofascista del governo.
A seguire nel comunicato la frase pretesa dalla Meloni nelle discussioni preparatorie per non scrivere la parola "aborto" che recita: "ribadiamo i nostri impegni nel Comunicato dei leader di Hiroshima per l'accesso universale a servizi sanitari adeguati, convenienti e di qualità per le donne, compresi la salute sessuale e riproduttiva e i diritti per tutti". Il testo del vertice di Hiroshima era chiaro e sosteneva il diritto di "accesso all’aborto legale e sicuro e alle cure post-aborto" che le delegazioni di Usa, Canada e Francia volevano replicare ma alla fine si sono vergognosamente arrese al testo preteso dal governo neofascista italiano.
Non si sono arrese invece quelle associazioni, organizzazioni e comitati per la pace pugliesi che con una serie di convegni e giornate di studio iniziati a Brindisi a fine maggio hanno preparato il documento dal titolo "Voi 7 - Noi 8 miliardi" che ha costituito la base delle iniziative del controvertice svoltosi in contemporanea in varie città della Puglia fino alla manifestazione a Fasano del 15 giugno per mettere al centro "i temi che riguardano la grande maggioranza delle persone, che soffrono le conseguenze dei disastri economici, sociali e sanitari di questi anni".
19 giugno 2024