Quella delle opposizioni parlamentari non è la piazza che ci vuole per abbattere il governo neofascista Meloni
Il 18 giugno, mentre in Senato veniva approvato in prima lettura il ddl costituzionale neofascista e piduista sul premierato e alla Camera si procedeva a tappe forzate verso l'approvazione definitiva dell'autonomia differenziata, nella vicina piazza Santi Apostoli si svolgeva una manifestazione unitaria di protesta di tutte le opposizioni parlamentari, PD, AVS, M5S, +Europa, con i rispettivi leader: Schlein, attorniata da tutti i big del partito, Fratoianni, Bonelli, Conte e Magi. Partecipavano anche il presidente dell'Anpi, Pagliarulo, il segretario di Rifondazione, Maurizio Acerbo, e il fondatore di Pace Terra Dignità, Michele Santoro. Mancavano solo IV di Renzi e Azione di Calenda, notoriamente allergici al M5S e a Conte, e del resto più spesso organici alla maggioranza che all'opposizione.
Manifestazione riuscita, sia sul piano numerico perché la piazza, pur scelta prudentemente piccola, si è riempita oltre le aspettative, sia sul piano mediatico, ricevendo molto risalto sulla grande stampa che ha rievocato per l'occasione i Girotondi antiberlusconiani e le piazze dell'Ulivo. Ma si può dire altrettanto sul piano politico? Sì, secondo gli organizzatori e certi fiancheggiatori come “Il Manifesto” trotzkista. La stessa Elly Schlein, che in quanto “vincitrice” alle europee ha chiuso la serie degli interventi dei leader dal palco, ha presentato questa piazza come l'inizio di un nuovo movimento unitario di opposizione e di lotta al governo e ai suoi provvedimenti anticostituzionali: “Mi appello a tutte le forze di opposizione, basta divisioni. Teniamoci strette le nostre differenze ma facciamoci trovare pronti, uniti e compatti”, ha detto; aggiungendo che “la prossima volta sarà una piazza più grande perché questa è la prima manifestazione ma non sarà l’ultima. Consideratevi mobilitati in maniera permanente”. E anche l'ammaccato liberale trasformista Conte, dopo l'applaudito intervento del suo deputato Donno, reduce dall'aggressione squadrista alla Camera, ha alzato la voce per proclamare che “la piazza è la migliore risposta all'arroganza, alla prepotenza e alla violenza. Non passeranno”.
Secondo noi, invece, non è questa la piazza che ci vuole per affossare le controriforme neofasciste, piduiste e federaliste e buttare giù il governo neofascista Meloni. E questo perché quella promossa dalle opposizioni è una piazza di tipo aventiniano, tutta all'interno del recinto della Costituzione e del liberalismo e riformismo borghesi, che come quella rivelatasi tragicamente impotente contro l'ascesa della dittatura mussoliniana, è altrettanto inconsistente e inadeguata ad affrontare e sconfiggere il nuovo fascismo mussoliniano tornato al governo dell'Italia nelle vesti femminili, democratiche e costituzionali di Giorgia Meloni. Ci vuole ben altro. Ci vuole la mobilitazione delle grandi masse popolari per buttare giù il governo neofascista Meloni con la lotta di piazza.
La corresponsabilità della “sinistra” borghese
Invece queste opposizioni parlamentari si svegliano solo adesso, dopo che per più di un anno e mezzo, continuando a ripetere la litania che “ha il diritto di governare”, hanno lasciato campo libero alla premier neofascista, erede diretta di Almirante e di Mussolini, per fare scempio senza colpo ferire dei diritti sociali, civili e sindacali delle masse, impadronirsi dell'informazione, mettere sotto scacco la magistratura, fomentare il nazionalismo, il razzismo e la persecuzione dei migranti e portare avanti le controriforme del premierato, del federalismo mascherato da autonomia differenziata e della giustizia per sottomettere la magistratura al potere esecutivo.
Questo si deve anche al fatto che fino a ieri questi opportunisti della “sinistra borghese” hanno spianato essi stessi la strada a queste controriforme neofasciste e piduiste, contribuendo a portarle avanti negli anni in staffetta con la destra borghese mentre si alternavano al governo. L'autonomia differenziata, con la devoluzione alle Regioni di 23 materie di primaria importanza sociale nazionale come sanità, scuola, infrastrutture, ambiente, sicurezza del lavoro ecc., è figlia infatti della controriforma federalista del Titolo V della Costituzione attuata nel 2001 dal governo di “centro-sinistra” Amato. E non era stata chiesta solo da Lombardia e Veneto leghiste, ma anche dall'Emilia-Romagna del PD Bonaccini, di cui Schlein era la sua vicepresidente, e concordata già nel 2017 in un protocollo con il governo Gentiloni. Portata poi avanti tanto dal governo Conte 1 di Lega e M5S, quanto dal Conte 2 di PD e M5S, nonché dal governo Draghi con tutti dentro meno FdI e SI. Da notare che né Bonaccini (che pensa di togliersi dall'imbarazzo traslocando a Bruxelles), né il Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, hanno ritirato fino ad ora il loro protocollo d'intesa sull'autonomia firmato nel 2018 con Gentiloni, che per certi aspetti è peggio della legge Calderoli. Non a caso i fascioleghisti lo rinfacciano al PD.
I veri obiettivi dell'opposizione aventiniana
Quanto al premierato era già previsto nella bozza di intesa della Bicamerale golpista di D'Alema e Berlusconi, e proprio per questo la furba ducessa lo ha rispolverato per stanare il PD e portarlo a trattare. Cosa che la destra renziana e altri leader di corrente di quel partito sarebbero ben felici di fare: come il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti, che non ha voluto firmare l'appello dei 200 costituzionalisti contro il premierato. Lo stesso vale per la controriforma piduista e berlusconiana della Giustizia, a cui il PD ha sempre contribuito attivamente con tutte le sue correnti: basti pensare alle controriforme di Orlando e della Cartabia e all'appoggio dei suoi sindaci all'abolizione dell'abuso d'ufficio e altri reati di corruzione della “riforma” Nordio che sta per essere approvata in via definitiva.
E non solo queste forze opportuniste si svegliano in ritardo, quando il federalismo leghista è già diventato legge, ma lo fanno solo per salvare la faccia e coprirsi politicamente le spalle davanti ai propri elettori che le implorano di dare finalmente battaglia a tutti i livelli all'arroganza e allo strapotere dilaganti dei partiti al governo. Questo era infatti il significato delle invocazioni di “Unità! Unità!” e i canti di Bella Ciao della gente venuta in piazza Santi Apostoli. Ma ai partiti dell'opposizione ciò interessa solo in chiave elettoralistica, come consenso alle loro strategie per battere un giorno la destra nelle urne e poter tornare al governo.
Non a caso dietro il palco c'erano i notabili locali e i leader delle correnti interne del PD, da De Luca padre e figlio ai renzianissimi Guerini, Delrio e Serracchiani, da Franceschini agli ex dalemiani Cuperlo e Orlando, nonché i campioni di preferenze Zingaretti e De Caro. E si erano rifatte avanti anche le cinquestelle più dialoganti col PD, Taverna e Appendino; così come Acerbo e Santoro, che ha già detto di non avere intenzione di sciogliere la sua lista: magari in attesa di una nuova occasione elettorale?
Nuovo carrozzone elettorale o lotta di piazza antifascista?
“Questa destra non è un destino, ha vinto solo perché eravamo divisi”, ha detto infatti il riformista Fratoianni, e Bonelli gli ha fatto eco dicendosi convinto che se si riuscirà a “far prevalere la politica e lavorare insieme, si può rimandare Giorgia Meloni all'opposizione”. Commentando su “La Stampa” la manifestazione, la giornalista Annalisa Cuzzocrea si è chiesta se quel palco “può essere davvero un nuovo inizio per il centrosinistra”. Mentre anche “Il Manifesto” trotzkista ha esaltato quello evocato da Schlein in vista dei possibili referendum su autonomia e premierato, definendolo “un fronte potenzialmente vincente di cui la leader Pd è una potenziale 'federatrice', come predisse mesi fa Romano Prodi”.
Insomma, quello che si promette vagamente di costruire non è un movimento di lotta, tanto meno allo scopo di cacciare al più presto la ducessa e il suo governo con la lotta di massa, bensì un nuovo Ulivo, o un più modesto “campo largo”, cioè un nuovo carrozzone elettorale che va dai renziani e riformisti del PD, passando per il M5S, fino a Rifondazione e Santoro. Intanto sfruttando come legante di questo coacervo di forze la campagna per il referendum abrogativo della legge Calderoli sull'autonomia, che promettono di organizzare al più presto. Se poi la campagna avesse successo potrebbe servire anche da trampolino per sfidare Meloni e la coalizione di destra alle prossime politiche,
Naturalmente anche noi siamo favorevoli al referendum contro l'autonomia, e a quello contro il premierato se e quando questo dovesse passare in parlamento, e siamo pronti a partecipare alla campagna referendaria come abbiamo sempre fatto in tutte le altre occasioni. Bisogna battere tutte le strade, ma se non si vuol restare ad un'opposizione di cartone, quel che è urgente fare, lo ripetiamo, non è lavorare ad un'alleanza elettorale come sta facendo l'opposizione aventiniana, bensì creare un fronte unito di tutte le forze antifasciste, democratiche e progressiste, anche parlamentari ma soprattutto lavoratrici e popolari, per buttare giù dalla piazza il governo neofascista Meloni, prima che riesca a fare altri e più gravi danni e consolidare irreversibilmente la sua dittatura di fatto sul Paese.
26 giugno 2024