Rapporto Istat 2024
5 milioni 752 mila poveri in Italia, 1,3 milioni minorenni
Nell'ultimo decennio aumentate di 683mila unità le famiglie in povertà assoluta
Crollano i salari e aumentano i lavoratori poveri
Il 15 maggio scorso è stato presentato a Montecitorio il Rapporto Istat 2024 dal presidente dell'Istituto Francesco Maria Chelli.
Peggiorano nel Rapporto gli indicatori della povertà, nel 2023 infatti, la povertà assoluta è arrivata a "livelli mai toccati negli ultimi dieci anni". Crescono i lavoratori poveri con “il reddito, in particolare quello da lavoro dipendente, che ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico".
Tra i più poveri ben 1,3 milioni sono minorenni. Nel dettaglio i dati mostrano come il Sud non migliori affatto i suoi parametri, mentre il Centro del Paese incrementa il numero dei poveri in maniera significativa, avvicinandosi al Meridione.
La povertà assoluta ha colpito in Italia il 9,8% degli individui e l’8,5% delle famiglie, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e di ben 5 milioni 752 mila individui in povertà. “L’incremento di povertà assoluta ha riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figli", sottolinea il Rapporto Istat. Gli indicatori di povertà negli ultimi 10 anni mostrano “convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento”.
Negli ultimi dieci anni vi è un balzo in avanti della povertà di 683mila unità tra le famiglie povere e di 1,6 milioni di individui poveri in più rispetto al 2013. L’incidenza di povertà assoluta familiare è più bassa nel Centro (6,8%) e nel Nord (8,0%), e più alta nel Sud (10,2%) e nelle Isole (10,3%) dove una famiglia su 10 è povera. Lo stesso per l’incidenza individuale: 8,0% nel Centro, 8,7% nel Nord-est, 9,2% nel Nord-ovest e 12,1% per cento sia nel Sud sia nelle Isole.
Tra il 2014 e il 2023, l’incidenza familiare aumenta molto nel Nord (nel Nord-ovest, dal 4,6% a l’8%; nel Nord-est, dal 3,6% a l’8%), sale in maniera più moderata nel Centro (dal 5,5% al 6,8%) e nel Sud (dal 9,1%al 10,2%) e rimane pressoché stabile nelle Isole (dal 10,6% al 10,3%). Dunque 1,3 milioni di poveri sono minorenni, con un'incidenza del 14%. Valori più elevati della media nazionale, si rilevano anche per i 18-34enni e i 35-44enni (11,9% e 11,8% rispettivamente). L’incidenza individuale decresce fino al 5,4% dei 65-74enni, il valore più basso, per poi risalire al 7,0% nella fascia di popolazione più anziana, quella degli individui con 75 anni e più.
Fra l'altro in Italia i giovani sono sempre di meno in termini assoluti, circa tre milioni in meno negli ultimi 20 anni, la popolazione sta invecchiando. L'Italia registra nel 2023 appena 10,33 milioni di persone tra i 18 e i 34 anni con un calo del 22,9% rispetto al 2022 quando erano 13,39 milioni. Rispetto poi al picco del 1994, quando rientravano nella fascia i ragazzi del "baby-boom", il calo è di quasi cinque milioni (-32,3%).
Negli ultimi 30 anni c’è stato un incremento speculare delle persone di 65 anni e più cresciute da poco più di 9 milioni nel 1994 a oltre 14 milioni nel 2023 (+54,4%).
Il Rapporto indica la crescita del lavoro povero: tra il 2014 e il 2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9% nel 2014 al 7,6% nel 2023. Per gli operai l’incremento è stato più rapido passando da poco meno del 9% nel 2014 al 14,6% nel 2023. Nel 2023 l’8,2% dei dipendenti era in povertà assoluta a fronte del 5,1% degli indipendenti. L’occupazione, infatti, è aumentata negli ultimi anni ma il potere d’acquisto dei salari è diminuito negli ultimi 10 anni del 4,5%: “Nonostante i miglioramenti osservati sul mercato del lavoro negli ultimi anni, si legge, l’Italia conserva una quota molto elevata di occupati in condizioni di vulnerabilità economica. Tra il 2013 e il 2023 il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde in Italia è diminuito del 4,5% mentre nelle altre maggiori economie dell’Ue è cresciuto a tassi compresi tra l’1,1% della Francia e il 5,7% della Germania”.
Nel triennio 2021-2023, sottolinea l’Istat, le retribuzioni contrattuali orarie sono cresciute a un ritmo decisamente inferiore a quello osservato per i prezzi, con una differenza particolarmente marcata nel 2022 (7,6 punti percentuali): tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono complessivamente aumentati del 17,3%, mentre le retribuzioni contrattuali sono cresciute solo del 4,7%. Dopo un periodo di quasi tre anni, le retribuzioni contrattuali sono tornate, a ottobre 2023, a superare quella dei prezzi, grazie alla decelerazione dell’inflazione. In media di anno, tuttavia, la crescita dei salari è risultata ancora più bassa rispetto a quella dei prezzi. Le retribuzioni contrattuali orarie nel 2023 sono aumentate del 2,9%, in rafforzamento rispetto al 2022 (1,1%) mentre i prezzi al consumo hanno comunque segnato nel 2023 una crescita del 5,9%, che ha determinato un ulteriore arretramento delle retribuzioni.
Il Pil cresce, ma l'Italia è indietro rispetto all'Europa, tra il 2004 e il 2023, il tasso di occupazione tra i 15-64 anni in Italia è cresciuto dal 57,4% al 61,5%, con un aumento di quasi 900.000 occupati. Il divario con la media dell’UE a 27 paesi è cresciuto dal 4,4% al 9,8%. Dunque l'Italia sotto il governo Meloni è più povera, più vecchia e con salari sempre più poveri rispetto ai prezzi dei beni di consumo.
È questa la triste realtà del nostro popolo, che deve fare fuoco e fiamme per il lavoro prima di tutto, stabile, a tempo pieno, a salario intero, sindacalmente tutelato e da svolgersi in condizioni di massima sicurezza, per tutti i lavoratori e i disoccupati, per la Sanità pubblica, gratuita, senza ticket e per ogni altro bisogno negato dal capitalismo, mettendo nel mirino il governo neofascista Meloni che va buttato giù da sinistra e dalla Piazza prima che possa fare nuovi e devastanti danni alle masse popolari.
3 luglio 2024