Vertice di Bruxelles
Meloni tratta affinchè l'Italia non sia esclusa dal potere dell'Ue
Il primo passaggio per la nomina dei nuovi incarichi di vertice dopo il voto per il rinnovo dell'europarlamento del 6-9 giugno scorsi ha visto come prevedibile uno scontro all'arma bianca tra i galletti imperialisti che si contendono il potere nella Ue. La questione principale ossia la delegittimazione per la Ue imperialista segnata dalla metà dell'elettorato che ha disertato le urne e che ha punito i governanti nella maggioranza dei 27 paesi membri è stata subito ignorata. L'attenzione si è spostata sulla spartizione delle principali poltrone con la vecchia maggioranza di popolari, socialdemocratici e liberali impegnata a preparare il bis della precedente gestione e a respingere le pretese di parte dei conservatori, sovranisti o per meglio dire neofascisti che anzitutto la ducessa Meloni ha tentato di rappresentare per garantire non tanto gli alleati di destra ma all'imperialismo italiano un posto in prima fila alla guida dell'Ue imperialista. Respinta dall'azzoppato asse franco-tedesco di Macron e Sholz, la neofascista Meloni continua a trattare per i posti da assegnare nella futura Commissione, magari per ottenere il commissario che segue l'applicazione del Pnrr, una poltrona per la quale ha studiato da due anni con lo stesso incarico in Italia, a dire il vero con risultati che si annunciano disastrosi, il fedele camerata Fitto.
La decisione che ha messo fine alle trattative a livello governativo è del 25 giugno, quando, riuniti in videoconferenza, i leader di Francia, Germania, Polonia, Spagna, Olanda e Grecia, che rappresentavano le delegazioni del maggiore partito del nuovo europarlamento, i deomocristiani o popolari del Ppe, e degli altri due della vecchia coalizione ossia i socialisti e socialdemocratici del Pse, fra i quali i tedeschi del cancelliere Sholz, e i liberali che comprendono anche i francesi di Renew di Macron chiudevano l’accordo sui nomi dei nuovi vertici Ue da presentare al Consiglio europeo del 27 e 28 a Bruxelles. L'accordo prevede la democrisitiana tedesca Ursula von der Leyen, confermata per il secondo mandato alla presidenza della Commissione, il socialista portoghese Antonio Costa, nuovo presidente del Consiglio europeo, la democristiana maltese Roberta Metsola, confermata alla presidenza del Parlamento di Strasburgo e la liberale e premier estone Kaja Kallas come nuovo Alto rappresentante per la politica estera.
La neofascista Meloni e il suo gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr) erano rimasti fuori della porta e in consiglio ha votato contro le nomine di Costa e di Kallas e si è solo astenuta sul bis della von der Leyen anche per non bruciarsi nella trattativa sulle poltrone della Commissione. Si è trovata a bocciare la proposta assieme solo al camerata ungherese Orban, che a dire il vero l'ha seguita solo nell'astensione su Kallas mentre ha votato contro la Von der Leyen e a favore per il socialista Costa. Fallita come rappresentante dei conservatori, la ducessa da opportunista cambiava casacca, metteva quella tricolore e sosteneva che "continuiamo a lavorare per dare finalmente all’Italia il peso che le compete in Europa"e che "l'Italia deve far valere il suo ruolo e il suo peso", un peso ovviamente imperialista.
Il Consiglio Ue a maggioranza approvava e passava il compito della necessaria ratifica all'europarlamento convocato allo scopo per il 18 luglio dove la Von der Leyen per il bis alla guida della Commissione ha bisogno di 361 voti; attualmente la sua maggioranza formata da Ppe, Pse e Renew arriva a 399, con un margine ritenuto rischioso a fronte di probabili franchi tiratori nel voto segreto. Tiene quindi aperta una trattativa con le altre formazioni dell'europarlamento, a partire dai verdi, ma senza escludere i conservatori. Comunque la trattativa tra i 27 capi di Stato e di governo non è conclusa e prosegue sulla spartizione dei posti nella Commissione, dai tre più ambiti di vicepresidenti a quelli con gli incarichi più importanti. E la ducessa Meloni lavora perché l'Italia non sia emarginata dalle cabine di comando della Ue imperialista.
3 luglio 2024