Contibuti
Mao e la lotta fra materialismo e idealismo


di Marco Barricata
Per Mao e i marxisti tutta la storia della filosofia era lo sviluppo della lotta fra due antagonismi: l’idealismo e il materialismo. Tutte le altre filosofie più o meno, derivavano da queste due: ogni teoria era elaborata da uomini che appartenevano a una classe sociale la quale indirizzava le coscienze. Queste filosofie erano il frutto del grado di sviluppo raggiunto dalle forze produttive, in una determinata epoca sociale ma esprimevano anche il grado di conoscenze raggiunte nonché i bisogni della propria classe di riferimento. Quindi ogni filosofia corrisponde alle necessità di una classe: il fatto che il materialismo e l’idealismo si opponessero, dipendeva dalle contraddizioni insite in ogni società divisa in classi.
L’idealismo inizialmente fu il frutto di società religiose, il materialismo invece rappresentò sempre lo sviluppo del progresso scientifico. L’idealismo storicamente è la filosofia della classe dominante, il marxismo di quelle oppresse. Essendo propria della classe dominante, l’idealismo è una filosofia reazionaria e il materialismo invece rivoluzionaria. Un filosofo perciò cosciente o meno, esprimeva sempre la teoria della propria classe.
Idealismo e materialismo esprimevano due risposte opposte al problema principale della filosofia: il rapporto fra coscienza e materia. L’idealismo afferma che la materia nasce dallo spirito, il marxismo invece afferma che la materia esiste indipendentemente e che quindi lo spirito, le idee o la coscienza (per gli idealisti sinonimi) ne sono derivati. La conoscenza per l’idealista può provenire solo dal soggetto, mentre per il marxista la coscienza e la conoscenza, sono un prodotto della materia e del suo grado di sviluppo. La conoscenza per i marxisti è un riflesso del mondo esterno e della sua oggettività cosa che invece alcuni idealisti, considerano una illusione.
Quando nelle società capitaliste, si accentuò la divisione fra il lavoro intellettuale che veniva considerato prerogativa solo della classe dominante e quello materiale, lasciato agli oppressi, il marxismo si oppose a questa divisione proponendo un “uomo nuovo” che fosse armonia del lavoro fisico e intellettuale. Anche questo argomento fu perciò usato contro l’idealismo che invece perorava la causa delle società divise in classi.
Essendo l’idealismo la filosofia della classe dominante questa storicamente ebbe maggior seguito anche in campi diversi dall’ambito strettamente filosofico. Per i materialisti la realtà era oggettiva, era unione di particolare e universale che invece gli idealisti vedevano separati. Inoltre per i marxisti la conoscenza era limitata dalla materia mentre per gli idealisti esisteva indipendentemente dal cervello pensante dell’uomo.
Sul terreno economico gli idealisti davano una importanza decisiva allo scambio, ponendo la legge della domanda e dell’offerta come base del capitalismo; questi affermavano inoltre che la storia era fatta dai grandi uomini e dalle loro idee. Per il materialista invece il pensiero non poteva comprendere un fenomeno in un colpo solo e la conoscenza poteva avvicinarsi alla realtà solo progressivamente e con un processo dialettico.
Secondo Lenin infatti la conoscenza non era una linea retta ma curva, cioè era un percorso ad ostacoli; l’idealismo invece prendeva una parte della realtà e la rendeva assoluta. Il materialismo antecedente a Marx però, secondo Mao, aveva dei difetti, principalmente quelli di essere meccanicista, non dava cioè il giusto peso al ruolo attivo del soggetto pensante e per questo non riuscì a vincere la sua battaglia contro l’idealismo. Il materialismo dialettico marxista invece dava il giusto peso al soggetto pensante e allo stesso tempo riconosceva che il pensiero sorgeva dalla pratica la quale dirigeva la realtà. Quindi si presentava come teoria dell’unità del pensiero e dell’azione pratica. Per il marxista la materia esisteva indipendentemente dalla coscienza; l’uomo raggiungeva la conoscenza del mondo esterno e dunque ne prendeva coscienza solo attraverso la pratica, il lavoro, la lotta e la sperimentazione scientifica.
Solo con una pratica lunga secoli e costruendo oggetti sempre più perfezionati l’uomo aveva aumentato le sue conoscenze e migliorato la sua vita, liberandosi dalla superstizione e dall’ignoranza proprie della religione e dell’idealismo. Gli uomini col lavoro materiale avevano capito che la realtà materiale poteva essere modificata per difendere meglio i propri interessi.
Il materialismo dialettico scoperto da Marx ed Engels, era per Mao così come per Stalin e Lenin, la forma più elevata del materialismo filosofico e questo era la teoria e il metodo di lotta del proletariato. Per i marxisti il mondo materiale esiste indipendentemente dal pensiero e si trasformava continuamente grazie all’attività umana. Il compito che la storia aveva assegnato al proletariato era fare scomparire la società divisa in classi.
La filosofia marxista aveva ereditato la parte migliore di tutte le filosofie precedenti, anche di quelle idealiste, in particolare di Hegel. Inoltre era stato influenzato anche dal materialismo francese, tedesco e inglese che aveva però superato. Il materialismo dialettico era per il proletariato un metodo per conoscere la realtà e anche una guida per l’azione pratica.
Gli idealisti marxisti revisionisti invece, per Mao, affermavano che il materialismo dialettico fosse solo un metodo, mentre i meccanicisti ne cancellavano la dialettica. Per Lenin invece il marxismo consisteva propriamente nello studio della dialettica cioè delle leggi che regolavano lo sviluppo del mondo oggettivo, ossia della natura, della società e del pensiero umano. La dialettica marxista deve saper cogliere le relazioni fra i fenomeni e quindi comprendere la vita e i rapporti reali.
La dialettica materialista studia l’origine e lo sviluppo della conoscenza umana del mondo oggettivo; la conoscenza era perciò un processo che da incompleto diventava progressivamente sempre più vicino alla verità. Le leggi dello sviluppo della natura e della società si riflettono per i marxisti nella coscienza umana. I marxisti avevano appreso dall’idealismo di Hegel l’importanza della storia ed è per questo che osservandola capivano che anche le leggi dello sviluppo economico, procedono per salti spesso bruschi e mai linearmente.
Anche le categorie filosofiche erano legate al mondo materiale che ne era il contenuto spesso nascosto e da svelare; queste dunque contrariamente a quanto affermava Hegel, non erano frutto del pensiero dell’uomo. Le idee e le categorie filosofiche erano riflessi per Mao della storia reale. Il mondo materiale non era però unilaterale come pensavano i meccanicisti bensì come dicevano i materialisti si fondava sulla diversità e per questo era dialettico.
La coscienza, il pensiero e le idee per i marxisti sono una specifica proprietà del cervello umano che è fatto di materia; quindi non esistevano cose solo spirituali. Grazie al cervello materia pensante, l’uomo nella propria coscienza aveva il riflesso del mondiale materiale; quindi chi contrappone soggetto e oggetto non è materialista. Il pensiero è una manifestazione della materia e così il soggetto. La materia e quindi tutta la realtà aveva come caratteristica il movimento e lo sviluppo e ciò dava diversità.
A differenza però di tutte le teorie filosofiche precedenti, il marxismo affermava che anche la società era in movimento e si sviluppava. Il mondo non era stazionario come credevano i metafisici: la materia era in movimento e la stabilità era solo relativa. La realtà non era solo quantitativa come affermavano i meccanicisti ma anche qualitativa. Il movimento produceva trasformazione cioè era la lotta interna alla materia, la lotta fra gli opposti che proprio Mao valorizzò come concetto pratico e teorico. Un nuovo movimento sorgeva sempre in opposizione al vecchio ma ciò avveniva attraverso una lotta.
Essendo anche il pensiero un prodotto della materia questo non poteva mai essere separato dalla pratica; il cervello era formato da materia e si era sviluppato nel corso del tempo. Il cervello era in grado di pensare e riflettere al suo interno la realtà; questo non può essere separato essendo materia dai processi oggettivi della realtà e la coscienza era solo un particolare livello qualitativo del cervello.
La teoria della conoscenza marxista è detta del riflesso, infatti per i marxisti le immagini e i concetti umani sono il riflesso delle cose oggettive, come una foto. La verità è oggettiva e esiste indipendentemente dal soggetto. Per cui la verità era conoscibile perché la conoscenza riflette la verità oggettiva.
Secondo Lenin i limiti della conoscenza umana erano storici ma la verità oggettiva era assoluta. La verità poteva essere acquisita solo progressivamente, attraverso contraddizioni e lotte. Per i marxisti ogni conoscenza che non riflette le leggi del mondo oggettivo non è scientifica. L’attività pratica dell’uomo che ha come scopo la trasformazione della materia-natura, è diretta dal pensiero che se non è conforme alle leggi oggettive della natura non può raggiungere il suo obiettivo. Occorre però conoscere, sempre per Mao, sia la verità oggettiva che quella soggettiva, fra le due vi è un rapporto dialettico, cioè una relazione. La verità oggettiva però non diventa subito una conoscenza, si arriva alla verità assoluta solo dopo tante verità relative. La conoscenza umana quindi aveva dei limiti storici ma la verità era sempre oggettiva.
Anche la scienza pertanto era storicamente limitata e relativa ma mostrava e descriveva la verità assoluta. La dialettica nacque nell’antica Grecia ma dato il basso grado di sviluppo di quella nazione in confronto alla modernità, non raggiunse mai un alto livello di scientificità. La dialettica prima di Marx, raggiunse il suo culmine con Hegel che però ebbe il grande limite di essere un idealista e di credere dunque che la realtà fosse creata dal pensiero. La dialettica marxista invece si fondava sull’unità degli opposti, sulla trasformazione qualitativa e quantitativa, sulla negazione della negazione, su sostanza e apparenza, su forma e contenuto, causa ed effetto, possibilità e realtà, accidentale e necessario e su necessità e libertà. Queste categorie erano usate anche dalla scienza e da altre filosofie ma a differenza di queste, il marxismo non le utilizzava in maniera unilaterale, per il marxismo queste erano oggettive. La dialettica serviva per studiare la realtà e cambiarla: cambiare il mondo per un marxista significava rivoluzionare i rapporti di produzione, cioè il rapporto fra l'uomo e la società in cui viveva.
Il marxismo per Mao non era un dogma ma una guida per l'azione: per i marxisti la pratica è superiore alla teoria che serve la pratica. Nel corso della storia, solo attraverso innumerevoli attività pratiche in primis il lavoro, gli uomini avevano ampliato le loro conoscenze, attraverso una serie di prove ed errori, esattamente come fa la scienza, avevano migliorato le loro condizioni. Per un periodo storico molto lungo, gli uomini poterono comprendere il mondo solo parzialmente e unilateralmente, sia a causa del limitato progresso scientifico, sia per l'opera della classe dominante che deformava le coscienze con la religione, l'idealismo e la propaganda. Per questo una scienza come il marxismo non poté svilupparsi che a un certo stadio dell'attività produttiva dell'uomo. Gli uomini inizialmente vedono solo i fenomeni singoli e i nessi esterni delle cose, questa fase è detta della percezione o impressione. Questa prima fase fa sorgere nella mente una serie di idee sulle relazioni generali fra le cose ma mano a mano che la pratica va avanti e le percezioni delle cose si ripetono più volte, si produce nella mente un cambiamento e così nascono i concetti che colgono l'essenza delle cose. Comincia allora ad essere usato il giudizio e la deduzione, la conoscenza diviene cioè qualitativa, logica e razionale. Il vero compito della conoscenza è arrivare alla graduale comprensione delle contraddizioni interne delle cose oggettivamente esistenti e delle leggi che le regolano: dunque solo la conoscenza logica può afferrare lo sviluppo dialettico della realtà in tutta la sua totalità. La conoscenza razionale è qualitativamente superiore a quella sensoriale, in ogni caso non separate ma unite nella pratica in un rapporto dialettico; tuttavia le cose non possono essere comprese nell'immediato. Anche se è fondamentale per poter comprendere una cosa, sperimentarla nella pratica; nella società ad esempio, vivere in quell'ambiente. Tutte le vere conoscenze provengono in primis dall'esperienza diretta, in secundis dalla sintesi dei dati dell'esperienza: chi ritiene che l'esperienza non preceda la conoscenza razionale è un idealista. Mentre l'errore degli empiristi era ritenere come definitivi e unilaterali i dati esperienziali. I praticisti invece compivano l'errore di disprezzare la teoria.
Secondo Mao le contraddizioni erano proprie delle cose e della realtà e la legge dell'unità degli opposti era fondamentale per la dialettica marxista: due erano le contraddizioni principali, quella universale era la più importante, quella particolare, secondaria. Mentre però per tutte le altre filosofie, le cose erano statiche, isolate le une dalle altre e ferme, per i marxisti le contraddizioni in lotta insite nella realtà, producevano il movimento e lo sviluppo del mondo materiale. Gli oggetti erano tutti connessi fra loro da una serie di relazioni reciproche e sottoposte a leggi che dovevano essere studiate dalla dialettica marxista. Lo scontro fra unità di opposti degli oggetti produceva la loro trasformazione quantitativa ma soprattutto qualitativa. Il nuovo sostituiva così sempre il vecchio, attraverso un processo di sviluppo graduale, dove per un certo periodo potevano anche coesistere ma alla fine il nuovo, si affermava sempre e comunque.
Quando si affermava il nuovo, mutava di conseguenza la qualità della cosa, il fattore materiale determinava sempre una reazione su quello strutturale e a loro volta si influenzavano ma quello dominante era sempre il fattore materiale e economico. Gli opposti o contraddizioni non potevano mai esistere l'uno senza l'altro ma erano anche in lotta e si condizionavano fra loro, esattamente come la borghesia e il proletariato.
Nella società, la trasformazione era sinonimo di rivoluzione e la lotta era sempre fra due classi di cui una rappresentava il vecchio, l'altra il nuovo che alla fine si affermava.
Era però sempre la forza delle parti in lotta a determinare la vincitrice, quella che conosceva meglio dell'altra le leggi e la teoria giusta, riusciva ad affermarsi e a trasformare la realtà.

4 settembre 2024