Elezioni presidenziali in Venezuela
Sia Maduro sia la destra si intestano la vittoria elettorale
Ma non ci sono dati sicuri e definitivi sui risultati elettorali. Il Partito comunista e i seguaci di sinistra di Chavez si oppongono a Maduro. Perplessità di Lula
Oltre il 40% dell'elettorato ha disertato le urne
Il Tribunale supremo di giustizia (Tsj) del Venezuela con una scontata e inappelalbile sentenza del 24 agosto convalidava i risultati provvisori annunciati ai primi del mese dal Consiglio nazionale elettorale che assegnavano la vittoria alle elezioni presidenziali del 28 luglio al presidente uscente Nicolás Maduro che col 51,95% dei voti validi si assicurava il suio terzo mandato consecutivo. Una decisione contestata da tutte le opposizioni, da quelle della principale coalizione della destra, appoggiata dall'esterno dagli imperialisti Usa e Ue, che aveva rivendicato la vittoria e da quelle dei seguaci della sinistra di Chavez che da tempo contestano la svolta a destra del regime di Caracas. Con la presidenza di Maduro l'ingannevole modello del cosiddetto “socialismo del XXI secolo” propugnato da Chavez ha compiuto la sua parabola fallimentare portando il Venezuela dal dominio delle compagnie petrolifere dell'imperialismo americano a quelle dell'imperialismo russo con evidentemente nessun vantaggio per le masse popolari. Che un primo segnale lo avevano dato con la diserzione delle urne da parte di oltre il 40% dell'elettorato.
Secondo i dati comunicati dal Consiglio nazionale avebbero votato 12,4 milioni di elettori, pari al 58% dei 21,4 milioni aventi diritto. Alle precedenti elezioni presidenziali del 2018 la diserzione dlele urne aveva raggiunto il 54%, secondo i dati ufficiali, mentre le opposizioni che avevano lanciato il boicottaggio del voto sostennero che la diserzione delle uren era arrivata al 70%. Allora Maduro fu eletto al secondo mandato con oltre 6 milioni di voti, pari al 67,8% di quelli validi.
Anche il 28 luglio scorso, dai dati governativi, Maduro del Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) e del Grande Polo Patriottico, avrebbe ottenuto 6,4 milioni di voti pari al 52% dei voti validi; il principale concorrente dell'opposizione di destra, Edmundo Gonzalez Urrutia, un indipendente sostenuto dalla coalizione di Piattaforma Unitaria, aveva superato di poco i 5 milioni di voti e si era fermato al 43,2% dei voti validi. Il Consiglio nazionale elettorale ratificava la vittoria del presidente Maduro ma senza fornire il conteggio esatto o i resoconti dei seggi elettorali, perché sosteneva di essere stato vittima di un hackeraggio informatico.
La leader dell'opposizione di destra Maria Machado, alla quale una decisione del 26 gennaio 2024 del Tribunale supremo di giustizia aveva tolto il diritto a partecipare cone candidata a cariche pubbliche fino al 2038, contestava i dati governativi e sosteneva che le elezioni le aveva vinte Urrutia col 67% dei voti validi, oltre 7 milioni di preferenze, più del doppio di quelle di Maduro. E invitava alla protesta di piazza cui il regime rispodeva con una dura repressione che causava almeno 25 morti, quasi 200 feriti e 2.400 arresti, secondo le fonti governative.
Alla contestazione della autoproclamata vittoria del presidente uscente Maduro partecipavano fra gli altri il Partito comunista venezuelano (Pcv), i cui dirigenti sono oggetto di repressione da parte della polizia del regime di Caracas e che una volta bocciata dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) la candidatura proposta aveva deciso di sostenere quella del destro Enrique Marquez, ex membro del Cne e oppositore di Chavez. Il Comitato nazionale dei lavoratori in lotta, una organizzazione sociale nata nel 2023 per unificare le proteste dei lavoratori venezuelani contro il neoliberismo di Maduro denunciava che dopo aver "confiscato i diritti del lavoro consacrati nella Costituzione, compresa la cancellazione del salario come remunerazione dell’impiego a favore dell’imposizione di un sistema di miserabili buoni sociali", il governo "si è ora accaparrato anche i voti della popolazione".
Fra i commenti registriamo alcuni di quelli dei paesi governati dalla "sinistra" borghese come quello del 15 agosto dei presidenti di Brasile e Colombia, Lula e Gustavo Petro che proponevano nuove elezioni presidenziali in Venezuela per risolvere la crisi politica in atto. Il predidente colombiano chiedeva nuove elezioni “libere” ma anche la “revoca di tutte le sanzioni economiche” contro il Venezuela, di quell'ingiusto embargo decretato dall'imperialismo americano nel 2019 con Trump e confermato dal successore Biden. Nel caso del Venezuela gli Usa erano comunque stati battuti sul tempo dall'imperialismo europeo che aveva deciso alcune misure più di facciata che efficaci ma già dal novembre 2017. Critiche a Maduro anche dal presidente del Messico e da Gabriel Boric del Cile che ha detto di non riconoscere la sua vittoria. Dopo il pronunciamento del Tribunale di giustizia, i governi di Brasile e Colombia con un nuovo comunicato del 28 agosto insistevano sulla necessità, negata dalla sentenza del Tsj, di una "pubblicazione trasparente di dati disaggregati e verificabili" per garantire la "credibilità del processo elettorale" e ribadivano la propria "disponibilità a facilitare la comprensione tra le parti".
4 settembre 2024