La legge “carceri sicure” non risolve il problema carcerario
Necessari amnistia e indulto

 
È stato chiamato decreto “carceri sicure” il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri e passato in via definitiva alla Camera con 153 voti favorevoli, 89 contrari e un astenuto. Il DDL inizialmente era nato col nome di “svuota carceri”, e il cambio di appellativo fa già immaginare che il problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari e delle condizioni pessime nelle quali vivono quotidianamente i detenuti, non saranno risolti.

Un DDL insufficiente e sbagliato
Fra gli altri provvedimenti di minor rilevanza il decreto prevede l'istituzione di un albo delle comunità che potranno accogliere alcune tipologie di reclusi, e tempi più stretti per la concessione della libertà anticipata o di misure alternative, che potrebbe diventare automatica attraverso l'istituzione di “una specie di patto – non meglio specificato - per mettere il detenuto subito al corrente dei suoi diritti e degli sconti che potrebbe ottenere se “si comporta bene” in carcere". Il numero di telefonate che i detenuti potranno fare passerà poi dalle 4 attuali alle 6 al mese.
All'indomani dell'annuncio del ministero è scattato il consueto processo di mistificazione di un provvedimento assolutamente insufficiente se l'obiettivo è veramente quello di porre un correttivo a una situazione carceraria esplosiva e insostenibile per condizioni di vita al suo interno ed incapace di reinserire nella vita sociale e collettiva i reclusi.
Per le carceri italiane, infatti, c'è innanzitutto l'urgenza di ridurre significativamente le presenze e gli ingressi, di migliorarne le condizioni di socialità e di vita, e di riformarne in profondità le strutture. Ma non è certo questo l’intento del decreto e l'obiettivo del governo. Questa mancanza di volontà è testimoniata, oltre che dal testo del DDL, anche dalla politica generale della ducessa Meloni che non si preoccupa minimamente di risolvere i problemi e pretende di mettere a tacere le sacrosante proteste popolari a colpi di manganello poliziesco e giudiziario. Le carceri sono un inferno, aumentano i suicidi e le rivolte dei detenuti, e l'unica risposta che sa dare è il ricorso alla polizia e l'inasprimento delle pene. Davanti alle proteste popolari non entra mai in merito alle ragioni dei manifestanti ma scatena la repressione e aumenta ancor di più le pene e gli anni di carcere per gli attivisti ambientali, per chi occupa edifici vuoti a fini abitativi, oppure nei confronti dei lavoratori che bloccano la produzione o che effettuino blocchi stradali per sacrosanti motivo. Sa unicamente criminalizzare il disagio giovanile, senza mai cercare di risolvere i problemi economici e sociali che lo alimentano.

Il Decreto non risolve il sovraffollamento
Gli effetti di questa politica antisociale e repressiva, unita al peggioramento delle condizioni di vita delle masse popolari dovute alle politiche neoliberiste del governo, basterebbe essa stessa a intasare maggiormente le celle, rendendole per quanto possibile ancor peggiori di quello che già sono.
È sotto gli occhi di tutti infatti che numero sempre crescente di detenuti preferisce il suicidio al tormento quotidiano, per di più in una detenzione senza speranza, annodata in criticità che permangono spesso anche dopo il ritorno in libertà. Ne sono testimonianza i dati sulle recidive, frutto di una evidente incapacità di reinserimento nella società civile, anche per il nulla che essa offre sia dal punto di vista economico e lavorativo fatto di disoccupazione e di precariato (nel migliore dei casi), sia da quello culturale, incapace di non nutrire pregiudizi nei confronti degli ex-carcerati a prescindere dal reato commesso.
Nel decreto non c'è nessuna “umanizzazione” proclamata dal guardiasigilli Nordio, bensì la fotografia di una strategia governativa che anziché risolvere il problema carcerario lo aggrava, incrementando quella spirale che porta all'esplosione del conflitto nelle carceri per poter ancor più facilmente (estorcendo anche il consenso della parte più reazionaria della popolazione che sa invocare solo “ordine” e “maggiore sicurezza”) militarizzarle, analogamente alle strade ed alle piazze.
Un aiuto a questa strategia lo dà anche il recente DDL “Sicurezza”, che fra le altre cose prevede nuove e pesanti pene non solo per le rivolte in carcere, ma anche per episodi di “resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini impartiti”.

La solita inconsistenza delle opposizioni parlamentari
Dopo l'approvazione si è acceso il solito sterile dibattito parlamentare: la segretaria PD Elly Schlein parla di “furia punitiva che acceca la maggioranza”, che “non fa nulla contro il sovraffollamento”, mentre introduce “oltre 20 reati nuovi”. Anche il deputato di Avs Angelo Bonelli attacca il decreto parlando di una volontà di aprire “la strada per lo scudo per i governatori chiesto da Salvini dopo la vicenda Toti”. Addirittura le opposizioni parlano di “uno schiaffo al parlamento” ma solo quando, dopo il voto, la stampa dà notizia di una riunione parallela a Palazzo Chigi, dove la ducessa Meloni ed il sottosegretario Alfredo Mantovano, si confrontano a lungo col Guardasigilli Nordio e con altri funzionari decidendo arbitrariamente di mettere in campo ancora altre misure dopo il DDL per accelerare la promulgazione dell'abrogazione del reato di abuso di ufficio.
Sicuramente nei propositi del governo non c'è alcuna intenzione di ricorrere a all'amnistia e all'indulto, gli unici provvedimenti immediati che potrebbero quantomeno mitigare l'inaccettabile situazione presente nei 190 penitenziari del nostro Paese.
La soluzione prospettata dal governo è sempre la stessa, in piena continuità coi governi precedenti: accrescere il numero degli agenti penitenziari e costruire nuovi istituti di pena che saranno presto riempiti anch'essi dal nostro stato di polizia, per non affrontare il sovraffollamento che scaturisce dalla carenza di misure alternative alla pena, di luoghi nei quali potrebbe avvenire un pieno recupero del detenuto. Manca insomma una risposta complessiva di natura sociale, e il carcere in questo sistema capitalistico continua a avere una funzione di “discarica sociale” dove anche la più banale dignità viene calpestata.
Eppure l'opposizione parlamentare borghese si guarda bene dal mobilitare la piazza per cacciare questo governo neofascista che ne sta facendo di cotte e di crude in ogni campo, continuando a dargli piena legittimità politica e istituzionale.

La denuncia della CGIL
La segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi in una intervista ha denunciato il sovraffollamento “oltre il 120% della capienza con punte del 210%”, che porterà presto “la Corte europea dei diritti dell'uomo a condannare l'Italia per violazione dei diritti umani come quindici anni fa”. Anche la Cgil quindi denuncia le condizioni di vita all'interno degli istituti che “non consentono di realizzare quella che è la finalità della pena, vale a dire la rieducazione e il recupero sociale”; infine chiede che i detenuti con problemi di salute mentale, i tossicodipendenti, gli immigrati irregolari e detenuti con pene di breve durata o per reati di scarso allarme sociale, possano scontare la pena in luoghi alternativi al carcere.
“Questo decreto – secondo Barbaresi - non interviene efficacemente per affrontare i nodi della condizione carceraria perché si tratta di interventi assolutamente insufficienti, marginali e inadeguati rispetto alla vastità del problema e buoni solamente per la propaganda, e le parole suggestive che vengono usate sono ben lontane dalla realtà. Il governo, sin dal suo insediamento, ha perseguito una politica proibizionista e repressiva che ha continuato a introdurre nuovi reati anziché affrontare i temi cruciali”.
L'affondo finale di critica a questo DDL neofascista è di Samuele Ciambriello, Garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, secondo il quale "nessuna delle misure previste possiede concrete ricadute sull'impellente necessità di ridurre il numero dei detenuti, garantire cure e assistenza ai soggetti affetti da fragilità e disagi psichici, evitare nuovi ingressi limitando l'adozione di misure cautelari in carcere".

L'amnistia e l'indulto non sono più rimandabili
A nostro avviso per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e di tutto ciò che ne consegue, è urgente una effettiva depenalizzazione dei reati minori da scontare con pene alternative, la scarcerazione immediata dei tossicodipendenti e dei detenuti con pene fino a 4 anni, attraverso un provvedimento di amnistia e/o di indulto che non è più rimandabile.
Altrettanto urgente sarebbe l'avvio di provvedimenti per migliorare l'agibilità degli immobili e delle strutture carcerarie, le condizioni di vita, di alloggio, di vitto e di salute delle detenute e dei detenuti e favorire tutte quelle attività volte al loro recupero sociale; così come l'aumento del numero di "educatori", psicologi e magistrati di sorveglianza negli istituti di pena, e l'incremento di attività produttive e di servizi all'interno delle carceri impiegando persone detenute, che possano svolgere un'opera di formazione professionale, specie per i più giovani, garantendo retribuzioni a termine di legge, che possa favorire con successo il reinserimento in società.
L'ultimo elemento cardine per noi è un ampio controllo politico ma soprattutto sociale, attraverso commissioni di controllo composte anche da organismi assistenziali e sociali e dai familiari dei reclusi, delle gestioni carcerarie affinché siano evitati e puniti severamente pestaggi, sevizie e altri comportamenti persecutori delle guardie carcerarie e dei loro superiori ai danni dei detenuti.
Tutte misure che non sono assolutamente nell'agenda di Nordio e Meloni, che si sono mossi unicamente per garantire l'impunità ai colletti bianchi e alla grande criminalità e per criminalizzare coloro che compiono piccoli reati e i minorenni, in particolare, com'è avvenuto con l'approvazione del decreto “Caivano”.
Una ragione in più perché occorre buttare giù il prima possibile e con la mobilitazione popolare questo governo neofascista.

18 settembre 2024