Le privatizzazioni dei sovranisti
La metà di Poste italiane andrà ai privati
La Meloni nel 2018: “ La privatizzazione di Poste italiane sarebbe una follia”
Un'ulteriore fetta della proprietà di Poste italiane sarà messa sul mercato. Una decisione che rientra in un più ampio piano di dismissioni pubbliche che il Ministro dell'Economia Giorgetti e il governo neofascista della Meloni avevano già annunciato a gennaio di quest'anno. La finalità è quella di raccogliere circa 20 miliardi di euro in tre anni, pari a circa l'1% del PIL. La vendita di una quota di minoranza di Poste è solo la prima di una serie di operazioni che saranno ufficializzate nei prossimi mesi, e segue la vendita del 25% di Banca Monte dei Paschi di Siena e interesserà anche le Ferrovie Italiane.
Attualmente lo Stato ha una salda maggioranza con il 30% in mano al Tesoro e il 35% a Cassa depositi e prestiti (anch'essa di proprietà pubblica), e la società vale oggi in borsa 13,3 miliardi di euro. Lo stato potrebbe vendere un altro 14% riuscendo comunque a mantenere la maggioranza assoluta del 51%. Il problema non è soltanto di controllo, ma anche economico. Le aziende pubbliche si vendono una volta sola e lo stato si arricchisce nell’immediato, ma si impoverisce nel lungo termine. Anche perché più la quota che si vende è alta, maggiore è la parte di dividendi a cui si rinuncia per travasarla nelle mani dei privati. Nel 2023 il solo Tesoro ha incassato da Poste una cedola da quasi 250 milioni di euro.
Come ci hanno insegnato le vendite passate di aziende pubbliche, avvenute sia con governi di centro-destra che di “centro-sinistra”, queste fanno soltanto gli interessi di un ristretto numero di pescecani capitalisti, mentre le masse popolari ci rimettono in servizi e aumenti dei costi. I privati acquistano imprese che rendono bene per poi ridurre posti di lavoro e diritti, oppure ereditano aziende ormai decotte ma risanate con i soldi pubblici e cedute senza nemmeno un euro di debito. Al riguardo è emblematico il caso della Banca MPS.
Il governo dei sovranisti quindi privatizza come tutti gli altri, a maggior ragione adesso, dopo che Bruxelles ha di nuovo sposato la linea del rigore sui conti e sta tenendo d'occhio l'Italia che aumenta di anno in anno il suo debito pubblico. La Meloni e i suoi camerati si sono riempiti la bocca di sovranità nazionale, del dovere dello stato di mantenere il controllo dei trasporti, delle infrastrutture e fin anche di alcuni “settori strategici” dell'economia: tutte promesse elettorali e chiacchiere propagandistiche.
Proprio la Meloni nel 2018, quando a palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni e al ministero dell’Economia Pier Carlo Padoan, che a loro volta stavano valutando la cessione di una parte della partecipazione in Poste, ai microfoni di Radio Rtl
si esprimeva così: “La privatizzazione di Poste italiane sarebbe una follia e su questo tema chiederò al centrodestra di dire una parola chiara. Parliamo di 140 mila dipendenti, di 13 mila sportelli aperti sul territorio, di 500 miliardi degli italiani raccolti a vario titolo come risparmio e di un assoluto gioiello che è stato già privatizzato per il 35% dai governi PD e di sinistra”.
E poi continuava: “Con la sua presenza capillare sul territorio Poste italiane costituisce un presidio dello Stato” e “Inoltre bisogna ricordare che Poste raccoglie la gran parte delle provviste di cassa depositi prestiti. È l’unica banca rimasta pubblica, io non vorrei che la sinistra volesse liberarsi di poste per liberarsi anche dell’unica banca rimasta pubblica e continuare a fare gli interessi delle banche private”. Ora tutto questo per la ducessa Meloni non vale più, anche se dobbiamo dire che già adesso la prima cosa è vera fino a un certo punto perché tanti uffici nei centri minori stanno chiudendo.
Le Poste “offrono” consulenze finanziarie, utenze domestiche, telefonia, mentre non si trova un francobollo per una lettera e gli anziani che vi si rivolgono sono lasciati in balia di prenotazioni e servizi automatici privati della minima assistenza da parte del personale, senza che quest'ultimo abbia alcuna colpa. Perché è bene ricordare che già adesso, pur essendo a maggioranza pubblica, la gestione è da tempo di tipo privato, con personale negli uffici ed esterno ridotto all'osso, con i postini che non conoscono le strade perché sono sballottati da una sede all'altra, con migliaia di lavoratrici e lavoratori con i contratti precari.
25 settembre 2024