Dopo le decine di morti e centinaia di feriti tra la popolazione colpiti dall'esplosione di cercapersone e radiotrasmittenti
L'aviazione nazisionista fa terra bruciata nel sud del Libano
Quasi 500 morti, di cui 35 bambini, e più di 1.200 feriti le vittime del primo giorno di bombardamenti, anticamera dell'invasione
La mattina del 23 settembre spadroneggiava sui mezzi di informazione la campagna di propaganda orchestrata dai paesi imperialisti dell'Ovest che rilanciava con enfasi le notizie degli attacchi degli alleati nazisionisti in Libano, con la fedele riproduzione delle veline diffuse dai vertici militari sionisti che presentano il genocidio palestinese e i crimini contro la popolazione civile da Gaza alla Cisgiordania, a Libano e Siria, come fosse un gioco di guerra, con loro nel ruolo ovviamente dei supereroi che difendono l'occidente: colpiti in poche ore dall'aeronautica militare più di 300 obiettivi di Hezbollah nelle regioni meridionali del vicino paese, tutti obiettivi militari, basi di lancio dei missili e depositi di armi, comunicavano gli enfatici bollettini degli aggressori sionisti, che a fine giornata conteranno ben 1.600 raid aerei. Le conseguenze dei bombardamenti nazisionisti erano chiari fin da subito nei comunicati del ministero della Sanità libanese che passava dagli iniziali 100 morti e più di 400 feriti, tra cui bambini, donne e medici, ai quasi 500 morti, dei quali35 bambini, e oltre 1.200 feriti a fine giornata. Il premier libanese Najib Mikati, all'Onu per l'apertura dei lavori dell'Assemblea generale, denunciava che “l'aggressione israeliana contro il Libano è una guerra di sterminio e un piano volto a distruggere i villaggi e le città libanesi”.
L'aggressione era di fatto iniziata la settimana precedente quando con una azione di terrorismo di Stato i nazisionisti avevano fatto esplodere le cariche nelle migliaia di cercapersone e di radiotrasmittenti usati in Libano anche da Hezbollah che tra il 17 e il 18 settembre avevano causato rispettivamente 12 morti e oltre 2300 feriti e 25 morti e 608 feriti colpiti anche durante i funerali delle vittime del giorno precedente. Oltre cinquecento erano rimasti colpiti agli occhi, 300 dei quali avevano perso la vista. I dispositivi elettronici sarebbero stati manomessi nel passaggio dalle le case costruttrici ai destinatari finali, operato da aziende di prestanome legati ai servizi nazisionisti. Una operazione che dai resoconti della stampa internazonale sarebbe iniziata probabilmente un paio di anni fa, comunque prima della data dell'attacco della resistenza palestinese del 7 ottobre 2023, a conferma che i criminali piani di guerra dei nazisionisti sono in corso d'opera da molto più tempo.
Come ha messo in evidenza Jonathan Ofir, direttore d’orchestra, scrittore e blogger israelo-danese: “L'attacco che può essere descritto solo come terroristico per natura, è senza precedenti nella sua portata e metodo ma la natura del suo attacco indiscriminato è tutt’altro che unica per Israele. Infatti, la Dottrina israeliana di infliggere danni massicci ai civili prende il nome Dottrina Dahiya che deriva dal nome del quartiere di Beirut che Israele prese di mira e rase al suolo durante la guerra del 2006, un quartiere in cui vivevano molte famiglie affiliate a Hezbollah. Lo sviluppo più recente segna un progresso scioccante nel totale disprezzo di Israele per la vita umana, ma non è una novità, anche se non lo si scoprirebbe mai leggendo la stampa occidentale”. Una dottrina criminale ripetuta nella guerra a Gaza nel 2008 e denunciata dal “Rapporto Goldstone” delle Nazioni Unite del 2009 che indicava come “Israele aveva condotto un attacco deliberatamente sproporzionato, progettato per punire, umiliare e terrorizzare una popolazione civile“. E ripetuta da un anno a questa parte a Gaza dagli impuniti nazisionisti.
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, riconosceva che i cyberattacchi erano stati un “duro colpo” per l'organizzazione ma questo non avrebbe fermato il sostegno alla causa palestinese e gli attacchi contro Israele sarebbero cessati solo se la guerra contro Gaza fosse terminata. Il canale televisivo satellitare libanese Al Mayadeen il 22 settembre riportava le dichiarazioni di un esponente di Hezbollah sulle operazioni della Resistenza islamica in Libano contro obiettivi militari nella Palestina occupata, in particolare riguardo al lancio di decine di razzi sulla base israeliana di Ramat David e sul complesso militare-industriale Rafael, specializzato in apparecchiature elettroniche e situato nella valle di Zvulun, a nord della città occupata di Haifa. Operazioni compiute “a sostegno del saldo popolo palestinese nella Striscia di Gaza, a sostegno della sua Resistenza, e come parte della risposta iniziale al brutale massacro commesso dall’occupazione in varie regioni libanesi il 17 e 18 settembre”.
Il 19 settembre il segretario di stato americano Antony Blinken, in missione a Parigi,
affermava che non voleva “vedere nessuna escalation né da una parte né dall’altra perché ciò renderebbe ancora più difficile un cessate il fuoco a Gaza” e assieme al collega francese chiedeva “una de-escalation in medio oriente, specialmente in Libano”, una posizione ipocrita che se non punta a solidarizzare col Libano aggredito e a fermare la mano criminale dei nazisionisti conferma il ruolo di complicità degli Usa e della Ue verso l'alleato di Tel Aviv.
Il 20 settembre alla riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza chiesta dall'Algeria, il ministro degli Esteri libanese Abou Habib indicava che lo scopo della delegazione libanese era di “chiedere la condanna di questo crimine terrorista, chiedere conto a Israele ed esercitare tutta la pressione possibile affinché fermi la sua aggressione contro i civili senza difesa, in tutto rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali”.
Nel suo intervento Volker Turk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, denunciava che “le esplosioni di beeper, radio e altri dispositivi elettronici che hanno causato morti e feriti in Libano” rappresentano “una nuova forma di guerra, in cui gli strumenti di comunicazione diventano armi, esplodendo contemporaneamente nei mercati, negli angoli delle strade o in mezzo alla vita di tutti i giorni”, mentre altri dispositivi “sono stati disinnescati nelle università, nelle banche e negli ospedali”. “Il targeting simultaneo di migliaia di persone, sia civili che membri di gruppi armati, senza sapere chi fosse in possesso dei dispositivi mirati, dove si trovavano e che si trovavano nel loro ambiente al momento dell’attacco, costituisce una violazione del diritto internazionale dei diritti umani e, se del caso, del diritto internazionale umanitario”, denunciava l'Alto commissario Onu, “il diritto internazionale proibisce l’uso di dispositivi intrappolati sotto forma di oggetti portatili apparentemente innocui appositamente progettati e fabbricati per contenere materiali esplosivi. È un crimine di guerra commettere atti di violenza al fine di diffondere il terrore tra i civili”.
Il rappresentante libanese denunciava che “nessuno è più al sicuro dopo questi terribili attacchi che feriscono donne e bambini. Chi può ora impedire ai gruppi terroristici di ricorrere a questa pratica”.
Con poche eccezioni, rendeva noto il succinto resoconto ufficiale dell'Onu, tutte le delegazioni hanno espresso preoccupazione per questi attacchi “senza precedenti nella storia”, che rischiano di far precipitare la regione nella guerra, e hanno chiesto una riduzione della tensione, un cessate il fuoco e il rispetto delle risoluzioni del Consiglio sulla sicurezza. Una posizione vigliacca e ipocrita quella del Consiglio di sicurezza, l'unico organismo che poò prendere decisioni vincolanti per i membri, ma che nel caso ha di nuovo chiuso tutti e due gli occhi e dato il via libera all'escalation bellica preparata dai nazisionisti in Libano.
La mattina del 23 settembre l'agenzia ufficiale libanese (Ani) rendeva noto che cittadini libanesi avevano ricevuto messaggi sui loro telefoni fissi da Israele che chiedevano loro di evacuare i luoghi in cui si trovavano. Un avvertimento arrivato anche all'ufficio del ministro dell'Informazione libanese. Un criminale avviso di evacuazione di massa inviato dai nazisionisti che confermano che i civili libanesi per loro sono un bersaglio. Si tratta dello stesso avviso inviato alla popolazione alla vigilia dei massacri e della distruzione delle città palestinesi a Gaza.
25 settembre 2024