Il governo Meloni sionista vieta la manifestazione pro Palestina del 5 ottobre a Roma ma i promotori la confermano
Adesione del PMLI e de “Il Bolscevico”: “Nessun passo indietro”
“Scendiamo comunque in piazza. Non un passo indietro”. È con questa chiara esortazione che i Giovani Palestinesi d'Italia, una delle organizzazioni promotrici della manifestazione nazionale del 5 ottobre a Roma, confermano la mobilitazione nonostante il diniego della questura capitolina su indicazione del Viminale.
“Non un passo indietro”, un monito netto, chiaro, significativo e senza appello, proprio come fu chiamato l'ordine numero 227 che emanò Stalin il 28 luglio 1942 chiamando alla resistenza contro l'invasore nazifascista in uno dei momenti più difficili per l'Unione Sovietica durante l'operazione Barbarossa.
Infatti, coerentemente con le dichiarazioni del Ministro Piantedosi in risposta alle immediate proteste della comunità ebraica e di esponenti della destra italiana, la questura ha vietato in via definitiva le manifestazioni pro-Palestina indette nel pomeriggio del 5 ottobre a Roma. La giustificazione addotta è il rischio di disordini, poiché nella promozione di uno dei due cortei inizialmente richiesti, i Giovani Palestinesi facevano riferimento allo scorso 7 ottobre come all'“inizio di una rivoluzione”, concetto giusto, e peraltro riconfermato nelle assemblee successive del gruppo.
In realtà il divieto è esclusivamente politico, di ovvia matrice governativa, finalizzato innanzitutto a stroncare sul nascere questa nuova e potente ondata di solidarietà nei confronti del popolo palestinese in lotta per la propria libertà criminalizzandone la legittima resistenza, ma anche utile a confermare l'appoggio del governo neofascista Meloni ad Israele sionista che arma nella sua guerra di occupazione e di sterminio a Gaza, in Libano, e in tutto il Medio Oriente.
Una guerra che ha già mietuto 42mila vittime e quasi centomila feriti in una Palestina distrutta, e oltre 600 morti nel paese dei cedri. Un massacro quotidiano che si compie impunemente con la complicità di una comunità internazionale che “si indigna”, ma che nella pratica non muove un dito per fermarlo. Non è un caso fra l'altro il continuo farla da padrone sui media di stato e su quelli istituzionali, del concetto di “antisemitismo” gridato impropriamente in ogni circostanza, per creare confusione nell'opinione pubblica, al fine di coprire il vero problema, e cioè il sionismo assassino.
Fra l'altro, mentre da un lato si vieta ai sostenitori della causa palestinese di manifestare, dall'altro si autorizzano le iniziative celebrative della Comunità ebraica previste su tutto il territorio nazionale due giorni più tardi.
Il divieto alla manifestazione del 5 rappresenta un provvedimento di una gravità inaudita, che diviene anche il preludio dello “stato di guerra” - come lo chiamano i Giovani Palestinesi – che entrerà in vigore con il nuovo decreto sicurezza (DDL 1660) con il quale il governo Meloni tenterà di giustificare la repressione di qualsiasi forma di protesta e di dissenso.
La volontà di scendere comunque in piazza nonostante il divieto è una concreta risposta al diniego che mina alla radice chiunque si batta per il diritto alla libertà di manifestazione e di espressione; una maniera per contrapporre al “precedente” governativo un altro “precedente” di tenuta della piazza e di contrasto alle politiche antidemocratiche e neofasciste di Meloni e compagnia.
“Scendere in piazza il 5 ottobre – dicono i Giovani Palestinesi – è un atto minimo di disobbedienza, contro Israele e i suoi crimini, contro la NATO che ci ha portati nel baratro della guerra, contro il Governo Meloni, prima che sia troppo tardi, prima che non esistano più le libertà fondamentali”. Appoggiamo anche la piattaforma pubblicata dall'organizzazione giovanile, che chiede l'immediato stop all'invio delle armi dall'Italia ad Israele così come di ogni accordo accademico o militare con Tel Aviv. I Giovani Palestinesi chiedono anche il richiamo dei cittadini italiani che combattono fra le fila israeliane, il riconoscimento del diritto al ritorno e alla resistenza del popolo palestinese, la sospensione della propaganda di guerra sui media e nei luoghi di formazione e il ritiro di ogni provvedimento repressivo o di censura a chi si schiera al fianco del popolo palestinese.
Per ogni singolo antimperialista è un dovere appoggiare e sostenere i desideri di un popolo oppresso, che esprime in maniera chiara attraverso le sue organizzazioni giovanili l'urgenza di porre fine al genocidio, di liberare finalmente un Paese che dovrebbe essere sovrano “dal fiume al mare” e di smantellare “l'entità sionista” in quanto progetto coloniale di insediamento basato sulla pulizia etnica, così come riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia il 24 maggio scorso.
Di fondamentale importanza l'esortazione all'unità nazionale palestinese, e quindi di tutte le forze sociali e politiche di qualunque matrice, anche religiosa, “sulla base della resistenza contro l'occupante”, che sposa perfettamente il nostro sostegno a tutto il fronte di resistenza senza alcuna eccezione. Infine, oltre alla richiesta di liberazione di tutti gli ostaggi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, i Giovani Palestinesi esortano “il movimento per la Palestina” ad andare oltre la solidarietà mettendo in pratica azioni di boicottaggio effettivo, in particolare nel settore bellico e della ricerca, contro potenziali interessi israeliani e quelli dell'imperialismo europeo o statunitense nel nostro Paese.
Alla manifestazione il PMLI e il suo settimanale “il bolscevico”, hanno dato piena adesione inviando una email con il seguente testo: “Siamo con voi, nessun passo indietro, tutti a Roma il 5 ottobre. Tutto per la Palestina libera”.
Intanto molte adesioni di partiti, organismi e organizzazioni antimperialiste di tutta Italia, sono arrivate dall'assemblea on-line del 29 settembre; a Venezia, nel cortile di San Sebastiano, i Giovani palestinesi hanno raccolto fondi durante la presentazione del corteo pro Gaza a Roma per contribuire alle spese della trasferta dei manifestanti nella Capitale. Lo stesso è accaduto nei giorni scorsi a Bologna, a Torino e in tantissime altre città italiane. Roma pertanto, nonostante il divieto, sarà raggiunta in treno, coi pullmann e con mezzi privati, per chiedere la fine del genocidio palestinese e per dare una spallata al governo neofascista Meloni e al suo stato fascista.
2 ottobre 2024