Ilan Pappé a “La Stampa”
“L'unica via d'uscita è uno Stato democratico dal fiume al mare. Uno Stato per gli ebrei e i palestinesi”
Proponiamo ai nostri lettori ampi stralci dell'importante intervista rilasciata dallo storico israeliano Ilan Pappé a “La Stampa” e pubblicata il 2 ottobre col titolo originale: "Israele non avrà mai pace né sicurezza se non metterà fine all'occupazione". Pappé conferma che una cosa è l'ebraismo come religione e un'altra, diametralmente opposta, è il sionismo e con coraggio e lucidità riafferma la sua netta contrapposizione al sionismo e alla politica imperialista israeliana genocida del popolo palestinese. Non si limita a stigmatizzare l'attuale condotta criminale di Netanyahu e del suo governo ma avverte che il piano dei due popoli per due Stati è morto e sepolto e non ha nessuna possibilità di risolvere la questione palestinese. “L'unica via d'uscita”, avverte, è la nascita di “uno Stato democratico dal fiume al mare”. Una prospettiva che da sempre sosteniamo noi marxisti-leninisti e per cui si battono, insieme a noi, le organizzazioni palestinesi e gli antimperialisti conseguenti, come quelli scesi in piazza il 5 ottobre a Roma. Palestina libera. Uno Stato due popoli.
C'è il pericolo dell'antisemitismo ma è pur vero che “l'antisemitismo dilaga dalla sovrapposizione tra identità ebraica e Israele”. Ancor più pericoloso, a suo dire, risulta oggi nei paesi imperialisti occidentali il razzismo che discrimina e criminalizza i musulmani.
Lei è un implacabile critico del sionismo. Neppure dopo il massacro dei kibbutz più pacifisti ha deposto le armi?
"Quei kibbutz definiti pacifisti sono stati costruiti sulle rovine dei villaggi palestinesi distrutti prima e dopo la nascita d'Israele mentre chi li ha attaccati appartiene alla terza generazione di profughi. Nel '48 è stato il sionismo di sinistra a incoraggiare i coloni, cacciando le popolazioni indigene e creando a Gaza il mega campo profughi che dopo il '67 sarebbe diventato una mega prigione. Non puoi vivere accanto a una prigione e pensare che là dentro ti amino perché li aiuti. Sto con tutte le vittime del 7 ottobre ma non con il loro progetto sionista che è stato e sarà sempre un problema perché è immorale e non funziona".
Non ha paura di evocare il genocidio dei palestinesi additando Israele. Ammetterà che gli altri non sono tutti angeli.
"Non idealizzo Hezbollah né Hamas. La violenza politica è evidente, la sua radice meno. In Libano prima della fase coloniale, esisteva un'identità collettiva in cui le religioni convivevano. Il settarismo è arrivato con le potenze straniere".
Ma nelle guerre di liberazione le critiche non sono benvolute, dubito che i partigiani italiani in lotta contro i nazifascisti ambissero al confronto democratico".
Ripete che c'è un prima del 7 ottobre. Può, nel dopo, un Iran ridimensionato riaprire gli accordi di Abramo e il piano due popoli per due Stati?
"Quella di due popoli per due Stati è una strada morta. E non vedo speranza nella politica israeliana futura: continuerà a virare a destra. Inoltre, non sono i popoli ma i regimi a volere gli accordi di Abramo. E se gli Stati arabi diventassero democratici sarebbero ancora più ostili a Israele perché la causa palestinese incarna un sogno che essendo ancora in potenza potrebbe correggere gli errori dei Paesi già decolonizzati. L'unica via d'uscita dalla violenza è un'iniziativa internazionale volta a far nascere uno Stato democratico dal fiume al mare".
Uno Stato binazionale?
"Uno Stato per gli ebrei e i palestinesi, rifugiati compresi".
E come dovrebbe chiamarsi?
"Il nome non conta, potrebbe chiamarsi Nuova Palestina".
Una provocazione. E Israele?
"Gli ebrei dovrebbero accettare di non essere più maggioranza nel nuovo Stato. L'alternativa è la guerra, seguita dalla scomparsa d'Israele. Non puoi pensare di vivere opprimendo un altro popolo in eterno".
La pace si fa con i nemici, insegna Oslo: Israele potrebbe stringere la mano a Hamas?
"Dividersi la terra è impossibile. Forse non lo era nel '67 ma ora le colonie sono ovunque. Alla Palestina toccherebbe il 22%: non si parla di strette di mano ma di contenuti".
In Italia, a ridosso dell'anniversario del 7 ottobre, la senatrice Liliana Segre è stata accusata di sionismo. Riemerge l'antisemitismo in occidente?
"L'antisemitismo c'è sempre stato e non sparirà. Credo però che oggi il razzismo sia peggiore dell'antisemitismo e che il bersaglio siano i musulmani. Mi dispiace per Segre ma focalizzarsi su un singolo è sbagliato. Ci sono tre tipo di antisemitismo: quello classico di antica matrice cattolica, quello radicato in alcuni ambienti musulmani minoritari e quello derivante dalla confusione tra ebraismo e Stato d'Israele che il sionismo ha molto voluto e che serve a Israele ma danneggia gli ebrei. Il sionismo è da sempre il male per gli ebrei".
Hanno visto di peggio, direi. Sono stati sterminati ben prima della nascita d'Israele.
"L'idea di Herzl che per battere il nazionalismo nazista servisse un nazionalismo sionista è folle. Non a caso il sionismo nasce in Europa: non sarebbe mai venuto in mente agli ebrei del mondo arabo perché lì la convivenza era nei fatti. L'antisemitismo dilaga dalla sovrapposizione tra identità ebraica e Israele. L'unica luce oggi arriva dai giovani ebrei che, specie in America, iniziano a rifiutare quell'equivalenza".
9 ottobre 2024