Il governo neofascista e razzista contro i migranti
Nuovo decreto flussi: più respingimenti
Consentite ispezioni nei telefoni dei migranti, impronte digitali, obbligo per le ong di segnalare gli avvistamenti. Si insiste nella linea fallimentare delle quote bloccate e dei click-day
Il 2 ottobre il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge recante “Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali”. Un titolo volto in “positivo” per presentare in realtà l'ennesimo provvedimento securitario e vessatorio di stampo razzista, xenofobo e fascista contro i migranti, che si aggiunge alla lunga sequela di atti legislativi, con la stessa logica e scopo, emanati fin dal suo esordio da questo governo neofascista: dal decreto Cutro, ai provvedimenti contro le navi delle Ong, al precedente decreto flussi, fino al ddl sicurezza in approvazione al Senato, che arriva fino a proibire ai migranti irregolari la possibilità di acquistare le sim per poter telefonare alle famiglie e gli amici.
Anche se viene spacciato come “nuovo decreto flussi”, per risolvere certi difetti e incongruenze della precedente normativa in merito ai flussi legali prefissati di mano d'opera straniera, esso nasce infatti da un esposto presentato nel giugno scorso da Giorgia Meloni alla Procura nazionale antimafia per denunciare un presunto “uso criminoso” nella gestione delle domande presentate per favorire l'immigrazione clandestina, puntando in particolare il dito sulla Campania, dove secondo lei si sarebbe registrato un numero spropositato di domande a fronte di appena il 3% di contratti realizzati.
Accuse non supportate da nessuna prova concreta, peraltro ampiamente confutate dai sindacati e dalle associazioni di tutela dei migranti, che a loro volta ritorcono le accuse sul malfunzionamento del precedente decreto flussi del governo e sull'assurdo meccanismo del “click-day”, in cui i pochi posti messi a disposizione dal governo sono stati esauriti nei primi 4 minuti. Accuse che tuttavia, ora è più chiaro, servivano da propaganda per preparare il terreno a questo nuovo decreto, che non solo ripropone i difetti e le assurdità dell'attuale normativa in materia di flussi legali, ma sfrutta l'occasione per introdurre nuove e più vessatorie strette poliziesche contro le navi e gli aerei delle Ong e per identificare ed espellere più rapidamente i richiedenti asilo alle frontiere esterne della Ue o anche già approdati in Italia.
Il meccanismo assurdo e fallimentare dei flussi
Il decreto flussi 2024 è stato un flop, certificato dallo stesso ministero dell'Interno, secondo cui a fronte di 690 mila domande per 151 mila quote di ingresso disponibili (meno di un quarto della richiesta di mano d'opera), solo il 30% delle domande accettate hanno portato ad un contratto e al rilascio del permesso di soggiorno. Non molto diversamente dal 2023, quando secondo uno studio della campagna Ero straniero
, che raggruppa una serie di associazioni come A buon diritto, Asgi, Action aid, Oxfam, Arci e molte altre, le domande effettivamente portate a termine sono state il 23,5% dei 74.105 posti disponibili, cioè solo 17.435, a fronte 462.422 richieste. Non soltanto, cioè, i posti messi a disposizione dal governo sono troppo pochi rispetto alle richieste, ma di questi la stragrande maggioranza non vanno nemmeno a buon fine.
Per capire le cause di questo flop, e perché il nuovo decreto non cambierà sostanzialmente nulla, occorre capire il meccanismo attualmente in vigore sui flussi. Il problema nasce prima di tutto dall'assurdità di voler fare incontrare la domanda e l'offerta di lavoro a distanza. Come spiegava l'avvocata dell'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), Nazzarena Zorzella, sulla rivista Altra economia
del 12 giugno scorso, in Italia manca del tutto un sistema di regolarizzazione ad personam
, cioè la possibilità di avere un permesso provvisorio di soggiorno per ricerca lavoro a chi entra in Italia, e poi cerca e trova un lavoro e si regolarizza. Qualcosa del genere esisteva prima della legge xenofoba Bossi-Fini del 2002, che lo ha abolito perché considerato “troppo permissivo”, e permetteva di venire in Italia per trovare un lavoro entro un anno, sia pure all'interno di quote stabilite.
Adesso invece il lavoratore straniero deve trovarsi un datore di lavoro che lo chiami a distanza, e le possibilità sono due: o lo conosce (perché magari lavorava già con lui da irregolare, e quindi deve prima tornare in patria e poi affidarsi alla lotteria delle quote e del click-day per sperare di poter rientrare); o non lo conosce, e allora il lavoratore deve affidarsi a intermediari e sborsare migliaia di euro, rischiando anche di essere truffato da organizzazioni criminali. Inoltre la legge stabilisce che il migrante che ha avuto accettata la domanda deve ottenere il permesso di soggiorno provvisorio entro 60 giorni (che comunque può essere revocato in qualunque momento), ma poi le pratiche per perfezionare il contratto di lavoro e avere quello lavorativo richiedono di fatto tempi lunghissimi, non di rado fino ad un anno e anche più, e non c'è una clausola di silenzio-assenso che possa garantire al migrante il permesso di soggiorno se le pratiche non sono concluse entro un tempo ragionevole. E così, alla fine del calvario, capita spesso che il datore non si presenta alla firma del contratto, vuoi perché nel frattempo ha cambiato programmi, vuoi perché è cambiato il mercato, oppure ha fatto più richieste di quelle che effettivamente poteva assorbire, e così via.
Ci dovrebbero essere controlli preventivi efficaci sulla reale sostenibilità di queste aziende, ma già il governo Draghi aveva peggiorato la normativa spostando i controlli dall'Ispettorato del lavoro a privati legati alle stesse aziende, come avvocati e consulenti del lavoro, che ovviamente tendono a coprire i loro clienti. Il risultato di questo meccanismo infernale è che il migrante, che intanto è venuto in Italia, se non ottiene poi il contratto diventa ipso facto
un irregolare, costretto a darsi al lavoro nero o a cadere preda del lavoro schiavistico delle agromafie. Perfino se nel frattempo avesse trovato un altro datore disposto ad assumerlo, questo non cambia la sua condizione di irregolare. Ma la neofascista Meloni accusa gli stessi migranti e fantomatiche “infiltrazioni” della criminalità organizzata per nascondere il fallimento della sua stessa legislazione, scritta male e improntata a considerare l'immigrazione solo come un problema di “pubblica sicurezza”, invece che una risorsa per il Paese.
“Nessuna sanatoria”. E restano i click-day
Nell'incontro del 22 settembre col sottosegretario e consigliere di Meloni, Alfredo Mantovano, i sindacati avevano chiesto il completo superamento del meccanismo fallimentare del decreto flussi, con l'abolizione delle quote d'ingresso e del click-day, il trasferimento dal governo alle regioni della gestione dei flussi e la regolarizzazione degli immigrati che già lavorano in Italia, ma Mantovano aveva chiuso ogni spiraglio ribadendo che “non ci sarà alcuna sanatoria”, che le quote restano come sono e che l'abolizione del click-day è solo un “obiettivo” per il futuro e ciò vale anche per la programmazione regionale.
E infatti così è stato. Nel nuovo decreto flussi le quote restano a 452 mila ingressi per tutto il triennio 2023-2025, salvo l'introduzione di un canale sperimentale, per il solo 2025, di ingresso per un massimo di 10 mila unità per il settore dell'aiuto domestico (colf e badanti), per venire incontro alle pressanti richieste delle associazioni datoriali del settore, ma con esclusione del silenzio-assenso per l'esame delle domande e della concessione del nulla osta. E resta anche il click-day, con la sola differenza che ne saranno aggiunti altri per settori specifici.
Ci sono poi alcuni ritocchi al meccanismo delle chiamate, che sulla carta dovrebbero sveltire le procedure, come l'invio della documentazione in formato elettronico, la conferma della promessa di assunzione da parte del datore di lavoro prima del rilascio del visto di ingresso, il limite alle domande attivabili dallo stesso in proporzione alla situazione dell'azienda (ma si torna sempre al problema dei controlli) e il divieto di accedere al sistema per tre anni per quei datori che non rispettano la stipula del contratto.
E non c'è nessuna regolarizzazione per i migranti presenti in Italia. Ci sono solo un paio di misure propagandistiche per aggiungere un tocco “umanitario” al provvedimento, come la possibilità per i lavoratori stagionali di stipulare un nuovo contratto con lo stesso o con altro datore entro 60 giorni dalla scadenza del precedente contratto, senza dover tornare in patria, e un permesso di soggiorno per “casi speciali” per le vittime del caporalato che denunciano i responsabili degli abusi.
E in ogni caso la gestione dei flussi rimane saldamente nelle mani del ministro dell'Interno Piantedosi, evidenziando la completa sordità del governo alle richieste delle associazioni che difendono i diritti dei migranti, e persino di alcune associazioni datoriali e dell'Anci, a decentrare e democratizzare l'intero meccanismo dei flussi per far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro sul territorio, anziché a distanza come adesso. Ciò a conferma che per il governo neofascista Meloni il vero obiettivo non è questo, ma limitare il più possibile l'ingresso di migranti in Italia, e mantenere quelli già presenti in una perenne condizione di insicurezza, inferiorità e ricattabilità.
Più facile deportare ed espellere i migranti
Basta guardare infatti alle misure di stampo poliziesco fascista inserite nel decreto, che vanno a rinforzare quelle dei già famigerati decreto Cutro e decreto Ong. Intanto, con una modifica al decreto Lamorgese del 2020, si ridefiniscono “i requisiti che le operazioni di salvataggio devono rispettare ai fini della loro liceità”, aggiungendo la condizione che “non pongano a repentaglio l’incolumità dei migranti”: clausola generica studiata ad hoc per poter restringere ulteriormente l'operatività delle navi Ong, estendibile fino al divieto di avvicinarsi alla barca da soccorrere. Così come la clausola che obbliga gli aeromobili delle stesse a segnalare immediatamente gli avvistamenti alle autorità competenti e sottostare alle loro indicazioni, invece che alle loro navi, così da limitarne ulteriormente l'autonomia di iniziativa; pena sanzioni fino a 10 mila euro e il fermo del velivolo, e così della nave. Viene anche ridotto da 60 a 10 giorni il tempo per far ricorso contro il fermo delle navi, rendendolo praticamente quasi impossibile.
Direttamente contro i migranti ci sono poi altre misure, a cominciare dall'introduzione di un'ulteriore ipotesi di respingimento con accompagnamento alla frontiera contro coloro che siano “rintracciati, anche a seguito di operazioni di ricerca o soccorso in mare, nel corso delle attività di sorveglianza delle frontiere esterne dell'Unione europea” (e non più solo quando mettono piede sul suolo italiano), pensata apposta in coincidenza dell'inaugurazione del primo dei due lager italiani per deportare i migranti Albania, salutato come un “modello” per tutta l'Europa anche dalla guerrafondaia e filosionista Ursula von der Leyen.
Nella stessa logica persecutoria e fascista rientrano anche l'allargamento dei casi in cui è previsto il ritiro della domanda di protezione internazionale, il dimezzamento da 14 a 7 giorni del tempo per ricorrere contro il rigetto della domanda, il trattenimento del richiedente asilo se non identificabile, o se “non presta idonea garanzia finanziaria” (insistendo sulla linea illegale già bocciata a livello europeo e da diversi tribunali italiani), l'obbligo di fornire impronte digitali per chi chiede il visto nazionale (finora limitato ai visti Schengen), e la facoltà per le autorità di polizia di ispezionare i cellulari e gli altri dispositivi elettronici dei migranti che non forniscono documenti validi.
C'è una sola, semplice alternativa di sinistra possibile, alla linea razzista, xenofoba e razzista, oltreché fallimentare nei fatti, del governo Meloni sulla questione dei migranti: aprire le frontiere e abolire le quote, con la possibilità di accesso legale per tutti i migranti che vogliono venire a lavorare in Italia, fornendoli di un permesso di soggiorno per ricerca lavoro e corsi di lingua e di formazione per facilitare il loro inserimento nel mercato del lavoro. E con la regolarizzazione di tutti i migranti irregolari che sono già inseriti e la concessione del permesso per ricerca lavoro a quelli che non sono ancora inseriti.
16 ottobre 2024