Sulla reindustrializzazione dell'ex Gkn
Il 30 settembre si è conclusa con un successo superiore alle previsioni la campagna di azionariato popolare solidale, che ha raccolto oltre un milione di euro, per la reindustrializzazione della ex Gkn di Cambi Bisenzio (Firenze), promossa dal collettivo di fabbrica dei lavoratori attraverso la costituenda Cooperativa ex-Gkn for future (Gff), e la Società operaia di mutuo soccorso (Soms) “Insorgiamo”.
L'iniziativa fa seguito all'approvazione, da parte dell'Assemblea nazionale dei lavoratori dell'ex Gkn del 9 ottobre 2022, del progetto di reindustrializzazione per realizzare una fabbrica pubblica e socialmente integrata, fondato su produzioni orientate alla transizione ecologica, come la produzione di cargo-bike (di cui è già stato sviluppato un prototipo) e di pannelli fotovoltaici e batterie realmente ecosostenibili. Una fabbrica, come spiega Dario Salvetti, portavoce del collettivo di fabbrica ex Gkn, in un articolo su Il Fatto Quotidiano
del 23 settembre, “sotto controllo operaio da parte della cooperativa dei lavoratori, sotto controllo sociale da parte dell’azionariato popolare, pubblica nella finalità produttiva e nella proprietà (proponiamo la creazione di un consorzio regionale pubblico)”.
Nel congratularci con i lavoratori ex Gkn per questo significativo traguardo raggiunto nella loro esemplare lotta di lunga lena per salvare i loro posti di lavoro e questa importante realtà produttiva, cogliamo l'occasione per invitarli a condividere una riflessione che l'avvenimento ci suggerisce.
Il mutualismo come strategia politica generale?
Nell'articolo Salvetti enumera cinque ragioni che motivano questa battaglia, che a suo avviso sono le seguenti: perché crea “un'alternativa alla prerogativa distruttrice del mercato”; perché “mostra la via e la praticabilità di un intervento pubblico virtuoso”, proprio nel settore automotive e contro “l'arroganza dei suoi big, a partire da Stellantis”; perché “mette in luce le possibilità e contemporaneamente tutta l’incapacità di questo sistema a svolgere la transizione ecologica”; “perché la cooperazione e il mutualismo, di fabbrica e di comunità, avrebbero sbarrato il passo a speculazione e multinazionali”; “perché l’intervento pubblico non avverrebbe, come oggi, socializzando le perdite del capitale, ma per dare impulso a una politica industriale pubblica”.
Dopodiché così conclude: “Loro – tavoli ministeriali, proprietà dell’azienda, fondi speculativi, sistema dell’automotive – hanno scelto di essere il nulla. E ci hanno costretto ad essere tutto: lotta, democrazia partecipativa, intervento pubblico, mutualismo, reindustrializzazione ecologica. Forse la vittoria della ex Gkn non costituirebbe un modello replicabile, ma sicuramente sarebbe un esempio contagioso, di alternativa, qui e ora”.
Quindi il concetto che Salvetti vuol trasmettere in questa sua esposizione è che l'operazione di azionariato popolare per la reindustrializzazione che il collettivo di fabbrica sta portando avanti non è legata specificamente alla situazione dell'ex Gkn e solo alla lotta per salvare quella fabbrica e quei posti di lavoro, ma può costituire un esempio per tutte le crisi aziendali che ci sono o ci saranno in Italia. Non solo, ma tale esempio è anche suggerito, di fatto, come un modello di strategia politica generalizzabile. Infatti si basa, secondo le sue stesse parole, su principi non soltanto economici ma anche tipicamente politici di “lotta, democrazia partecipativa, intervento pubblico, mutualismo, reindustrializzazione ecologica”.
L'esempio della fallita “via italiana al socialismo”
In sostanza, tenendo conto anche dei cinque motivi che secondo Salvetti ne fanno un esempio generalizzabile, con tale strategia basata sulla cooperazione e il mutualismo si potrebbe costruire nientemeno che un'“alternativa, qui ed ora”, alle cieche leggi del mercato capitalistico, battere la speculazione finanziaria e le multinazionali e affermare nell'Italia neoliberista di oggi una vera politica industriale pubblica. Unendo i puntini sparsi delle sue argomentazioni, partendo da un “modello forse non replicabile”, si arriva infatti ad una linea politica di “alternativa” riformista “qui ed ora” al vigente sistema economico liberista, ma senza mettere in discussione il capitalismo come sistema dominante, che non viene neanche nominato se non alludendovi attraverso le sue articolazioni del mercato, delle speculazioni finanziarie e delle multinazionali. E ciò saltando a pie' pari tutta l'esperienza storica e gli insegnamenti del movimento operaio internazionale, e in particolare la questione fondamentale del socialismo e della conquista del potere politico da parte del proletariato, che sono la sola vera alternativa possibile al capitalismo.
Come dimostra quell'esperienza, il mutualismo e le cooperative, pur avendo svolto nella fase storica iniziale del movimento operaio una funzione positiva per difendersi dalle condizioni bestiali di sfruttamento del capitalismo liberista e di mancanza dei più elementari diritti sociali dei lavoratori, non hanno mai portato di per sé ad un cambiamento nei rapporti di forza tra le classi e mutato le leggi spietate dello sfruttamento, del profitto e del mercato capitalisti. Basta guardare alla storia della togliattiana e fallimentare “via italiana al socialismo”, basata sulle “riforme di struttura” e fondata sulla concezione gramsciana della conquista graduale delle “casematte” economiche, politiche e culturali della società borghese attraverso una lunga “guerra di posizione”, contentandosi di erodere spazi all'interno del sistema capitalista piuttosto che porsi la questione fondamentale del suo abbattimento.
Quella stessa “via italiana al socialismo” di cui fra l'altro le cooperative dovevano formare il nucleo principale destinato a rimpiazzare gradualmente la proprietà privata capitalista. Anzi, al contrario, oggi assistiamo al sistema delle cooperative che sono diventate in tutto e per tutto paragonabili alle grandi aziende private, spinte anch'esse dalla ricerca del massimo profitto e pienamente integrate nel mercato capitalistico. Oppure vediamo tante piccole e medie cooperative di servizi che servono soltanto a mascherare situazioni di lavoro nero e supersfruttamento, per non parlare di malaffare come nel caso dell'inchiesta su Mafia capitale.
La questione ineludibile del partito del proletariato
E' evidente che ci sono anche casi virtuosi, come le cooperative messe in piedi da lavoratori di aziende in crisi per cercare di salvare il posto di lavoro, ma è illusorio pensare che estendendo e generalizzando queste esperienze, per quanto avanzate siano come lo è questa per la reindustrializzazione dell'ex Gkn, si possano costruire isole produttive pubbliche, solidali e sociali, che riescano a convivere con il mercato capitalista, fondato sullo strapotere delle grandi aziende monopolistiche che impongono i prezzi e sulla concorrenza spietata tra i piccoli produttori. Ancor più utopistico e illusorio è pensare che costruire una rete di queste esperienze mutualistiche, sperando nell'aiuto pubblico, possa costituire addirittura un'alternativa di sistema al regime capitalista neofascista italiano. Tanto meno oggi, che con la neofascista Meloni assistiamo al ritorno di Mussolini al governo nelle vesti femminili, democratiche e costituzionali.
Soprattutto non si può cercare illusorie scorciatoie, se si vuole cambiare veramente la società e l'Italia, per eludere la questione fondamentale che storicamente si è sempre posta all'attenzione del movimento operaio per cambiare la società: quella di avere un partito proletario e rivoluzionario, il cui nucleo principale sia formato dalle operaie e dagli operai più coscienti e avanzati, e un sindacato fondato sulla democrazia diretta e le assemblee generali delle lavoratrici e dei lavoratori, per poter condurre fino in fondo la lotta di classe e guidare il proletariato alla conquista del potere politico e del socialismo.
Che l'“alternativa” mutualistica al capitalismo implicita nelle tesi di Salvetti sia una vecchia bandiera dell'anarco-sindacalismo, dell'operaismo, dello spontaneismo e del riformismo, per negare la necessità del partito come avanguardia cosciente ed organizzata della classe operaia, emerge con ancora più chiarezza in un intervento di Stefano Rota del 25 settembre su Comune-info.net
, un sito che accoglie articoli di noti operaisti, leader anarchici di centri sociali, riformisti, tra cui Paolo Cacciari, Guido Viale, Franco Berardi Bifo, Luca Casarini, Maurizio Acerbo, Alex Zanotelli e altri. Riferendosi proprio ad un recente incontro pubblico con i rappresentanti del collettivo ex Gkn ai Giardini Luzzati di Genova, Rota esalta infatti il concetto di mutualismo emerso più volte nel dibattito, ma non tanto come “esempio di organizzazione dal basso di solidarietà e sostegno a coloro che, per varie ragioni, si trovano in difficoltà”, quanto perché lo considera “una pratica fondamentale per dare vita a quello che molti studiosi hanno definito il potere costituente”; cioè una “pratica fondamentale […] dove si può 'frequentare il futuro': non immaginarlo, non sublimarlo, ma viverlo oggi”. La cui forma organizzativa, aggiunge, “non credo possa essere la 'forma partito', per lo meno come siamo abituati ad intenderla”.
Fare un bilancio dell'esperienza del movimento operaio
C'è poco da fare: a parte cercare di superare con strumenti solidaristici certe situazioni di difficoltà, come quella in cui si trova la lotta dei lavoratori ex Gkn a causa del cinismo della proprietà e del disinteresse delle istituzioni, in una prospettiva strategica il mutualismo non può dare un futuro e il potere alla classe operaia. E' una vecchia ricetta riformista già tentata e fallita più volte nella storia del movimento operaio, e oggi portata avanti in particolare da Potere al Popolo, che non è mai riuscita a scalfire in maniera significativa il potere padronale e della classe dominante borghese, neanche quando nella seconda metà dell'800 il movimento mutualistico e cooperativo aveva raggiunto il suo apice. Se si fa un bilancio serio dell'esperienza del movimento operaio internazionale e italiano questa verità non può non balzare agli occhi.
Nel sottolineare il valore esemplare della battaglia dei lavoratori della Gkn come “modello avanzato di conduzione delle lotte sindacali”, nel discorso tenuto il 12 settembre 2021 alla Commemorazione di Mao per il 45° Anniversario della sua scomparsa, il Segretario generale del PMLI, Giovanni Scuderi, ha detto: “Le nuove generazioni del proletariato italiano sono oggettivamente anticapitaliste, per natura, per la collocazione nella produzione, per l’esperienza nelle fabbriche e per come sono trattate dai padroni. Ma non hanno ancora maturato una coscienza e un comportamento rivoluzionario anticapitalista, mancando loro la cultura marxista-leninista-pensiero di Mao e la conoscenza della proposta e della linea del PMLI, e poiché sono subissate dalla propaganda borghese riformista. È come se il proletariato dei nostri tempi vivesse in una condizione pre-marxista, cioè prima di aver maturato la coscienza di essere una classe per sé, una classe generale che ha il compito di liberarsi dalle catene del capitalismo, della dittatura borghese e di conquistare il potere politico. Tuttavia, nelle recenti battaglie sindacali, in particolare in quella della GKN, sono emersi dei germi spontanei di questa coscienza di classe che, se saputi coltivare dai marxisti-leninisti, possono diventare coscienti e stabili e svilupparsi fino a generalizzarsi a catena in altre fabbriche.
In questo quadro la battaglia della GKN ha un valore politico e sindacale nazionale di fondamentale importanza e pertanto dobbiamo continuare a sostenerla con tutte le nostre forze, a costo di qualsiasi sacrificio
”.
Perciò è un bene che i lavoratori dell'ex Gkn continuino a portare avanti la loro esemplare lotta con tutti i mezzi utili alla vittoria, compresa la sperimentazione della via mutualistica e cooperativa. Ma allo stesso tempo li invitiamo a non farsi illusioni riformiste sul falso valore politico alternativo al capitalismo di questa via, e a riflettere seriamente sul problema più generale di elevare la coscienza di classe del proletariato affinché diventi classe per sé e della conquista del potere politico, che è la vera e unica via per la sua emancipazione dallo sfruttamento e dall'oppressione del capitalismo.
16 ottobre 2024