L'ultima lotta di Mao, quella contro Deng Xiaoping
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Qui di seguito parte della autobiografia di Deng Xiaoping scritta fra il luglio e l'agosto del 1968 e la lettera scritta
a Mao in data 3 agosto 1972 in cui più volte esalta la Rivoluzione culturale proletaria e il pensiero di Mao. Di seguito pubblichiamo le critiche di Mao a Deng.
Deng Xiaoping è il principale responsabile della restaurazione del capitalismo in Cina. Fin dall'VIII Congresso nazionale del Partito comunista cinese, svoltosi nel settembre 1956, ha manovrato, in combutta con Liu Shaoqi, contro la costruzione del socialismo in Cina. Egli è il maestro di Xi Jinping, attuale presidente del CC del PCC e della Cina socialimperialista.
Deng all'inizio della Rivoluzione culturale proletaria, lanciata da Mao e dal CC del PCC il 16 maggio 1966, fu duramente criticato e gli fu imposto di lavorare come operaio per trasformare la sua concezione del mondo.
Parlando di lui nel discorso di apertura alla XII Sessione plenaria dell'VIII CC del PCC, il 13 ottobre 1968 Mao ha detto: “
Deng Xiaoping dice di non dover ammettere molti problemi storici, eccetto la sua diserzione dal VII Corpo d’armata.
Il problema principale è che aveva creato un regno indipendente a Pechino, non ascolta le critiche, sosteneva di non monopolizzare il potere, mentre in realtà era un cospiratore al soldo del quartier generale di Liu Shaoqi. Eppure a volte lo andavo a trovare per dirgli qualche parola. Nel corso della Guerra di Resistenza contro il Giappone e della Guerra di Liberazione ha combattuto il nemico, ma non ha fatto venire alla luce la questione della sua diserzione, del suo abbandono del campo di battaglia. Si tratta di un errore non piccolo. Ha scritto un’autocritica autobiografica8, che si potrebbe far circolare affinché possiate darle un’occhiata. Inoltre ha chiesto di non essere espulso dal Partito e che sarebbe meglio trovargli un posto di lavoro. Quando dico che dovrebbe andare a lavorare, molti compagni scuotono la testa. Ma un gran carico di lavoro è ben difficile da svolgere! Io sono dell’idea che potrebbe proprio andar bene anche un lavoro da archivista.”
Deng riappare in pubblico il 22 febbraio 1973 per la prima volta dal 1967. Il CC del PCC il 10 marzo 1973, partendo dal presupposto che Deng avesse “fatto l'esame dei suoi errori e manifestato la ferma volontà di correggerli”, decide di ripristinare la partecipazione di Deng alla vita organizzativa del Partito. Viene rieletto al X Congresso nazionale del PCC membro del CC, che a sua volta lo riammette nell'Ufficio politico. Successivamente in occasione della IV Assemblea popolare nazionale è promosso a vicepresidente del CC del PCC e a vice primo ministro.
Deng approfitta di questo suo potere per avviare la politica del “riordino” economico contro il presunto “caos” esistente nel Paese, in realtà per restaurare il capitalismo. E cerca di nascondere questo suo obiettivo sostenendo che era necessario prendere “come asse” le tre direttive date da Mao nel 1974, e cioè “lotta di classe, stabilità e miglioramento economico”. Mettendo però tutti e tre gli elementi sullo stesso piano. Mao ravvede l'inganno e lo denuncia:
“Cosa significa prendere le tre direttive come asse? Stabilità e unità non vogliono dire che la lotta di classe è scomparsa: la lotta di classe è l'asse attorno a cui ruota tutto il resto.
”
Sottoposto a critica da parte dell'Ufficio politico nel novembre 1975, Deng si autocritica una prima volta il 20 dicembre e una seconda volta il 3 gennaio 1976, in quanto la prima critica era stata giudicata insufficiente. Il 25 febbraio 1976 l'Assemblea di aggiornamento criticò pubblicamente gli errori di Deng in un documento che fu poi diffuso in tutto il Paese. Il 3 marzo venivano diramate le “Direttive importanti del presidente Mao” in cui Deng era criticato pubblicamente.
Ciò nonostante Mao tenta ancora di recuperare Deng invitandolo a presiedere la Commissione per redigere una risoluzione ufficiale per fare il bilancio della Rivoluzione culturale proletaria. Deng si rifiuta perché ciò avrebbe portato allo scoperto la sua contrarietà alla linea di Mao. Cosicché nel novembre 1975 inizia la campagna contro il vento deviazionista di destra teso a rovesciare i verdetti.
Dietro il pretesto di commemorare Zhou Enlai, morto in gennaio, Deng, in occasione della festa cinese dei defunti nei primi giorni dell'aprile 1976, da dietro le quinte scatena i moti armati controrivoluzionari di piazza Tienanmen. In conseguenza di ciò il 7 aprile il CC del PCC, su proposta di Mao, destituisce Deng da tutti gli incarichi all'interno e all'esterno del Partito.
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Autocritica di Deng Xiaoping del 1968
Dopo il mio arrivo a Pechino nel 1952, e specialmente nei dieci anni successivi alla mia elezione a segretario generale del CC all’VIII Congresso, la mia mente si è progressivamente svuotata di contenuti proletari, riempiendosi sempre più di contenuti borghesi. Da un cambiamento quantitativo sono passato ad un cambiamento qualitativo e questo sviluppo mi ha portato ad applicare una linea reazionaria borghese e ad aggiungermi al gruppo dei principali dirigenti del Partito che hanno intrapreso la via capitalista.
Nel periodo di preparazione dell’VIII Congresso, fui incaricato della revisione dello Statuto. Nel corso di questo lavoro di revisione, fu cancellata dallo Statuto la clausola, inserita dal VII Congresso, che indicava nel pensiero di Mao Zedong il pensiero guida del Partito. Pur non avendola proposta, fui io ad approvare la distorsione di questa importante questione di principio. Questo mio crimine ha arrecato un enorme danno al Partito, al popolo ed alla costruzione del socialismo. All’VIII Congresso, tenni il rapporto sulla revisione dello Statuto a nome del CC e commisi l’errore di valutare il XX Congresso del PCUS come un grande avvenimento, nonché l’errore di sollevare la questione della lotta contro il culto della personalità. Questo rapporto fu il prodotto del lavoro di una decina di persone e questi punti nel merito non furono redatti da me e mi pare di ricordare che ci si fosse basati su un articolo sull’esperienza storica della dittatura del proletariato, ciononostante io, in qualità di incaricato del lavoro di redazione della bozza, non posso non essere considerato il principale responsabile. Questo fu un errore dovuto alla rinuncia dei principi.
Analizzando la lista dei candidati al CC sottoposta all’VIII Congresso e se fosse il caso di proporre certi individui che si erano resi rei di comportamenti da rinnegati in passato e che, nell’attività a lungo termine, avevano continuato a darne prova, io ero allora dell’idea che per alcuni si potessero adottare misure speciali che gli permettessero di candidarsi al Comitato Centrale. Subito dopo, An Ziwen ed altri presentarono un documento estremamente errato che violava completamente i principi organizzativi del Partito, consentiva a certi individui di strisciare nell’apparato dirigente del Partito a tutti i livelli e spalancava loro le porte. Essendo il principale responsabile del lavoro di preparazione dell’VIII Congresso, fui io ad approvare questo documento, perciò è su di me che dovrebbe ricadere tale grave responsabilità. Ricordo che, dopo la resa dei giapponesi, io e Bo Yibo violammo i principi organizzativi del Partito e permettemmo al traditore Liu Daifeng di entrare nel Partito, benché occorresse l’approvazione delle istanze superiori. Anche questo, ripensandoci, è un errore politico che ha le medesime caratteristiche delle questioni succitate. Si è trattata di una violazione diretta del chiaro principio esposto dal Presidente nel dicembre 1940 in Sulla politica
: “Ai rinnegati
(…) se essi si correggeranno e si schiereranno di nuovo con la rivoluzione, noi dobbiamo accoglierli, senza però riammetterli nel Partito”
.
I crimini più fondamentali e più gravi commessi nei dieci anni in cui sono stato segretario generale, sono non aver messo le politiche proletarie al primo posto, non aver piantato i semi del pensiero di Mao Zedong e, in generale, non aver compreso la grande importanza del pensiero di Mao Zedong per la rivoluzione cinese e mondiale. Non ho intrapreso né uno studio coscienzioso né un lavoro coscienzioso di propaganda e non ho mai parlato di come approfondire la propaganda del pensiero di Mao Zedong.
Quando, nel 1958, fu realizzata la collettivizzazione dell’agricoltura, io ne fui davvero felice, ma la mia posizione di classe cominciava ad affievolirsi. Così, nel periodo successivo, adottai sempre una posizione piuttosto di destra sulle questioni riguardanti la lotta di classe, e lo stesso avvenne in merito alle questioni della lotta fra le due linee e fra le due vie, così come della lotta all’interno del Partito (la lotta di classe che si riflette nel Partito).
Nel 1961 presi parte all’elaborazione dei settanta punti della bozza di regolamento dell’amministrazione industriale. Questo documento non metteva in chiaro il ruolo dirigente della politica, cioè il ruolo dirigente del pensiero di Mao Zedong, e conteneva un gran numero di errori per i quali devo essere ritenuto il principale responsabile.
Nel 1962, mentre soffiava il vento dell’agricoltura privata, approvai per l’Anhui il “sistema di responsabilità famigliare”, rivolto alla distruzione dell’economia collettiva socialista, avvallando di fatto la pratica criminale dell’agricoltura privata, e commisi svariati altri errori come pronunciare la frase: “Non importa che il gatto sia bianco o nero, l’importante è che acchiappi i topi”. In quegli anni si verificò anche l’errore di “alta produzione, alte requisizioni statali” e ogni anno presi parte alla programmazione delle requisizioni statali. Inoltre feci ritirare certi progetti di costruzione che non andavano ritirati. In qualità di segretario generale, sono io a detenere le maggiori responsabilità per questi errori.
All’inizio del movimento di educazione socialista nel 1963, dato che il Presidente aveva personalmente formulato i dieci punti, nei quali la lotta di classe e la lotta fra le due vie erano indicate con assoluta chiarezza come i legami chiave, e in cui si elaborava una serie di teorie, linee guida, politiche e metodi completi e corretti, non c’era assolutamente alcun bisogno di redigere altri dieci punti, che furono del tutto sbagliati. Io presi parte alla realizzazione dei dieci punti alternativi a Hangzhou, quindi devo essere ritenuto massimamente responsabile degli errori di questo documento.
Nei dieci anni in cui ho presieduto il lavoro della Segreteria, i problemi non venivano risolti né sollevati sistematicamente e non si presentavano rapporti né si chiedevano istruzioni al presidente Mao: questo è un metodo organizzativo inammissibile ed è un tipico errore da regno indipendente. All’inizio del 1965, il grande dirigente il presidente Mao mi criticò per avere costituito un regno indipendente, ma allora mi consolavo dicendomi che non ero alla ricerca di potere, e questo è un errore estremamente grave. Di recente sono arrivato a capire che un regno indipendente non può esistere senza un contenuto politico e ideologico e che non è soltanto un problema metodologico. Un regno indipendente non può che essere un quartier generale borghese. I problemi emersi con certi membri della Segreteria come Peng Zhen, Huang Kecheng, Luo Ruiqing, Lu Dingyi e Yang Shangkun, sono collegati ai miei errori di non aver dato la massima importanza alle politiche proletarie e non aver dato la massima importanza al pensiero di Mao Zedong, il cui esito è stato che anche io sono degenerato fino a cadere fra le fila dei revisionisti. Nella Segreteria, ho riposto eccessiva fiducia in Peng Zhen e gli ho assegnato troppe mansioni e non sono riuscito nemmeno a gestire tempestivamente né coscienziosamente la questione delle microspie di Yang Shangkun. Sono io che detengo la massima responsabilità politica per tutti questi fatti. Nel corso della lotta contro Luo Ruiqing, ho commesso il medesimo intollerabile errore.
Tutti questi fatti dimostrano che, in ogni importante congiuntura storica e nel corso della lotta di classe, della lotta fra le due vie e della lotta fra le due linee, io non sono stato dalla parte del proletariato, bensì da quella della borghesia; non dalla parte della linea proletaria rivoluzionaria del presidente Mao e della via socialista, ma da quella della linea borghese e della via capitalista.
All’inizio della Grande Rivoluzione culturale, io e Liu Shaoqi fummo per la linea borghese reazionaria di ricorrere alla repressione delle masse rivoluzionarie e della sinistra rivoluzionaria e strangolare i movimenti di massa e la Grande Rivoluzione culturale. Solo dopo la pubblicazione del manifesto murale a grandi caratteri del presidente Mao, Fuoco sul quartier generale
, cominciai ad avvertire la gravità dei miei problemi. Le masse rivoluzionarie hanno smascherato gli errori e i crimini da me commessi negli anni sotto ogni aspetto e solo allora, a poco a poco, sono riuscito a svegliarmi. Sinceramente e incondizionatamente accetto le critiche e le denunce che mi sono state rivolte dal Partito e dalle masse rivoluzionarie. Al pensiero che i miei errori e crimini hanno arrecato danno alla rivoluzione, provo vergogna e rammarico. Sono del tutto d’accordo sul fatto che persone come me sono maestri negativi e che bisogna proseguire e approfondire la critica nei miei confronti per mondare il veleno e l’influenza negativa che ho sparso negli anni. Secondo me, la Grande Rivoluzione culturale mi ha salvato prima che sprofondassi ancor più nell’abisso.
Sono membro del Partito da più di quarant’anni, ma siccome non sono riuscito a trasformare la mia concezione borghese del mondo, sono divenuto uno dei massimi dirigenti del Partito che hanno intrapreso la via capitalista. La mole di fatti esposti dalle masse rivoluzionarie mi consentono di tornare a guardarmi allo specchio e vedere le mie vere fattezze. Da tempo ho tradito la fiducia e le aspettative che il Partito ed il presidente Mao avevano riposto in me. Guardo al mio passato con profonda tristezza. Spero che, negli anni che mi restano, riuscirò a ricominciare daccapo, ad essere una persona perbene, a usare diligentemente il pensiero di Mao Zedong per trasformare la mia concezione borghese del mondo. Non ci vuole molto per trattare gente come me. Prometto che non rivedrò mai il verdetto emesso su di me, perché non voglio finire per diventare un dirigente che ha irriducibilmente intrapreso la via capitalista. La mia suprema speranza è di poter restare nel Partito e chiedo che mi sia assegnato un lavoretto per poter cominciare a fare ammenda per i miei errori. Saluto calorosamente l’immensa vittoria della Grande Rivoluzione culturale proletaria.
Lettera di Deng Xiaoping a Mao del 1972
Presidente,
l’altro ieri, ascoltare per la quarta volta, insieme a tutti i colleghi, i capi d’accusa riguardo le congiure e il tradimento della cricca antipartito e controrivoluzionaria di Lin Biao e il materiale riguardante la storia anticomunista, trotzkista, da traditore, da spia e revisionista di Chen Boda, mi ha fatto pensare che, se non fosse stato per l’incomparabile specchio rivelatore rappresentato dalla Grande Rivoluzione culturale e da un così esteso movimento di massa, che ha permesso di rivelare così rapidamente le vere fattezze di questi archetipi di mostri e demoni, e se non fosse stato per l’acume del Presidente, il quale ha smascherato tempestivamente la loro essenza reazionaria e la loro estrema pericolosità partendo dalla loro concezione del mondo, dalle loro opinioni politiche e dai loro complotti, e che li ha portati rapidamente alla luce del sole, se quindi costoro fossero riusciti a prendere completamente nelle loro mani il potere supremo del Partito e dello Stato, allora non solo nella nostra patria socialista si sarebbe verificata la restaurazione del capitalismo, ma il nostro Paese sarebbe addirittura sprofondato di nuovo in una condizione semicoloniale, ed è impossibile pensare quanti ci avrebbero rimesso le penne. Non vi è alcun dubbio che il popolo rivoluzionario e gli autentici comunisti prima o poi si sarebbero sollevati contro di loro e avrebbero restaurato la dittatura del proletariato e il sistema socialista, ma ciò sarebbe avvenuto tramite un processo storico di controrestaurazione assai lungo e doloroso! Solo evocare questa possibilità con le parole o con il pensiero, fa tremare dalla testa ai piedi. L’incommensurabilmente Grande Rivoluzione culturale proletaria, dopo aver rovesciato il quartier generale borghese controrivoluzionario di Liu Shaoqi, ha anche abbattuto questa cricca controrivoluzionaria di Lin Biao e Chen Boda, liberando nuovamente il Partito e lo Stato dal pericolo più grande. Ciò mi fa sentire il bisogno irrefrenabile di salutare con entusiasmo la grande vittoria della Grande Rivoluzione culturale e del pensiero di Mao Zedong.
Riguardo Lin Biao e Chen Boda, io non dispongo di materiale importante che potrei denunciare. In particolare, non so assolutamente nulla della loro storia e non posso fare altro che riportare alla memoria alcune delle impressioni che mi diedero.
Per quanto concerne Lin Biao, ero convinto che fosse un comandante militare molto capace. Non credevo fosse un generale sempre vittorioso, perché non esistono generali che non hanno mai perso una battaglia e, in effetti, nemmeno lui le aveva vinte tutte, ma ritenevo comunque che fosse un esperto di affari militari. Anche il suo atteggiamento solitario e taciturno, per me, era un buon segno. Ero al corrente che, storicamente, aveva commesso due errori: uno, durante la Lunga Marcia, quando aveva fatto asse con Peng Dehuai contro la direzione del presidente Mao; Lin Biao si è sempre coperto di lodi per aver combattuto Peng Dehuai, ma in realtà, in quel momento cruciale così complesso, si era messo in combutta con lui in un’alleanza segreta, e chissà cosa sarebbe accaduto se non fosse stato per il prestigio e la forte direzione del Presidente. L’altro errore fu commesso durante la campagna per resistere agli USA e aiutare la Corea, un altro momento cruciale, quando questi ancora una volta si oppose apertamente alle misure politiche di estrema importanza prese dal Presidente, e addirittura, pur essendo ben più indicato di Peng Dehuai, si rifiutò di andare in Corea; in realtà, aveva paura degli Stati Uniti, non credeva nella possibilità di sconfiggere l’imperialismo americano in battaglia e non aveva nessuna fiducia nelle sue vere capacità. Questi due casi, fino all’XI Sessione plenaria dell’VIII CC, erano nell’aria di tutte le autocritiche, ma lui li sminuì.
Dopo la Liberazione nazionale, grazie ad alcuni fatti, mi resi sempre più conto che si trattava di un individuo che covava invidia e risentimento. Fu il suo atteggiamento nei confronti dei compagni Luo Ronghuan e Liu Bocheng a farmelo capire. I metodi di insegnamento impiegati dal compagno Liu Bocheng all’Accademia militare non erano scevri da difetti ed errori, che andavano certamente criticati, ma Lin Biao, in combutta con Peng Dehuai, gli mosse una critica che non sembrava affatto avere l’obiettivo di aiutarlo: al contrario, il discorso di Lin alla riunione allargata della Commissione militare aveva più i toni dell’accusa e dell’attacco, tanto che i due arrivarono perfino a dire che il contributo di Liu alla II Armata di campo era stato pressoché nullo. Così dicendo, sembrava che io fossi stato l’unico ad avere dato dei contributi utili. Allora intervenni e dissi che, senza un comandante così abile come lui, io come commissario politico avrei potuto fare ben poco (ricordo di averlo detto anche in Comitato permanente). Naturalmente, Lin Biao non ne fu felice. Il compagno Luo Ronghuan e Lin Biao erano compagni d’armi di lunga data ed erano sempre andati molto d’accordo. La generosità sincera e onesta del compagno Luo Ronghuan verso gli altri è risaputa e il suo prestigio fra i quadri era notevole. Lin Biao ebbe a dire che, quando i quadri della IV Armata avevano bisogno di qualcosa, cercavano Luo, e non lui. Negli anni ’50, non ricordo di preciso quando, il compagno Luo Ronghuan disse che, nella campagna per diffondere il pensiero di Mao Zedong, l’insistenza di Lin Biao sui tre vecchi articoli era una volgarizzazione del pensiero di Mao Zedong. Lin Biao andò su tutte le furie e ruppe i rapporti con lui. Circa invece i rapporti con He Long, sono di dominio pubblico.
Per quanto riguarda la questione Luo Ruiqing, io ho sbagliato. Prima che la questione venisse alla ribalta, avevo sempre pensato che il rapporto fra Luo Ruiqing e Lin Biao fosse indistruttibile e avevo sempre visto Luo come il secondo di Lin. Del resto, era stato Lin a consigliare Luo per il posto di capo di Stato maggiore, quindi non dovevano esserci problemi. Per questi motivi, quando Lin Biao sollevò la questione Luo Ruiqing agli inizi del 1966 con tanta gravità, mi parve un fatto improvviso. Inoltre, quando Ye Qun mi raccontò di come Luo Ruiqing si era opposto a Lin Biao e aveva tentato di usurparlo, discorso che ella infarcì di frasi che Luo avrebbe pronunciato contro di me, mi sentii a disagio e ritenni che nelle sue parole c’era un che di personale e considerai il metodo come un metodo da attacco a sorpresa. Ciò influenzò notevolmente gli errori imperdonabili da me commessi nella gestione del caso Luo.
A proposito di Lin Biao che teneva alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Zedong, adesso è chiaro che il suo scopo reale era di opporsi alla bandiera rossa, prepararsi ad usurpare il potere, rovesciare la dittatura del proletariato e restaurare il capitalismo, e questo nonostante che a me fosse sempre parso un elemento corretto e giusto, molto migliore di me. Uno degli errori più gravi da me commessi in passato, consiste proprio nel non aver tenuto alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Zedong. Ciononostante, su due punti io non sono mai stato d’accordo. Il primo è l’insistenza di Lin Biao sui tre vecchi articoli e il suo ripetere che i tre vecchi articoli potevano bastare; io credo che il pensiero di Mao Zedong sia lo sviluppo completo del marxismo-leninismo su tutti i campi, quindi limitarsi ai tre vecchi articoli significa non considerare e impiegare il pensiero di Mao Zedong da un punto di vista complessivo, significa ridurlo e volgarizzarlo. In secondo luogo, ho sempre avuto l’impressione che il metodo di Lin Biao separasse il pensiero di Mao Zedong dal marxismo-leninismo, e anche questo significa ridurre l’importanza del pensiero di Mao Zedong, in particolare inficiandone il ruolo nel movimento comunista internazionale e nel movimento antirevisionista mondiale. Questo lo capii grazie al comportamento dei compagni albanesi ed è per questo che ho sempre insistito che il pensiero di Mao Zedong è la continuazione, la difesa e lo sviluppo del marxismo-leninismo.
Circa la costruzione dell’Esercito, non ho mai avuto dubbi sul ruolo di Lin Biao in questo campo. Solo che, in passato, ero convinto che considerare l’uomo il fattore decisivo avrebbe portato a tralasciare la tecnologia militare e l’addestramento tattico. Lin Biao disse più volte che è sufficiente non temere la morte per vincere: è vero, ma è anche unilaterale. Nella Grande Rivoluzione culturale, quando cominciai a vedere la formulazione “fondato dal presidente Mao e sotto il comando diretto del vicepresidente Lin”, quest’ultima mi parve confusa e mi diede l’impressione che fosse rivolta a incrementare il prestigio di Lin Biao, ma non mi sarebbero mai venute altre idee alla mente. Adesso che la verità è salita a galla, tutto è finalmente chiaro.
Venendo a Chen Boda, della sua storia io non sapevo nulla, tant’è che non ero nemmeno al corrente del saggio sui tre principi del popolo scritto a Yan’an. Chen Boda mi diede l’impressione di essere un vanitoso e un ipocrita che non aveva mai fatto autocritica in vita sua. Scriveva molto, ma non l’ho mai sentito lodare gli scritti di qualcun altro. Era invidioso di chi sapeva scrivere, come per esempio Hu Qiaomu. Il suo mantra era: “sono uno studioso, un buono a nulla”, la sua unica autocritica. Gli articoli e i documenti che non aveva scritto in tutto o in parte lui stesso, non li leggeva nemmeno. Se esprimeva qualche opinione non corretta e veniva criticato, si limitava a non sollevare più l’argomento: non l’ho mai sentito dire di avere sbagliato in qualcosa. Ad esempio, ebbe da ridire a proposto dei Diciassette punti sull’industria
: significava forse che non era d’accordo? Non l’ha mai detto. Riguardo l’industria, io conoscevo soltanto due proposte da lui sostenute: fare i trust e istituire un sistema a cottimo a misura. I trust li sperimentammo per concentrare maggiormente l’industria, ma le misure per sollecitare l’iniziativa locale furono notevolmente contraddittorie. Il sistema a cottimo (a Tianjin realizzò un’inchiesta) aveva lo scopo di rafforzare il sistema degli incentivi materiali, ma non quanto il “sistema integrato di cottimo a tempo ed a misura”. In seguito non ne ha più parlato. Dal momento che si era espresso negativamente sui Diciassette punti
, il Centro gli diede l’incarico di emendarli, e io stesso in seguito lo sollecitai più volte a tal proposito, ma lui non lo fece mai. Non ho idea di quale fossero i suoi assi nella manica. Nel periodo degli articoli di critica contro il revisionismo sovietico, dal momento che il gruppo di redazione era diretto dal compagno Kang Sheng, Chen Boda non ebbe mai alcun interesse a parteciparvi. Il suo zelo si risvegliò solo quando si trattava di elaborare le venticinque proposte sul movimento comunista internazionale, ma perché fu incaricato di dirigerne l’elaborazione. Insomma, episodi di questo genere abbonderebbero, ma non ho memoria dei dettagli. Chen Boda per molti anni non ha presieduto alcun lavoro, ma dal momento che era un uomo della penna e che talvolta si poteva perdonare, la mia impressione di lui è sempre stata ordinaria. È stato solo dopo aver ascoltato le comunicazioni del CC sui fatti che lo hanno interessato durante la direzione della Grande Rivoluzione culturale, specie dalla II Sessione plenaria del IX CC, che ho capito che i fatti suddetti riguardanti quest’uovo marcio erano tutt’altro che insoliti.
Il Presidente sa che Lin Biao e Chen Boda volevano la mia testa. Se non fosse stato per la protezione del Presidente, non so che ne sarebbe stato di me ora.
Mi unisco a tutto il Partito ed al popolo di tutto il Paese nel celebrare entusiasticamente, dopo la sconfitta del quartier generale borghese controrivoluzionario di Liu Shaoqi, la grande vittoria sulla cricca controrivoluzionaria antipartito di Lin Biao!
Per quanto riguarda me personalmente, ho fatto l’esame dei miei errori e delle mie malefatte, almeno di quelli di cui sono riuscito a prendere coscienza, ne La mia autobiografia
, scritta fra giugno e luglio 1968. Oggi continuo a riconoscere integralmente il contenuto della mia autocritica e garantisco nuovamente al CC che non lo metterò in discussione.
Uno degli errori più gravi da me commessi è l’aver lasciato la VII Armata rossa all’inizio del 1931. Benché ciò fosse legittimo dal punto di vista organizzativo, era gravemente sbagliato sul piano politico.
Durante la Guerra di Resistenza contro il Giappone e la Guerra di Liberazione, fondamentalmente misi in pratica la linea corretta del presidente Mao, anche se naturalmente commisi qualche errore.
Un altro errore molto grave lo commisi dopo essere giunto a Pechino, e in particolare dopo avere ricevuto l’incarico di segretario generale del CC del Partito. Di errore in errore, mi spostai progressivamente dalla parte della banda di Liu Shaoqi e misi in pratica con loro una linea borghese controrivoluzionaria e reazionaria. Non ho svolto bene il lavoro di segretario generale, non facevo rapporto tempestivamente e regolarmente al Presidente e ho commesso l’errore di creare un regno indipendente. Nel periodo difficile fra il ’60 e il ’61, non feci nulla per fermare tendenze nocive borghesi come le tre libertà private-una norma-quattro grandi libertà [la politica economica rurale di Liu Shaoqi nel 1962, che consisteva in tre libertà private: libertà di ricevere appezzamenti privati, libertà di mercato, libertà di essere responsabile dei propri guadagni e delle proprie perdite; una norma: le quote di produzione per ogni famiglia erano stabilite dallo Stato; quattro grandi libertà: di affittare e vendere gli appezzamenti, di concludere debiti o crediti, di commerciare. (ndt)] e non ho rispettato la direttiva del Presidente di costruire infrastrutture sul terzo fronte; in questo modo, ho permesso di smobilitarsi a chi non avrebbe dovuto ed ho ritardato la costruzione del terzo fronte, di enorme importanza strategica. Dal punto di vista dell’edificazione industriale, nel lavoro di applicazione dei Diciassette punti sull’industria
da me diretto, la politica non è stata messa al posto di comando e la Carta dell’acciaieria di Anshan
del Presidente non è stata presa come bussola, producendo di conseguenza dei difetti. Sul piano organizzativo, ho malgiudicato e posto fiducia in Peng Zhen, Luo Ruiqing e Yang Shangkun. Ma particolarmente grave è che per lungo tempo non ho tenuto alta la grande bandiera rossa del pensiero di Mao Zedong. La Grande Rivoluzione culturale proletaria mi ha smascherato e criticato e ciò è stato assolutamente opportuno, poiché mi ha salvato. Sono assolutamente d’accordo con quanto ha detto il Presidente: la Grande Rivoluzione culturale proletaria è assolutamente necessaria e molto tempestiva.
Gli errori che ho commesso sono molti e li ho confessati in La mia biografia
, perciò non li elencherò nuovamente ora. La fonte dei miei errori sta nel fatto che non ho trasformato essenzialmente la mia concezione borghese del mondo e che mi sono separato dalle masse.
A novembre dell’anno scorso, scrissi una lettera al Presidente chiedendo che mi fosse assegnato un lavoro da svolgere. La mia opinione è che, dopo aver commesso tali errori, sono stato completamente separato dal lavoro e dalla società per più di cinque anni, quasi sei. Ho sempre sperato di avere l’occasione di poter correggere i miei errori e tornare alla linea proletaria rivoluzionaria del presidente Mao svolgendo una mansione. Sono perfettamente consapevole che uno che ha commesso così tanti errori e malefatte e che è stato respinto dalla società come me, non potrà mai recuperare la fiducia delle masse o ricevere qualche incarico importante. Ciononostante, ritengo che le mie condizioni di salute siano buone, nonostante abbia sessantotto anni, e quindi sono ancora in grado di svolgere un’attività di tipo tecnico (ad esempio di ricercatore) e fare qualcosa di utile per il Partito ed il popolo per i prossimi sette o otto anni, avendo così la possibilità di riparare una minima parte degli errori che ho commesso. Non ho altre richieste e attenderò con pazienza le istruzioni del Presidente e del CC.
Saluti sinceri.
Eterna longevità al Presidente!
Deng Xiaoping
3 agosto 1972
Mao: Nota alla lettera di Deng Xiaoping
14 agosto 1972
Invito il Primo ministro, dopo averla esaminata, a passarla al direttore Wang² affinché la possa distribuire fra tutti i compagni del Centro. Gli errori commessi dal compagno Deng Xiaoping sono gravi. Ciononostante, andrebbero rimarcate le differenze fra lui e Liu Shaoqi.
1) Subì un attacco nella Zona sovietica centrale per aver fatto parte del gruppo dei “quattro criminali” Deng-Mao-Xie-Gu³ e per essere il capo dei cosiddetti maoisti. Vedere i documenti Due strade
e Dopo il VI Congresso
. Fu Zhang Wentian ad attaccarlo pubblicamente.
2) Non ha problemi di tipo storico. In altre parole, non è mai passato al nemico.
3) I contributi che diede al compagno Liu Bocheng in battaglia furono utili e meritevoli. Oltre a tutto questo, non si può nemmeno dire che tutto ciò che ha fatto dopo l’ingresso nelle città è stato inutile; per esempio, quando guidò la delegazione ai colloqui di Mosca, non si genuflesse ai revisionisti sovietici. Queste cose le ho già dette molte volte in passato4 e torno a ripeterle ora.
Mao Zedong
14 agosto 1972
NOTE
La fonte dell’opera è Jianguo Yilai Mao Zedong Wengao (Manoscritti di Mao Zedong successivi alla fondazione della Repubblica popolare cinese), vol. XIII, Casa editrice dei documenti del Comitato centrale, 1998.
Mao: Critiche a Deng Xiaoping
Gennaio 1976
La politica delle “tre direttive come asse”, enunciata da Xiaoping, non è stata analizzata insieme all’Ufficio politico e non è stata nemmeno discussa dal Consiglio di Stato, senza menzionare il fatto che non mi è stata riferita. Eppure si usa questa formula. Costui non prende in considerazione la lotta di classe e non l’ha mai considerata come l’asse attorno a cui ruota tutto il resto nel corso della sua storia. È rimasto al “gatto bianco o nero”, non gli interessa se si tratti di imperialismo o di marxismo.
A detta sua, tutte le campagne fanno spesso vittime fra i veterani e i quadri con esperienza. Ma allora le lotte contro Chen Duxiu, Qu Qiubai, Li Lisan, Luo Zhanglong, le lotte contro Wang Ming e Zhang Guotao e le lotte contro Gao-Rao, Peng Dehuai, Liu Shaoqi e Lin Biao hanno fatto questo tipo di vittime?
Dice inoltre che l’educazione è in crisi e che gli studenti non studiano. In realtà è lui a non studiare: non capisce nulla di marxismo-leninismo e rappresenta la borghesia. La sua promessa di “non rimettere mai in discussione in verdetti” non è per niente affidabile.
Xiaoping non ha mai parlato con onestà. Tutti lo temono e non osano rivolgergli la parola. Inoltre, non ascolta le opinioni delle masse. Quando si ha un incarico dirigente, questo stile di lavoro è un problema notevole.
Il suo è ancora un problema in seno al popolo: se sarà orientato nel modo corretto, forse non diventerà un problema fra il nemico e noi, come è invece avvenuto con Liu Shaoqi e Lin Biao. Fra Deng da una parte e Liu e Lin dall’altra esistono delle differenze: Deng è disposto a fare autocritica, mentre Liu e Lin fondamentalmente non hanno mai dimostrato questa disponibilità. Va aiutato. Criticare i suoi errori significa aiutarlo, non bisogna esagerare. La critica è necessaria, ma non vanno assetati colpi mortali. Verso chi ha commesso errori e presenta dei difetti, la politica del nostro Partito è sempre stata quella di imparare dagli errori passati per evitare quelli futuri e curare la malattia per salvare il paziente. Dobbiamo aiutarci reciprocamente, correggere gli errori, realizzare l’unità e svolgere al meglio il nostro lavoro.
Direttive importanti del presidente Mao
, circolare n. 4/1976 del CC del PCC, 3 marzo 1976.
Note
La fonte dell’opera è Jianguo Yilai Mao Zedong Wengao (Manoscritti di Mao Zedong successivi alla fondazione della Repubblica popolare cinese), vol. XIII, Casa editrice dei documenti del Comitato centrale, 1998.
16 ottobre 2024