Riflessioni di un giovane marxista-leninista di Ischia sul capitalismo
I giovani non hanno bisogno di “più voglia di lavorare” ma del socialismo

Nel clima attuale di sfruttamento capitalista sfrenato, siamo costretti a sentire sempre più frequentemente una menzogna vergognosa che gli imprenditori diffondono senza pudore: “I giovani non hanno voglia di lavorare”. Questa affermazione, promossa da coloro che traggono profitto dal lavoro altrui, ha come unico scopo quello di giustificare le condizioni di sfruttamento e oppressione in cui i lavoratori, e soprattutto i giovani, si trovano. Ma noi, marxisti-leninisti, sappiamo bene che la verità è ben diversa, e la storia della lotta di classe, forgiata dalle parole e dalle azioni dei nostri Maestri, lo dimostra senza ombra di dubbio.

Il lavoro nel capitalismo: strumento di alienazione e sfruttamento
Il Maestro Karl Marx e il Maestro Friedrich Engels, nelle loro opere fondative, ci hanno insegnato che nel sistema capitalista il lavoro diventa uno strumento di alienazione. Il giovane non lavora per il proprio interesse né per il benessere della collettività, ma è costretto a vendere la propria forza-lavoro per arricchire una classe padronale che non contribuisce in nulla alla produzione. L’imprenditore, che si appropria del plusvalore generato dal lavoratore, non ha altro scopo che aumentare i propri profitti, riducendo i salari e peggiorando le condizioni di lavoro.
I Maestri Vladimir Lenin e Iosif Stalin, nei loro scritti e nella pratica della costruzione socialista, ci hanno mostrato che la vera liberazione del lavoratore può avvenire solo quando il controllo dei mezzi di produzione viene sottratto alla borghesia e consegnato nelle mani dei lavoratori stessi. In Unione Sovietica, i giovani furono protagonisti dello sviluppo economico e sociale del Paese proprio perché lavoravano non per arricchire una classe di parassiti, ma per contribuire al benessere collettivo, per costruire una società libera dallo sfruttamento. Era il lavoro stesso, organizzato in maniera socialista, a diventare uno strumento di emancipazione.
Il Maestro Mao Zedong, a sua volta, ha dimostrato che il lavoro, se orientato verso gli interessi della classe operaia e del popolo, è una fonte di dignità e progresso. In Cina, durante la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, milioni di giovani si mobilitarono per contribuire al rafforzamento del socialismo, dimostrando che è proprio la consapevolezza di lavorare per una causa più alta che anima il vero spirito lavorativo delle nuove generazioni.

Chi non vuole lavorare davvero? Il ruolo del capitalismo nella crisi
Quando i capitalisti accusano i giovani di “non voler lavorare”, distorcono la realtà e si rifiutano di ammettere le vere condizioni in cui i giovani lavoratori sono costretti a vivere. Oggi, la precarietà lavorativa è diventata la norma: contratti a termine, stage non pagati, salari da fame e la totale mancanza di tutele. Il capitalismo ha trasformato il lavoro in una condizione di schiavitù moderna, in cui i giovani sono intrappolati in una spirale di sfruttamento senza prospettive di crescita.
Queste accuse servono solo a mascherare la riluttanza degli imprenditori a garantire condizioni di lavoro decenti e salari dignitosi. È forse “poca voglia di lavorare” quella che spinge i giovani a rifiutare lavori sottopagati, senza diritti, senza possibilità di costruirsi un futuro? È “mancanza di spirito lavorativo” quella che spinge migliaia di giovani a fuggire da settori dove si lavora anche 12 ore al giorno per una paga che non basta neppure a sostenere l’affitto di casa?
Il capitalismo ha fallito, e continua a fallire, nel garantire una vita dignitosa alla maggioranza della popolazione. Nel momento in cui la tecnologia e la produttività raggiungono livelli mai visti, i profitti delle grandi aziende crescono in maniera spropositata, ma la redistribuzione della ricchezza è sempre più iniqua. Mentre i profitti salgono, i salari stagnano, i diritti vengono erosi e le condizioni di lavoro peggiorano.
Non è colpa dei giovani se rifiutano di lavorare per un sistema che non offre loro nulla in cambio. Sono i capitalisti stessi a non voler investire nel futuro della classe operaia, a non volere un’economia che favorisca la partecipazione attiva e consapevole di tutti.

La via d’uscita: il socialismo
La soluzione a questa crisi del lavoro non può venire dal capitalismo, che per sua stessa natura vive di sfruttamento e disuguaglianze. I giovani non hanno bisogno di “più voglia di lavorare”, come vorrebbero farci credere i padroni. Hanno bisogno di una società che li valorizzi, che dia loro la possibilità di partecipare attivamente al processo produttivo senza essere sfruttati, che permetta loro di costruirsi un futuro degno.
La via è quella del socialismo, l’unica alternativa che può davvero garantire giustizia sociale, diritti e dignità per i lavoratori. Come ci hanno insegnato i Maestri Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao Zedong, è solo attraverso la presa di coscienza di classe e l’abbattimento del sistema capitalista che potremo costruire una società in cui il lavoro diventi veramente un mezzo di emancipazione e non di oppressione.
I giovani hanno voglia di lavorare, ma non per arricchire i padroni. Hanno voglia di lavorare per costruire un futuro in cui siano loro stessi i padroni del proprio destino. Solo il socialismo potrà garantire questo futuro, ed è nostro compito, come comunisti, lottare senza sosta affinché diventi realtà.
A riprova di quanto detto, permettetemi di raccontare la mia esperienza personale, che è solo una delle tante testimonianze che confermano la brutalità e l’ingiustizia del sistema capitalista in cui viviamo. Durante un periodo di lavoro, mi sono trovato a dover svolgere ben 54 ore di straordinari mensili in più rispetto alle mie ore contrattuali. Il carico di lavoro era estenuante, ma come molti altri giovani lavoratori, credevo fosse necessario fare sacrifici per poter portare a casa uno stipendio decente.
Alla fine del mese, però, quando mi aspettavo che gli straordinari venissero retribuiti, mi è stato detto con assoluta freddezza: “Gli straordinari non verranno pagati. È così che funziona l’Italia capitalista”. In poche parole, il mio impegno, il mio tempo e la mia fatica sono stati calpestati senza scrupoli. Questo è il capitalismo: un sistema che legittima lo sfruttamento e lascia i lavoratori senza alcuna tutela, mentre arricchisce chi non ha versato una sola goccia di sudore.
Questa è la realtà a cui ci troviamo di fronte. Non è questione di “poca voglia di lavorare”, ma di essere sfruttati e sottopagati senza alcun rispetto per la nostra dignità e i nostri diritti.

16 ottobre 2024