Dopo aver concordato le modalità dell'attacco all'Iran con l'imperialismo americano
Il criminale di guerra Netanyahu invade la base ONU in Libano
Mentre continua a bombardare Gaza
L'Italia rompa le relazioni diplomatiche, economiche e militari con Israele e non gli venda più armi

Per una decina di giorni abbiamo assistito all'ennesima farsa recitata tra Washington e Tel Aviv che discutevano di come fare la guerra all'Iran, protagonista apparente il presidente americano Biden che sosteneva fosse troppo pericoloso attaccare i siti nucleari iraniani ed era meglio colpire le infrastrutture petrolifere ma una volta allertato, forse anche dagli alleati paesi arabi reazionari che così potevano essere in pericolo di ritorsione anche le loro pompe di petrolio, e che comunque il contraccolpo sui mercati avrebbe colpito l'economia di tutti i paesi toglieva di mezzo anche questi obiettivi. Non è ovviamente dato di conoscere quali siano stati termini dell'accordo, col ministro della guerra sionista che alludeva a obiettivi che avrebbero stupito tutti, ma un dato è evidente: i nazisionisti hanno avuto un evidente via libera dall'imperialismo americano a intensificare i bombardamenti su campi profughi palestiensi e città libanesi per portare a termine l'occupazione e l'annessione di fatto di tutta la Cisgiordania e l'oramai palese progetto di occupare militarmente almeno il nord della striscia di Gaza e il sud del Libano, fino al fiume Litani. Questo ultimo obiettivo ha portato con sé l'attacco anche alle postazioni dell'Unifil, il contingente Onu che dal 2006, dall'invasione sionista del Libano respinta dalle milizie di Hezbollah, “osserva” il rispetto della tregua definito nella risoluzione 1701 dell'Onu e che i nazisionisti pretendono si levi di torno prima possibile. Il boia nazisionista Netanyahu che ha definito l'Onu una “palude antisemita” e il segretario Guterres “persona indesiderata” si sostituisce agli organismi internazionali e pretende di dettare legge ai nemici e ai compiacenti complici imperialisti. Che nella commedia delle parti fanno finta di rispondere per le rime come nella sceneggiata montata dal governo della neofascista Meloni, interessata sostanzialmente a difendere la presenza del tricolore imperialista nella regione e non certo alla difesa dei diritti dei popoli palestinese e libanese calpestati dai criminali nazisionisti.
La cronaca del genocidio palestinese parte da un nuovo "attacco mirato" nella notte del 13 ottobre degli aerei sionisti all'ospedale Shuhada al-Aqsa, nella zona di Deir al Balah al centro della Striscia con un bilancio provvisorio di 4 morti e 40 feriti. Altri 10 morti e 30 feriti, tra cui donne e bambini, erano le vittime di un successivo attacco aereo su un centro di distribuzione di aiuti umanitari nel campo profughi di Jabalya, nel nord di Gaza. Che si aggiungevano ai 22 morti, 30 feriti e 14 dispersi sotto le bombe nella città di Jabalya del giorno precedente. La città palestinese e l'attiguo campo profughi erano da una settimana sotto il tiro di una offensiva dei soldati sionisti che l'avevano completamente isolata. Il 6 ottobre l’esercito sionista ordinava ai circa 400 mila residenti rimasti di trasferirsi nella cosiddetta “zona umanitaria” a sud prima della nuova operazione militare. Molti si sono rifiutati di lasciare le proprie case e i residenti di Jabaliya, Beit Hanoun e Beit Lahiya sono stati colpiti ogni giorno da intensi bombardamenti mentre carri armati e droni sparavano a chi cercava di fuggire. “Non si tratta solo dell’intensa campagna di bombardamenti e della distruzione sistematica di infrastrutture e strutture pubbliche – scriveva il giornalista Hani Mahmoud da Deir al Balah – ma anche del fatto che l’esercito israeliano sta tagliando le forniture di cibo e acqua ai residenti”. Preludio della cacciata dei palestinesi dal nord della Striscia.
Intanto dal 1° ottobre i nazisionisti hanno bloccato l'ingresso degli aiuti alimentari nel nord della Striscia di Gaza, denunciava il portavoce dell'Onu Farhan Haq: “i principali valichi verso il nord sono stati chiusi e saranno inaccessibili se l'attuale escalation continua. Gli aiuti per Gaza sono al livello più basso degli ultimi mesi. Nessuno ha ricevuto pacchi alimentari questo mese a causa dell'accesso limitato alle forniture di aiuti". L'organizzazione Onu che gestisce il Programma alimentare mondiale (Pam) annunciava di aver distribuito le ultime riserve rimaste nel nord della Striscia, sufficienti appena per due settimane mentre “molte cucine, punti di distribuzione e panifici sono stati costretti a chiudere, e altri rischiano di farlo se il conflitto continua su questa scala". Nella stessa zona di Gaza dove gli ospedali sono, assieme a scuole e moschee, i bersagli principali dei criminali nazisionisti che tra l'altro hanno bloccato anche l'ingresso a operatori dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per impedire l'arrivo di aiuti medici e all'evacuazione dei pazienti dagli ospedali colpiti dalle bombe.
Quello che avviene a Gaza conferma quanto sostenuto dal rapporto della commissione nominata dall’Alto commissariato per i diritti umani dell'Onu la cui inchiesta, nelle anticipazioni fornite il 10 ottobre, accusa tra l'altro Israele di aver “perpetrato una politica coordinata per distruggere il sistema sanitario di Gaza come parte di un’aggressione più ampia, commettendo crimini di guerra e il crimine contro l’umanità dello sterminio attraverso attacchi incessanti e deliberati contro il personale e le strutture mediche”, denuncia l’uccisione, la detenzione e la tortura di personale sanitario e gli attacchi contro ambulanze e ospedali, azioni che colpiscono le donne e in particolare i bambini cui “Israele ha negato loro l’accesso alle cure mediche di base e deliberatamente inflitto condizioni di vita che hanno portato alla distruzione di generazioni di bambini palestinesi e, potenzialmente, del popolo palestinese come gruppo”. L'11 ottobre anche Medici senza frontiere denunciava che migliaia di persone sono intrappolate nel campo di Jabalia, nel nord di Gaza, mentre sono in corso attacchi delle forze israeliane. "A nessuno è permesso entrare o uscire, chiunque ci provi viene colpito", affermava in una nota Sarah Vuylsteke, la coordinatrice del progetto di Msf. “Cinque operatori di Msf sono intrappolati nel campo e temono per la propria vita. Il 7 ottobre le forze israeliane hanno emesso ordini di evacuazione nel campo di Jabalia e allo stesso tempo hanno effettuato attacchi, impedendo alle persone di lasciare l'area in sicurezza. Le evacuazioni forzate delle case e il bombardamento dei quartieri da parte delle forze israeliane stanno trasformando il nord di Gaza in rovine inabitabili”. Msf chiede quindi “alle forze israeliane di fermare gli sfollamenti forzati e di fermare la guerra totale contro la popolazione di Gaza. Le forze israeliane devono anche garantire la protezione dei civili e degli ospedali e consentire l'ingresso nel nord delle forniture umanitarie di cui c'è un disperato ed urgente bisogno”. Di quante altre prove ha bisogno la Corte internazionale di Giustizia dell'Aja per chiudere il caso promosso dal Sudafrica sull'accusa di genocidio al regime sionista di Tel Aviv?.
Il bilancio del genocidio palestinese raggiunge intanto al 13 ottobre il numero di 42.227 morti e oltre 98.464 feriti.
Lo stesso programma criminale viene applicato dai nazisionisti nel Sud del Libano. Come dal criminale copione già messo in pratica a Gaza. I portavoce dell'esercito sionista esortavano il 12 ottobre i libanesi che abitano presso la zona di confine a non fare ritorno alle loro abitazioni a causa dei combattimenti in corso, dove continuavano “a prendere di mira i siti di Hezbollah all'interno o nelle vicinanze dei vostri villaggi. Non vogliamo compromettere la vostra sicurezza, pertanto, è vietato rientrare nelle vostre case fino a nuovo avviso. Per favore, astenetevi dal dirigervi a sud, chiunque si diriga a sud potrebbe mettere la propria vita in pericolo. Vi informeremo quando sarà sicuro tornare nei villaggi e nelle città”, come dire che se poi risultavano vittime civili era solo ed esclusivamente colpa loro che non avevano dato seguito ai consigli dei soldati che hanno invaso il paese. Come i 60 morti e i quasi 170 feriti nelle 24 ore precedenti, denunciato poco prima dal ministero della Sanità libanese. Il bilancio delle vittime, con numeri comparabili a quelli di Gaza, era riferito ai ben 54 raid aerei in un solo giorno, l'11 ottobre, nel sud del Libano, nei quartieri meridionali di Beirut e nella Valle della Bekaa. Altri 51 morti e 174 feriti dei raid sionisti del 12 ottobre si sommano alle precedenti vittime. Altri 5 morti nel bombardamento del 13 ottobre nel villaggio meridionale di Kfar Tebnit, dove gli aerei sionisti colpivano la moschea e diverse abitazioni per un totale al 13 ottobre di 2.229 morti e 10.380 feriti dall'inizio dell'attaco del 23 settembre. La cronaca dell'invasione del Libano diventa la fotocopia di quella di Gaza e della Cisgiordania, un modello criminale degli impuniti nazisionisti.
Dell'invasione sionista del Libano, in violazione di tutte le leggi internazionali degli autoproclamati “liberatori” del Medioriente secondo la missione annunciata dal regime di Tel Aviv, fa parte l'attacco al contingente Unifil dell'Onu che presidia la fascia di confine dal 1978 seppur con compiti diversi. La guerra dei nazisionisti alle organizzazioni umanitarie dell'Onu che operavano nei territori palestinesi occupati, finora di fatto ignorate dagli ipocriti paesi imperialisti, fa un salto di qualità con il tiro al bersaglio contro le postazioni dei militari di Unifil il 10 ottobre. Il primo di cinque attacchi consecutivi che hanno causato finora una ventina di feriti e che non può certo essere catalogato come “un errore”, come definito dalla posizione inaccettabile degli attaccanti sionisti ma in fin dei conti presa per buona dai compiacenti paesi imperialisti che formano il contingente Unifil a guida Italiana, composto da 10.400 soldati provenienti da 50 Paesi, di cui 1.256 militari, 374 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei italiani. Il contingente, su mandato Risoluzione 1701 dell'11 agosto 2006 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, è schierato in 29 postazioni in una fascia di confine profonda circa 120 km, la cosiddetta Linea Blu, e in altre 26 più arretrate.
Un comunicato di Unifil denunciava il 10 ottobre che “questa mattina, due peacekeeper sono rimasti feriti dopo che un carro armato Merkava dell’IDF (le forze di “difesa” come si chiamana l'esercito degli agressori nazisioinisti, ndr) ha sparato la sua arma verso una torre di osservazione presso il quartier generale dell’UNIFIL a Naqoura, colpendola direttamente e facendola cadere. Le ferite sono non gravi, ma i due militari (indonesiani, ndr) rimangono in ospedale. I soldati dell'IDF hanno anche sparato sulla posizione ONU (UNP) 1-31 a Ras Naqoura, colpendo l'ingresso del bunker dove si erano rifugiati i peacekeeper e danneggiando veicoli e un sistema di comunicazione. Un drone dell'IDF è stato osservato volare all'interno della posizione ONU fino all'ingresso del bunker. Ieri, i soldati dell'IDF hanno deliberatamente sparato e disattivato le telecamere di monitoraggio perimetrale della posizione. Hanno anche deliberatamente sparato sull'UNP 1-32A, dove si tenevano regolari riunioni tripartite prima dell'inizio del conflitto, danneggiando l'illuminazione e una stazione di trasmissione”. Questo il comunicato dell’Unifil che ha anche ricordato “all'IDF e a tutti gli attori i loro obblighi di garantire la sicurezza e la protezione del personale e delle proprietà dell'ONU e di rispettare l'inviolabilità dei locali dell'ONU in ogni momento. I peacekeeper dell'UNIFIL sono presenti nel Libano meridionale per supportare un ritorno alla stabilità sotto il mandato del Consiglio di sicurezza. Qualsiasi attacco deliberato ai peacekeeper è una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza”. Un attacco deliberato e in violazione delle leggi internazionali, non restava niente da chiarire ma solo da prendere gli adeguati provvedimenti. Partono invece le dichiarazioni, alcune feroci altre ambigue, dei governi imperialisti ma innocue verso la diplomazia nazisionsta che fornisce gli argomenti per autogiustificarsi.
Secondo l'ambasciatore sionista all'Onu “ci concentriamo sulla lotta contro Hezbollah e continueremo il coordinamento con Unifil. La nostra raccomandazione è che l'Unifil si sposti di 5 km a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell'aggressione di Hezbollah. Israele non ha alcun desiderio di stare in Libano, ma farà ciò che è necessario" per costringere Hezbollah ad allontanarsi dal suo confine settentrionale. Se così fosse perché hanno colpito per ben cinque volte le basi Unifil, una richiesta di levarsi di torno non con atti diplomatici ma con cannonate, perché non è affatto detto che i nazisionisti se ne andranno dal sud del Libano come da Gaza. Perché, spiegava il ministro della Guerra israeliano Gallant, ai combattenti di Hezbollah non sarà permesso di rientrare nei villaggi di confine del sud del Libano che hanno trasformato in postazioni militari sotterranee rifornite di centinaia di armi: “ho dato istruzioni all'IDF a tutti i livelli per garantire la distruzione di questi siti (ossia villaggi, ndr) e per garantire che i terroristi non possano tornare in questi luoghi”.
A fronte del ferimento dei due soldati dell'Onu scattavano diverse condanne delle cannonate nazisioniste, fra le quali quella del ministro della Difesa italiano Guido Crosetto che dichiarava: “atti ostili compiuti e reiterati dagli israeliani potrebbero costituire crimini di guerra”. Detto da un ministro e da un governo come quello della ducessa Meloni che per più di un anno è stato zitto e complice dei crimini di guerra compiuti dall'alleato sionista più che una reale condanna suonano come un atto opportunistico, una beffa verso i quasi 50 mila palestinesi uccisi a Gaza. Infatti al vertice dell'11 otttobre a Cipro del Med9, dei nove Paesi mediterranei dell'Unione europea, Italia, Francia e Spagna siglavano una dichiarazione congiunta per condannare gli attacchi israeliani contro le basi dell’Unifil definit “inaccettabili” ma nel testo finale non c'è nessun passaggio sulle posizioni espresse in conferenza stampa da Emmanuel Macron e Pedro Sanchez a favore di una presa diposizione del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre per fermare l’esportazione di armi a Israele. La ducessa Meloni si sfila e di fatto regge il moccolo al sodale Netanyahu il cui partito Likud è gemellato con FdI nei Conservatori europei. Nella telefonata del 13 ottobre i due alleati replicano l'ennesima sceneggiata: la ducessa Meloni secondo la nota diramata da Palazzo Chigi direbbe che gli attacchi alle forze Onu sono “inaccettabili” e ribadiva che c’è “l’assoluta necessità che la sicurezza di Unifil sia garantita”. Libanesi e palestinesi possono continuare a morire sotto le bombe dell'amico criminale. Che infatti le rispondeva che “farà ogni sforzo per evitare perdite dell’Unifil, senza garantire nulla, ma soprattutto che farà anche “tutto il necessario per vincere la guerra”. Una classica risposta in stile mussolinano della serie “me ne frego” che la neofascista Meloni incassa. Al momento senza batter ciglio. Vedremo. Invece l'Italia deve rompere le relazioni diplomatiche, economiche e militari con Israele e non vendergli più le armi.
Non promette niente di meglio la presa di posizione del generale Luciano Portolano, da pochi giorni capo di Stato maggiore della Difesa, che il 13 ottobre in una intervista dichiarava che “ho appena finito di parlare con il capo di Stato maggiore delle forze armate israeliane. Mi ha detto che gli attacchi contro i caschi blu sono stati frutto di errori a livello tattico e che avrebbe analizzato tutte le attività svolte sul terreno, assicurandosi che non ci sarebbero più stati errori del genere nei confronti di postazioni dell’Onu”. Errori per cinque volte di fila? Bastava leggere l'ultimo comunicato dell’Unifil del 13 ottobre dove denunciava che “due carri armati israeliani hanno distrutto il cancello principale della postazione e sono entrati con la forza all’interno”, non certo per errore.
Non scuote le posizioni a favore dei nazisionisti neanche la dichiarazione del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres del 13 ottobre: “Il personale dell'Unifil e le sue strutture non dovrebbero mai essere attaccate. Gli attacchi contro le forze di pace sono una violazione della legge internazionale e del diritto umanitario. Potrebbero essere un crimine di guerra". Nessun commento da Tel Aviv, anzi Netanyahu gli ordinava che “è giunto il momento di ritirare l’Unifil dalle roccaforti di Hezbollah e dalle zone di combattimento”, l’esercito israeliano “lo ha richiesto ripetutamente e ha ricevuto ripetuti rifiuti, con l’effetto di fornire ai terroristi di Hezbollah scudi umani”. Quegli “scudi umani”, leggi civili palestinesi e libanesi dietro cui si nasconderebbero Hamas e Hezbollah secondo la narrazione propagandistica di Tel Aviv, che i nazisionisti sterminano senza scrupoli.

16 ottobre 2024