Il leader di Hamas Sinwar assassinato dal criminale di guerra Netanyhau
Continuano i massacri dei nazisionisti a Gaza
La Resistenza palestinese continua

Una mano con al polso una kefiah e due dita che fanno il segno della vittoria e sovrimpresso lo slogan “la resistenza non muore mai” è la fotografia tra le tante che girano in rete che con efficacia sintetizza quale è la via da seguire in risposta al momento difficile per il popolo palestinese, massacrato nel nord della Striscia di Gaza dall'ennesima offensiva dei nazisionisti su città e campi profughi iniziata ai primi di ottobre e colpito dalla perdita del capo dell’Ufficio politico di Hamas, Yahya Sinwar, capo dell'Ufficio politico del Movimento di resistenza islamico (Hamas) e comandante della battaglia del Diluvio di Al-Aqsa assassinato il 17 ottobre dal criminale di guerra Netanyhau. La Resistenza palestinese continua; continua nonostante in tempi rapidi i nazisionisti abbiano assassinato i massimi dirigenti delle principali organizzazioni che combattono l'occupazione, così come è continuata in passato dopo gli assassini dei precedenti dirigenti. Dall'uccisione dello sceicco Ahmed Yassin, fondatore e leader spirituale di Hamas, nel marzo 2004 e il mese successivo di Abdel Aziz Rantisi, presidente della Shura di Hamas e leader politico dell’organizzazione; gli uitlimi sono quelli del comandante del braccio militare di Hamas, Mohammed Deif, il 13 luglio scorso a Gaza al capo politico Ismail Yaniyeh assassinato a Teheran il 31 luglio e infine del suo successore Yahya Sinwar il 17 ottobre nel quartiere di Tal Al-Sultan, a ovest della città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
Con una dichiarazione funebre del movimento del 18 ottobre si dichiarava che “Hamas piange per il nostro popolo palestinese, per la nostra intera nazione e per le persone libere del mondo, uno degli uomini più nobili e coraggiosi, un uomo che ha dedicato la sua vita per la Palestina e ha dato la sua anima per amore di Dio nel cammino verso la sua liberazione”, mentre Khalil al-Hayya, vice capo dell'ufficio politico annunciava ufficialmente che “Yahya Sinwar è stato martirizzato in battaglia da parte del regime di occupazione sionista”. E ricordava che “Al-Sinwar si è unito alla carovana di grandi martiri come Ahmed Yassin, il fondatore del movimento di resistenza palestinese, Hamas. Il sangue di questi martiri illumina il nostro cammino e sarà una forza trainante e una nuova motivazione per la nostra resistenza”.
Una breve ma significativa biografia del leader palestinese assassinato era contenuta nella dichiarazione ufficiale della parte militare di Hamas: "Le Brigate Al-Qassam annunciano al cielo il martirio del grande leader Yahya Sinwar 'Abu Ibrahim', il leader del Movimento di Resistenza Islamico Hamas, che è asceso, affrontando e non ritirandosi, nelle battaglie più onorevoli in difesa della benedetta Moschea di Al-Aqsa e del nostro popolo e dei suoi legittimi diritti.
È motivo di orgoglio per il nostro movimento presentare i leader ai soldati, per i suoi leader guidare la carovana di martiri del nostro popolo che hanno dato la vita e il sangue per amore di Allah e sulla strada per la liberazione della Palestina, e per il suo leader essere martirizzato tra i suoi fratelli in lotta, un eroe impegnato in combattimento con gli invasori che pensavano che Gaza potesse essere una facile preda per il loro esercito codardo.
Il viaggio del nostro leader, Abu Ibrahim, è stato un onorevole viaggio jihadista, durante il quale ha fatto parte della generazione fondatrice del Movimento di resistenza islamico, Hamas, e dei suoi apparati militari e di sicurezza.
Poi sacrificò il fiore della sua giovinezza come prigioniero nelle prigioni dell'occupazione per più di vent'anni prima di essere rilasciato a testa alta nell'accordo "Wafa al-Ahrar". Una volta rilasciato dalla prigione, insistette nel continuare il viaggio della jihad e non assaporò il riposo.
Ha supervisionato il lavoro militare del movimento nelle tre regioni e ha avuto un ruolo importante nel percorso di unificazione dei fronti di resistenza sulla strada per Gerusalemme. Poi ha guidato il movimento a Gaza, così che il suo periodo di leadership ha costituito un cambiamento qualitativo nel suo percorso di advocacy, politico e militare che è culminato in 'Al-Aqsa Flood', e nel percorso delle relazioni nazionali e del lavoro di resistenza congiunta, prima di guidare il movimento in patria e all'estero dopo il martirio del grande leader Ismail Haniyeh.
Le fazioni della resistenza, con Hamas al centro, quando decisero di entrare in questa grande e decisiva battaglia nella storia della lotta del popolo palestinese e nel corso della nostra nazione, sapevano che il prezzo della liberazione era molto alto e che tutti i popoli lo avevano pagato prima di essere liberati dai loro occupanti. Erano pronti a guidare le fila del popolo sacrificale nel cuore del loro popolo, così presentarono leader e soldati, rifiutandosi di sottomettersi al nemico o di rimanere in silenzio sulla sua ingiustizia e sul saccheggio dei legittimi diritti del nostro popolo.
La nostra jihad non si fermerà finché la Palestina non sarà liberata, l'ultimo sionista non ne sarà espulso e tutti i nostri legittimi diritti non saranno ripristinati. La migliore prova di ciò è che il nostro popolo non si è piegato né si è arreso dopo un anno di battaglia del 'Diluvio di Al-Aqsa', nonostante l'enorme prezzo pagato e nonostante i brutali crimini sionisti di genocidio.
Questo nemico criminale è delirante se pensa che assassinando i grandi leader della resistenza come Sinwar, Haniyeh, Nasrallah, Al-Arouri e altri, può spegnere la fiamma della resistenza o spingerla a ritirarsi. Piuttosto, continuerà e aumenterà finché non saranno raggiunti gli obiettivi legittimi del nostro popolo.
Il martirio è il desiderio più alto dei nostri leader, e il loro sangue sarà un faro che illumina il cammino della liberazione e un fuoco che brucia gli aggressori. I nostri leader hanno lasciato dietro di sé centinaia di migliaia di mujaheddin del nostro popolo e della nostra nazione che sono determinati a confrontarsi con l'occupazione sionista finché la Palestina e la moschea di Al-Aqsa non saranno purificate dalla loro sporcizia e spazzate via dalla nostra terra, se Dio vuole.
Si tratta di una jihad di vittoria o di martirio ”.
Il PMLI è "Il Bolscevico " si uniscono al cordoglio di Hamas, del popolo palestinese e di tutti gli antimperialisti e antisionisti italiani e del mondo per la morte di Sinwar, grande leader di Hamas.
Arroganti e mistificatori i commenti del criminale Netanyahu che dava il via al primo coro dei governi imperialisti dell'Ovest che sostengono i nazisionisti nel genocidio palestinese, nell'aggressione al Libano e nella prospettata guerra all'Iran. Nel proclama indirizzato ai “cittadini di Gaza” del 17 ottobre sosteneva che “l'eliminazione di Sinwar è un importante momento di passaggio nel tramonto del governo di Hamas. Hamas non governerà più nella Striscia, questo è l'inizio del giorno dopo Hamas. È l'opportunità per Gaza di liberarsi dalla dittatura". Seguito a ruota dal presidente americano Biden, “questo è un buon giorno per Israele, per gli Stati Uniti e per il mondo”; dalla sua vice Kamala Harris, “con la morte di Sinwar giustizia è stata fatta. Era un brutale terrorista, aveva anche sangue americano sulle mani"; dalla Ue nella quale si distingueva per il supporto ai nazisionsiti il ministro degli Esteri tedesco, la Verde Annalena Baerbock, “Sinwar era un crudele assassino e un terrorista che voleva distruggere Israele e il suo popolo. Ha causato la morte di migliaia di persone e sofferenze incommensurabili a un'intera regione. Hamas deve rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi e deporre le armi. La sofferenza della popolazione di Gaza deve finalmente finire”. La liberazione di tutti gli ostaggi, così come vogliono i nazisionisti, sarebbe “l'inizio di una nuova fase” anche per la ducessa Meloni, secondo quanto dichiarato mentre in volo si recava nella missione in Giordania e Libano organizzata esclusivamente per sventolare il tricolore imperialista nella regione e nascondere la sua cacciata di fatto dal vertice a sostegno dell'Ucraina organizzato a Berlino tra Biden, Macron, Sholz e Keir Starmer, pur essendo la presidente di turno del G7.
Nei commenti dei complici dei criminali nazisionisti spariscono finanche le ipocrite preoccupazioni espresse in altre occasioni sulle condizioni dei civili, sui massacri in Libano e il genocidio in atto nello stesso momento a Gaza, dove oltre 400 mila palestinesi sono stati intrappolati dall'inizio di ottobre dall'esercito occupante che non lascia passare neanche una goccia di aiuti umanitari e colpisce sistematicamente città e campi profughi. Il 19 ottobre, fonti palestinesi e organizzazioni umanitarie che operano a Gaza denunciavano che più di 400 palestinesi sono stati uccisi in varie località nella striscia di Gaza settentrionale, tra cui Jabalia e il suo campo, Beit Lahiya e Beit Hanoon. Il bilancio del genocidio palestinese al 20 ottobre è salito a 42.603 morti accertati e 99.759 feriti, la maggior parte donne e bambini.
Il coordinatore delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, il 19 ottobre denunciava che “nel nord della Striscia si stanno verificando scene terrificanti in pieno conflitto, con incessanti attacchi israeliani e un peggioramento della crisi umanitaria", come quella del bombardamento contro le abitazioni a Beit Lahiya che da solo ha provocato quasi 100 morti e almeno 40 feriti, dopo "settimane di intense operazioni che hanno causato numerose morti civili e il blocco quasi totale degli aiuti umanitari" nel nord di Gaza. L'esercito occupante continua a impedire alle missioni umanitarie di raggiungere le zone del nord di Gaza con rifornimenti essenziali, tra cui medicinali e cibo, e il soccorso alla popolazione sotto assedio, denunciava il 21 ottobre anche il capo dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l'Unrwa che il parlamento sionista si appresta a mettere formalmente al bando. Gli ospedali sono stati colpiti e sono senza elettricità mentre i feriti sono lasciati senza cure, dichiarava l'Unrwa, chi tenta di fuggire viene ucciso e i loro corpi abbandonati sulla strada, gli interventi per salvare chi è rimasto sotto le macerie è impedito.
Un massacro in atto che risvegliava persino le attenzioni dell'Autorità palestinese di Abu Mazen che nel comunicato del ministero degli Esteri, riportato dall'agenzia palestinese Wafa, accusava: "il governo israeliano e la comunità internazionale sono interamente e direttamente responsabili del massacro in corso. Ancora una volta rivolgiamo un appello per imporre un cessate il fuoco immediato" e si denunciava "il fallimento a livello internazionale per fermare la guerra di genocidio e sfollamento contro il nostro popolo, oramai una copertura per Israele per commettere crimini e sterminare il nostro popolo". Eppure i governanti imperialisti dell'Ovest continuano a essere complici del criminale Netanyahu.
Il missile della resistenza libanese che il 19 ottobre colpiva la residenza del criminale Netanyahu a Cesarea dopo aver bucato la presunta inviolabilità del sistema di difesa nazisionista era usata dalla propaganda filosionista per spostare l'attenzione sulla risposta della resistenza libanese all'invasione del paese, usata solo per dipingere i carnefici come vittime, impegnati per conto del “mondo libero” a combattere “l'asse del male” e tenere aperto il pericoloso fronte della guerra all'Iran, data per scontata come fosse un normale passaggio della crisi mediorientale e non un possibile passo verso un conflitto ben più vasto e devastante non solo per i popoli della regione.

23 ottobre 2024