Il ddl Bernini dà più forza ai privati e alla subalternità della ricerca
Più precari e meno soldi all'Università
Rafforzato il potere baronale con la chiamata diretta
Tagliati per decreto oltre 500 milioni del FFO

Il 7 agosto il governo neofascista Meloni, su proposta della ministra berlusconiana dell'Università e Ricerca Anna Maria Bernini, ha approvato in Consiglio dei ministri un “ddl di revisione delle figure pre-ruolo nell’Università” che mira a deregolamentare ulteriormente il sistema di reclutamento di docenti, assistenti e ricercatori universitari subordinando l'Università, gli Enti di Ricerca, le Accademie e gli Istituti di Alta Formazione pubblici, alle università e agli enti di ricerca privati.
Il disegno di legge prevede due nuove tipologie di borse di assistenza all’attività di ricerca: Borse Junior, destinate ai laureati magistrali o a ciclo unico per iniziare percorsi di ricerca sotto la supervisione di un tutor; e Borse Senior: riservate ai dottori di ricerca per svolgere attività di ricerca.
Entrambe le borse avranno una durata compresa tra uno e tre anni, con il trattamento economico definito tramite un decreto del ministro dell’Università e della Ricerca.
In aggiunta al contratto di ricerca, introdotto dalla legge 79/2022 in sostituzione dell’Assegno di Ricerca, il ddl istituisce una nuova tipologia di contratto sempre a tempo determinato, denominato “post-doc”, di più breve durata (da uno a tre anni) che potrà essere sottoscritto dai dottori di ricerca, con la possibilità di deroga per gli aspiranti tecnologi. I titolari di questo contratto potranno svolgere attività di ricerca, didattica e terza missione. La retribuzione minima sarà stabilita anche in questo caso con decreto ministeriale.
Il ddl istituisce anche la figura del Professore aggiunto (Adjunct Professor), che potrà svolgere attività di didattica, ricerca e terza missione nelle università, contribuendo al percorso formativo degli studenti con un approccio pratico e multidisciplinare. La durata del contratto potrà variare da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni.
Insomma una giungla di cinque figure post-laurea, tutte precarie, per alcune delle quali non è neanche previsto il riconoscimento di un reale rapporto di lavoro, con migliaia di laureate e laureati, dottori e dottoresse di ricerca supersfruttati a 4 euro l'ora e ai quali per giunta non viene riconosciuto alcun diritto e/o tutela previdenziale e sindacale: malattia, ferie, contributi, indennità di disoccupazione, rappresentanza sindacale, ecc.
Inoltre il ddl prevede forme di collaborazione per studenti durante i corsi di laurea o laurea magistrale, con un limite massimo di 200 ore annuali. Gli studenti potranno fornire assistenza all’attività di ricerca oltre a collaborare nei servizi universitari, ricevendo un compenso massimo di 3.500 euro all’anno.
Altro che “cassetta degli attrezzi a disposizione delle università”. Altro che “superamento dell’attuale inferno del precariato” attraverso un “meccanismo di tutele crescenti”, come lo ha definito la ministra Bernini. Il suo ddl è una vera e propria controriforma che porta alle estreme conseguenze la famigerata legge 240/2010 (controriforma Gelmini-Berlusconi IV) e per la prima volta nella storia introduce nell'ordinamento degli enti di ricerca e nelle università pubbliche italiane la chiamata diretta al posto delle valutazioni comparative dei concorsi rafforzando ulteriormente il potere delle baronie universitarie, il nepotismo e il familismo. In particolare per i professori aggiunti è prevista la chiamata diretta da parte del Consiglio di amministrazione, “sentito” il parere non vincolante del Senato Accademico. L'assunzione per chiamata diretta può avvenire anche se il docente non viene inquadrato in un Dipartimento e può riguardare anche quei docenti che non hanno mai avuto nessuna valutazione da parte di strutture o commissioni accademiche.
Tutto ciò in barba alla stessa “valorizzazione del merito e delle competenze acquisite” tanto decantate da questo governo.
Insomma siamo di fronte a un attacco senza precedenti all'Università e agli Enti di ricerca pubblici che moltiplicherà il precariato e i tempi per l'ingresso in ruolo di docenti e ricercatori, e opera nuovi tagli ai finanziamenti e al diritto allo studio impedendo ancora di più agli studenti di estrazione proletaria e privi di mezzi di iscriversi all'università anche se “capaci” e “meritevoli”.
Alla fine di luglio infatti la Bernini ha preparato il terreno al varo del ddl tagliando per decreto oltre 500 milioni di euro al Fondo di Finanziamento Ordinario delle università (FFO) e ha tolto il vincolo all'utilizzo delle risorse per il reclutamento previsto dal Piano straordinario della legge di bilancio 2022.
“Nella legge di conversione del DL 71/2024, all’art. 15, comma 1-quinquies – denuncia infatti la Flc-Cgil - si prevede di spostare le risorse del piano straordinario 2025 e 2026 (100 mln di euro), oltre quelle non utilizzate degli anni precedenti (a partire dal 2024), per il cofinanziamento dei maggiori oneri stipendiali del personale docente e non docente delle università (in pratica, si distolgono le risorse per le nuove assunzioni per tentare di colmare i tagli al FFO)”.
Di conseguenza, denuncia ancora la Flc-CGIL “Le sperequazioni di questo FFO, con la radicalizzazione di tutte le tendenze negative nella distribuzione delle risorse, amplificheranno le divergenze tra territori e università, lasciando ulteriore spazio alla giungla degli atenei profit e telematici”. Perciò conclude la Flc-CGIL “chiamiamo l’intera comunità universitaria a reagire e ci impegniamo a costruire ogni possibile opposizione a questa ulteriore ferita all’Università italiana, ci auguriamo a fianco delle altre organizzazioni sindacali e associative del mondo universitario”.
Anche USB Pi Ricerca annuncia la disponibilità per “un’azione di protesta e di lotta congiunta e unitaria del mondo accademico contro i tagli e una mobilitazione e iniziative di lotta contro questa nuova ondata di precarizzazione per opporsi fermamente alle decisioni del Ministro Bernini e alle spinte verso la deregolamentazione dei diritti dei giovani ricercatori” e propone uno sciopero nazionale unitario.
Contrari ai tagli del FFO e al ddl Bernini anche decine di professori e ricercatori di ruolo che in un appello fra l'altro denunciano “la nuova precarizzazione delle università delineata dal recente Disegno di Legge del governo” e sottolineano come: “Tutto questo avviene in una stagione che vede nuovi significativi tagli all’università e alla ricerca, come annunciato dalla riduzione di oltre 500 milioni di euro sul Fondo di Finanziamento Ordinario delle università, dalla cancellazione degli ultimi due anni del Piano straordinario avviato da Maria Cristina Messa che avrebbe dovuto ampliare le facoltà assunzionali degli atenei di oltre 10mila posizioni tra docenti e PTA (dando anche la possibilità di rivedere le assunzioni non completate su 2023 e 2024) e dalla mancata stabilizzazione delle risorse alla ricerca provenienti dal PNRR, come sostanzialmente chiesto da molte voci del mondo accademico e della ricerca. Così, la bolla di precariato che si è gonfiata in questi anni (oltre 21mila assegnisti, 9mila RTDa nelle università e migliaia di precari negli EPR), rischia di scoppiare nei prossimi anni su queste molteplici figure, creando una nuova generazione perduta. Questa moltiplicazione del precariato e questi tagli producono solo un’Università ed una Ricerca piccole e precarie, senza prospettive per il futuro”.
Per queste ragioni, conclude l'appello: “prendiamo la parola e chiediamo che in tutti gli enti, gli istituti e gli atenei che svolgono ricerca in questo Paese siano riconosciuti i diritti e le libertà sanciti dalla Carta Europea dei Ricercatori, con un unico rapporto di lavoro preruolo a tempo determinato, che garantisca diritti, tutele e rappresentanza. Ribadiamo al contempo la necessità della ripresa di un finanziamento congruo alle strutture e alla ricerca di base, per riportare la spesa pubblica e gli organici in questo settore in linea con quelli degli altri Paesi europei”.
Mentre l'Arted, Associazione dei ricercatori a tempo determinato, in una “Lettera alle istituzioni competenti in materia di università e ricerca”, che in pochi giorni ha già raccolto oltre 1.800 adesioni tra professori di ruolo e ricercatori, chiede un aumento delle risorse dedicate al sistema universitario nazionale e denuncia che: “L’Italia e le sue università per crescere non hanno bisogno di una riduzione del fondo ordinario, né di riforme che si limitino a variare le sigle dietro cui tanti giovani spendono gli anni migliori e più produttivi della propria vita lavorativa – viene spiegato nel testo dell’appello -. La durata del precariato e il conseguente innalzamento dell’età media di ingresso nei ruoli universitari non sono più sostenibili. Servono risorse per garantire continuità nel reclutamento, dignità per la figura di docente, un’istruzione di qualità”.
L' Associazione Dottorandi Italiani ha annunciato l’intenzione di “creare un grande momento assembleare a settembre per far partire la mobilitazione”.
Lo stesso faranno i movimenti degli studenti universitari fra cui l’Unione degli studenti universitari secondo cui: “Questi tagli sono un durissimo colpo per il sistema universitario. Il governo disinveste dall’università, approvando il peggior taglio dal governo Monti. Ora temiamo che gli atenei aumentino le tasse ma non accetteremo questa nuova stagione di tagli senza lottare”.

30 ottobre 2024