Dopo l'elezione di Trump a presidente degli Usa
Il consiglio europeo adotta le proposte di Draghi per fare dell'Ue una superpotenza in grado di competere con quelle americana e cinese
Meloni mediatrice tra Ue e Trump

La riunione informale dei capi di Stato o di governo della Ue che si è tenuta a Budapest l'8 novembre ha adottato il cosiddetto piano Draghi, il rapporto sul futuro della competitività dell’Europa, integrato con il rapporto sul futuro del mercato unico dell’UE di Enrico Letta dello scorso 18 aprile, che sono diventati il piano di lavoro della nuova Commissione europea nel tentativo di ridare ossigeno alle ambizioni della superpotenza imperialista di poter partecipare in difesa dei suoi interessi alla competizione sempre più asfissiante tra le rivali americana e cinese, senza essere intanto schiacciata da dazi e guerre commerciali.
Il documento finale del vertice informale, la “Dichiarazione di Budapest sul nuovo patto per la competitività europea”, mette subito in chiaro che “Di fronte alle nuove realtà geopolitiche e alle sfide economiche e demografiche, noi, leader dell'Unione europea, siamo determinati ad assicurare la nostra prosperità economica comune e a rafforzare la nostra competitività, facendo dell'UE il primo continente al mondo a impatto climatico zero e garantendone la sovranità, la sicurezza, la resilienza e l'influenza globale. Sulla scorta dei lavori avviati a Versailles e proseguiti a Granada, a Bruxelles e nel quadro dell'agenda strategica, renderemo l'Unione più competitiva, produttiva, innovativa e sostenibile, basandoci sulla coesione economica, sociale e territoriale e assicurando convergenza e condizioni di parità sia all'interno dell'Unione che a livello mondiale”. Lo strumento per realizzare l'ambizioso obiettivo è subito precisato: “Accogliamo con favore le relazioni 'Much more than a market' di Enrico Letta e 'The future of European competitiveness' di Mario Draghi, che individuano sfide critiche e formulano raccomandazioni orientate al futuro. Dette relazioni costituiscono una solida base per portare avanti in modo ambizioso il nostro lavoro”.
Uno degli strumenti è il rapporto sul futuro del mercato unico dell’UE dal titolo “Molto più di un mercato: velocità, sicurezza, solidarietà”, di Enrico Letta che l'ex premier italiano e Presidente dell’Istituto Jacques Delors presentava al Consiglio europeo dello scorso aprile a conclusione del lavoro che gli era stato commissionato il 15 settembre 2023. Nella sua relazione al Consiglio, Letta auspicava tra le altre un rinnovamento del mercato unico attraverso la riforma dei quadri legislativi esistenti e l’espansione a nuovi settori. Una estensione dalle “quattro libertà” su cui si fonda il mercato unico capitalistico, ossia la libera circolazione dei beni, servizi, persone e capitali, a una quinta che dovrebbe comprendere la ricerca, l’innovazione, dati, competenze, conoscenze e istruzione per rafforzare il ruolo del mercato unico quale pietra angolare dell’integrazione europea.
Il rapporto sulla competitività europea che gli era stato richiesto un anno fa dalla presidente Ursula von der Leyen e che Mario Draghi aveva presentato il 9 settembre alla Commissione europea e il 17 settembre al parlamento europeo lo avevamo già analizzato sul numero 34/24 de Il Bolscevico nell'articolo “Il piano Draghi per fare dell'Ue una superpotenza a pari di Usa e Cina” dove così si sintetizzava il corposo documento: il mondo è cambiato e l'Europa sta perdendo la sfida con gli Stati Uniti e la Cina. Essa si trova di fronte a una “sfida esistenziale”, e se vuole evitare una “lenta agonia” ed essere una superpotenza che compete alla pari con le altre due deve accettare di “cambiare radicalmente”. Pertanto, per recuperare la competitività perduta e ricominciare a crescere, deve puntare sull'aumento della produttività e su tre aree strategiche, che sono l'innovazione, la decarbonizzazione, con la riduzione dei costi energetici, e la sicurezza, ovvero l'aumento della spesa militare per creare un vero e proprio esercito europeo, nonché la messa in sicurezza delle catene di approvvigionamento delle materie prime essenziali e delle tecnologie di frontiera, come l'intelligenza artificiale (IA). Tutto ciò richiede un gigantesco piano di investimenti da 800 miliardi l'anno, con un'ingente “mobilitazione” anche del risparmio delle famiglie, e una riforma della governance politica della Ue per sveltire le decisioni da prendere.
“A me spetta il compito di presentare la diagnosi. A voi, rappresentanti eletti, quello di tradurre questo programma in azione”, sentenziava il banchiere massone al termine della presentazione a settembre. Un concetto che rilanciava a Budapest indicando che “quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni” che servono per rilanciare l’Unione europea in un mondo dove, con la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane, “ci sono grandi cambiamenti in vista”; “non c'è alcun dubbio – insisteva Draghi - che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Europa. Non necessariamente tutto in senso negativo, ma certamente noi dovremo prenderne atto. Mi auguro che ritroveremo uno spirito unitario con cui riusciremo a, come dire, trovare il meglio da questi grandi cambiamenti. Andare in ordine sparso? Siamo troppo piccoli, non si va da nessuna parte. L'Ue è pronta a una eventuale guerra commerciale con gli Stati Uniti? Ho appena detto che bisogna negoziare con l'alleato americano, in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei”. Le indicazioni del Rapporto sulla competitività in Europa, “già urgenti, data la situazione economica in cui siamo oggi” ora “sono diventate ancora più urgenti dopo le elezioni negli Stati Uniti perché non c'è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Europa. Non necessariamente tutto in senso negativo ma certamente noi dovremmo prenderne atto. Dal punto di vista della prospettiva del Rapporto, quindi del rilancio della competizione in Europa, un paio di cose che vengono in mente sono che questa amministrazione sicuramente darà grande impulso ulteriore al settore tecnologico, al cosiddetto high tech, dove noi siamo già molto indietro e questo è il settore trainante della produttività”. Un altro problema arriverà dalle iniziative di Trump sia per lo sviluppo nei settori innovativi che “nella protezione delle industrie tradizionali che sono proprio le industrie dove noi esportiamo di più negli Stati Uniti. Quindi lì dovremo negoziare con l'alleato americano, con uno spirito unitario in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei”.
Nella conferenza stampa al termine del vertice informale la Presidente von der Leyen elogiava “l'inestimabile lavoro di Mario Draghi” e sottolineava che “c'è un ampio consenso sul fatto che questa sia la base su cui discutere e andare avanti. Ciò che è aumentato è l'urgenza di dare seguito agli argomenti trattati in questo rapporto”. I tempi di elaborazione dei problemi, della lista delle priorità e ancora di più di soluzioni da mettere in pratica nella Ue imperialista, dovuti alle divergenze tra i rispettivi interessi imperialisti nazionali, sono però ancora più lenti di una tartaruga e nel documento finale l'intento di “intensificare gli sforzi per garantire un mercato unico pienamente funzionante e liberarne appieno il potenziale quale fattore chiave per l'innovazione, gli investimenti, la convergenza, la crescita, la connettività e la resilienza economica” si traduce in un invito alla Commissione “a presentare entro giugno 2025 una strategia orizzontale nuova e globale sull'approfondimento del mercato unico che comprenda una tabella di marcia con scadenze e tappe precise”; stessa scadenza per le proposte della Commissione per “rafforzare le capacità tecnologiche dell'UE, accelerare la trasformazione digitale in tutte le industrie, cogliere le opportunità offerte dall'economia dei dati, garantendo nel contempo riservatezza e sicurezza, e favorire lo sviluppo di tecnologie innovative”. La scadenza si allunga al 2026 per “compiere passi decisivi verso un'unione dei risparmi e degli investimenti”, nessun riferimento temporale invece per “realizzare con urgenza progressi per quanto riguarda l'unione dei mercati dei capitali”. L'Ue imperialista elabora e prepara piani che chissà se realizzerà, quello che è certo è che nel 2026 l'amministrazione Trump sarà già quasi a mezzo mandato e non avrà aspettato i partner per applicare il suo programma.
Al momento l'istituzione trainante delle ambizioni della superpotenza imperialista europea è la nuova Commissione europea a guida von der Layen, pur ancora in fase di transizione in attesa del via libera dell'europarlamento. Alle consuete contraddizioni interimperialiste tra governi capitalisti che vorrebbero governare con maggiori debiti pubblici e i cosiddetti “frugali”, che non vogliono allargare i cordoni della borsa del bilancio comunitario, si è aggiunta una sempre più forte spinta nazionalista dei cosiddetti “sovranisti”, leggi fascisti, il blocco dei paesi che già si era formato durante la prima presidenza Trump. Di quella Internazionale Sovranista messa insieme dal suo consigliere Steve Bannon faceva parte anche la neofascista Meloni, così come registrato nel settembre del 2018 quando Bannon fu ospite di Atreju, l’evento annuale di Fratelli d’Italia, e celebrava l’adesione della Meloni al suo cartello sovranista. Un cerimoniale ripetuto nel 2024 col nuovo rappresentante di Trump, Elon Musk.
Quando un anno fa era stato messo in cantiere lo studio dell'agenda Draghi, l'imperialismo europeo viaggiava ancora al traino dell'alleanza popolari-socialisti ai vertici di Bruxelles e sulla spinta tradizionale del motore franco-tedesco; l'alleanza popolari-socialisti seppur indebolita è rimasta ma la locomotiva franco-tedesca si è quasi bloccata col presidente francese Macron supportato da un governo di coalizione non certo fortissimo e alle prese col debito crescente e il cancelliere Scholz in piena difficoltà a gestire una crescente crisi economica e sull'orlo delle dimissioni. Una condizione che sembra aprire spazi di azione per l'imperialismo italiano e offrire alla ducessa Meloni un ruolo di mediatrice tra la Ue e Trump che rafforzerebbe tra le altre il suo potere contrattuale anche verso la von del Leyen nonostante il voto di luglio contro la nuova Commissione. Alla neofascista rappresentante anzitutto dell'imperialismo italiano, per puntare almeno a uno strapuntino nella stanza dei bottoni dell'imperialismo europeo non mancano certo faccia tosta, ipocrisia e opportunismo, come conferma il suo trascorso politico da Bannon e Trump al bacio in fronte di Biden e ancora a Musk e Trump, dal ripetere a Budapest che “finché c’è una guerra l’Italia sarà al fianco dell’Ucraina” e subito precisare “dopodiché ovviamente vedremo come evolve lo scenario nelle prossime settimane”, e via galleggiando. D'altra parte è in buona compagnia col camerata ungherese Viktor Orbán che da padrone di casa ha chiuso il vertice informale con dichiarazioni del tipo “bisogna rendere l’euro una valuta mondiale e poi creare il più grande mercato di sempre, da Lisbona a Vladivostok”, con la Russia dell'amico Putin compresa.

13 novembre 2024