Scuderi: Lottiamo per il socialismo con tranquillità e serenità, concentrandoci sui problemi che abbiamo di fronte
Ripubblichiamo il terzo capitolo, intitolato Il socialismo, del Rapporto che il compagno Giovanni Scuderi ha presentato a nome dell'Ufficio politico del PMLI al 5° Congresso nazionale del Partito svoltosi il 6-7-8 dicembre 2008.
Oltre che per la sua importanza, siamo stati ispirati dal video che ha prodotto su di esso dalla compagna Teresa Cava, simpatizzante del PMLI. In poche parole, con esemplare sintesi, il Segretario generale e Maestro del PMLI descrive il socialismo e il percorso che dobbiamo seguire per conquistarlo. Leggerlo o rileggerlo fa bene perché ispira e fortifica la militanza marxista-leninista e ci aiuta a evitare pessimismo o opportunismo, avventurismo o codismo, nella piena consapevolezza che il socialismo finirà per affermarsi anche grazie ai nostri piccoli e grandi contributi che noi sapremo dare alla causa con nostro lavoro quotidiano.
In particolare l'ultimo brano dovrebbe essere imparato a memoria perché esprime lo spirito, la tranquillità e la serenità che dobbiamo avere nella titanica impresa di raggiungere l'agognata meta del socialismo.
Nel nostro Paese ci sono tanti combattivi movimenti di massa che contestano determinate scelte governative riguardanti la politica estera, la politica istituzionale, economica, sociale, energetica, ambientale, l'acqua, i rifiuti e altro. Nessuno di essi però chiede le dimissioni del governo Berlusconi e esce dai confini della Costituzione vigente e del capitalismo. Oggettivamente sono antigovernativi e anticapitalistici ma soggettivamente non lo sono. Non hanno ancora maturata la coscienza necessaria che li spinge a lottare per l'abbattimento del governo e del capitalismo.
Tuttavia più passa il tempo, più fanno esperienza, più si sviluppano le contraddizioni di classe e i conflitti di classe, qualcosa comincia a cambiare nella coscienza delle masse. Soprattutto la parte più combattiva e informata delle nuove generazioni comincia a interrogarsi su questa società e sulla possibilità che ce ne possa essere una nuova, migliore e più giusta. Riaffiora la questione del socialismo, che i revisionisti italiani pensavano di aver seppellito 40 anni fa. Ma ecco che spuntano nuovi riformisti che con le loro "teorie" di "nuovo socialismo", "socialismo dei cittadini", "socialismo del XXI secolo", ingannano e illudono le masse fautrici del cambiamento sociale.
Il "nuovo socialismo" di matrice italiana considera la non-violenza la "via maestra" per superare le contraddizioni nel capitalismo. "Il socialismo dei cittadini" di matrice spagnola, praticato dal premier Zapatero, si basa sui diritti civili che sono al primo posto rispetto a quelli sociali. Il "socialismo del XXI secolo" di matrice latino-americana, il cui maggior esponente è il socialdemocratico dichiarato Chavez, presidente del Venezuela, è un impasto di gramscismo, riformismo, guevarismo, castrismo, trotzkismo, movimentismo.
Tutte queste "teorie" hanno in comune, da una parte, il ripudio del socialismo dell'Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao, della dittatura del proletariato, della rivoluzione socialista, del movimento comunista del Novecento, della concezione marxista-leninista del Partito; dall'altra parte accettano il capitalismo, la proprietà privata capitalistica, la democrazia borghese, il parlamentarismo, il riformismo, la collaborazione tra le classi e l'esistenza delle classi.
La più pericolosa di queste "teorie" è quella del "socialismo del XXI secolo". Sia perché i suoi massimi esponenti sono al governo e conducono una forte politica contro l'imperialismo americano, sia perché praticano un ampio coinvolgimento delle masse. Di scarsa influenza è il cosiddetto "socialismo dei colori cinesi", appoggiato dal PdCI di Diliberto, dell'Ernesto di Giannini e di altri gruppi revisionisti e trotzkisti, più come fonte di finanziamento che come modello da seguire.
Comunque sia, il fatto politico principale è che il socialismo è ritornato di moda. Ciò ci crea migliori condizioni per convincere il proletariato a imboccare risolutamente la via dell'Ottobre.
Anzitutto il proletariato deve comprendere che il suo compito storico è quello di conquistare il potere politico rovesciando il capitalismo e instaurando il socialismo. Il capitalismo è la fonte del suo sfruttamento, della sua subalternità alla borghesia e della sua miseria. Non è eterno e insuperabile. Nonostante rappresenti un modo di produzione più progredito rispetto a quello schiavistico e feudale è pur sempre ingiusto e generatore di antagonismo sociale. Marx, a proposito, così si esprime: "I rapporti di produzione borghese sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorge dalle condizioni di vita sociale degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana"
. (Marx, "Per la critica dell'economica politica". Prefazione, gennaio 1859, in Marx Engels, opere complete, Ed. Riuniti, vol. 30, p. 299
Il socialismo è quindi un passaggio storico fondamentale per il progresso sociale e l'emancipazione dell'umanità. Giova in primo luogo al proletariato, ma anche a tutti i lavoratori del braccio e della mente e alle masse popolari. Perché, oltre a sopprimere i rapporti di produzione capitalistici basati sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, creano le condizioni per la eliminazione delle classi, che avverrà nel comunismo dove non ci saranno più gli antagonismi di classe e l'umanità potrà autogovernarsi senza aver bisogno dello Stato e dei partiti. Per arrivare a ciò bisogna inevitabilmente passare dalla dittatura del proletariato, la sola in grado di assicurare la massima libertà e democrazia alle masse popolari e nessuna libertà e democrazia alla classe borghese spodestata e ai nemici del socialismo.
Su questo punto, i riformisti e i revisionisti di ieri e di oggi, in Italia e in tutti i paesi del mondo, non sono assolutamente d'accordo. Pretendono la libertà e la democrazia per tutti. Ma se si desse ascolto a loro il socialismo, e successivamente il comunismo, non si realizzerebbero mai. La loro è una posizione astratta, che non tiene in conto che nel socialismo esistono ancora le classi e la lotta di classe. "Fino a che esistono classi diverse, non si può parlare di una 'democrazia pura',
- sostiene Lenin - ma soltanto di una democrazia di classe... 'Democrazia pura' è la formula menzognera del liberale che vuol trarre in inganno gli operai. La storia conosce la democrazia borghese, che prese il posto del feudalesimo, e la democrazia proletaria che prende il posto di quella borghese"
. ("La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautskj", ott-nov. 1918, opere complete, Ed. Riuniti, vol. 28, p. 247)
Al terzo Congresso, tenutosi 23 anni fa, abbiamo tracciato il disegno generale del nostro socialismo, sul quale continuiamo a riconoscerci e a richiamare l'attenzione e il giudizio del proletariato e di tutti i sinceri fautori del socialismo dovunque siano attualmente organizzati. Naturalmente quel disegno non esaurisce tutte le questioni riguardanti l'edificazione del socialismo in Italia. Anche perché non possiamo sapere quale sarà la situazione concreta post-rivoluzionaria sui piani economico, politico, sociale, della morale, dei costumi, dell'organizzazione familiare e così via.
I problemi non si possono trattare e risolvere tenendo presente solo i principi e la cultura marxisti-leninisti, occorre avere pure una conoscenza approfondita della realtà concreta in cui si opera.
La seconda cosa che il proletariato deve comprendere è che non può conquistare il potere politico e il socialismo attraverso la via elettorale, parlamentare, pacifica, riformista, legale e costituzionale. L'unica via possibile è quella della rivoluzione socialista coinvolgendo le masse lavoratrici, ossia il semi-proletariato, il semi-proletariato agricolo, i contadini poveri, la piccola borghesia dello strato inferiore, il sottoproletariato, nonché i gruppi e i movimenti politici, sindacali, sociali, culturali e religiosi che sono per la rivoluzione e il socialismo.
Tutte queste forze devono essere riunite e organizzate nel Fronte unito rivoluzionario sulla base di una piattaforma politica comune, evitando quelle questioni religiose o filosofiche che possono dividere i partecipanti non credenti e credenti. Al Fronte unito rivoluzionario, che deve accettare la direzione del proletariato, possono far parte anche singoli elementi della piccola-borghesia dello strato superiore e della media borghesia, purché rinuncino alle rivendicazioni della propria classe e sposino il socialismo.
Già dalla composizione e dall'ampiezza del Fronte si capisce che la nostra rivoluzione, che prenderà la forma di un'insurrezione di massa, non ha nulla a che vedere con il terrorismo e le azioni avventuristiche e provocatorie di piccolo gruppo isolato dalle masse.
La rivoluzione socialista è opera delle masse sfruttate e oppresse coscienti della sua portata e dell'opera storica che compiono. Così ne parla Lenin: "Le rivoluzioni,
- diceva Marx, - sono le locomotive della storia. La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati. Mai la massa popolare è capace di operare in quanto creatrice attiva di nuovi ordinamenti sociali come durante la rivoluzione"
. ("Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica", giugno-luglio 1905, opere complete, Ed. Riuniti, vol. 9, p. 100)
I revisionisti antichi e moderni sostengono che Engels negli ultimi mesi prima della sua morte abbia rinunciato alla lotta armata. Barano. Per sostenere le loro tesi, infatti, citano il testo di Engels sull'"Introduzione alla lotta di classe in Francia dal 1848 al 1850" in cui erano stati soppressi o modificati dei brani. Questi brani furono trovati e pubblicati per la prima volta nel 1924 nell'Unione sovietica a cura dell'Istituto Marx-Engels-Lenin di Mosca. Leggendoli si capisce che per Engels la tattica per la presa del potere da parte del proletariato per via pacifica poteva andare bene in determinate condizioni e, comunque, non poteva avere un carattere universale.
La nostra via rivoluzionaria esclude l'idea che il proletariato e il suo Partito possano partecipare assieme alla borghesia e ai suoi partiti al governo centrale e ai governi regionali, provinciali e comunali. In posizione di minoranza, o di estrema minoranza, non potremmo che coprire a sinistra la classe dominante borghese e frenare la lotta di classe. Come dimostra ampiamente la storia governativa italiana con i governi di "unità nazionale" e di "centro-sinistra".
Per noi vale ciò che ha detto Marx nella seduta del Comitato centrale della Lega dei comunisti del 15 settembre 1850, e cioè: "Il nostro Partito può andare al potere soltanto quando le condizioni permetteranno di realizzare la sua idea"
. (Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 10, p. 629).
Nel capitalismo, il posto di combattimento migliore e più redditizio del Partito del proletariato riteniamo sia quello dell'opposizione governativa al di fuori del parlamento e delle istituzioni borghesi. Perché solo così può avere le mani completamente libere e realizzare i suoi compiti e obiettivi rivoluzionari, oltreché tutelare gli interessi immediati del proletariato e delle masse popolari.
Questa collocazione strategica è un elemento fondamentale che ci ha spinto ad adottare l'astensionismo elettorale nell'ormai lontano 1970. Esso è tuttora attuale e lo dobbiamo propagandare nelle elezioni amministrative ed europee nella primavera del prossimo anno. Nonostante le difficoltà che abbiamo nel farlo accettare da quella parte dell'elettorato di sinistra che ancora continua a votare i partiti della "sinistra" borghese, compresi i falsi partiti comunisti PRC e PdCI. Perché ancora sono troppo radicate le illusioni elettorali, parlamentari e governative dalla predicazione di oltre cento anni dei riformisti.
Noi non siamo contro il suffragio universale, anche se conosciamo bene i suoi limiti e i suoi scopi democratici-borghesi. Solo che lo utilizziamo a modo nostro, a seconda delle circostanze e delle nostre necessità politiche e tattiche. Chiedendo un voto al PMLI attraverso l'astensionismo e votando le sue liste qualora le presentasse.
Sul piano della legislazione elettorale, noi siamo per la proporzionale secca, per le preferenze, per la composizione paritaria dei sessi delle liste, per il voto dei sedicenni al parlamento e dei quattordicenni alle amministrative, per il voto ai migranti al parlamento e alle amministrative.
In futuro, cambiando situazione politica, in presenza di avvenimenti politici ora imprevedibili, oppure perché si voglia fare qualche puntatina tattica in parlamento o in altre istituzioni rappresentative borghesi, non possiamo escludere che si presentino delle liste elettorali. Pronti però a ritornare all'astensionismo elettorale, una volta che è superata la circostanza politica o si è compiuta l'operazione elettorale-parlamentare tattica. Sono le necessità del momento che determinano la nostra tattica elettorale: astensionismo o partecipazionismo parlamentare.
In ogni caso le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, che sono parti integranti e fondamentali del nostro astensionismo elettorale e della nostra strategia rivoluzionaria, devono continuare a esistere e a operare, indipendentemente dalla scelta elettorale tattica del Partito. Esse non devono essere confuse né con i Comitati di lotta legati a battaglie contingenti su problemi specifici, né con i Soviet leninisti in quanto non sono state concepite come organismi insurrezionali e del futuro Stato socialista. La loro attuale funzione è quella di essere dei contraltari delle istituzioni rappresentative borghesi su tutte le questioni politiche, economiche, sociali, culturali, ambientali, urbanistiche, ecc. che sono in discussione su scala nazionale e locale.
Il socialismo storicamente e oggettivamente è all'ordine del giorno nel nostro Paese. Ma affinché diventi maturo soggettivamente e generi delle lotte rivoluzionarie dovremo sudare sette camicie. E non basteranno. Ci aspetta tanto lavoro e molto duro. Dobbiamo farlo senza ansia e fretta di concluderlo. Diamo tempo al tempo. Dobbiamo lavorare con tranquillità e serenità. Non tutto dipende da noi e dalla nostra volontà.
Non dobbiamo preoccuparci tanto se vedremo o non vedremo il socialismo, quanto di far bene tutto quello che è nelle nostre possibilità per preparare l'evento, concentrandoci sui problemi che abbiamo attualmente di fronte. Ricordiamoci delle parole testamentarie della Lucia: "Se quando morirò non riuscirò a vedere quello per cui ho lottato, non importa, vi saranno quelli che verranno dopo di me. L'avvenire sarà radioso, io ho fatto la mia parte, ognuno farà la sua per arrivare alla vittoria finale del socialismo".
Dobbiamo andare avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista. Avanti vuol dire non fermarsi mai, e procedere anche se a piccoli o piccolissimi passi quando la marcia si fa più dura o abbiamo bisogno di riprendere fiato. Con forza vuol dire mettercela tutta e essere determinati. Con fiducia vuol dire essere pienamente convinti che un giorno ci sarà l'Italia unita, rossa e socialista. La nostra titanica impresa farà epoca e sarà per sempre scolpita nel cuore del proletariato italiano.
27 novembre 2024