L'Ocse lancia l'allarme sulla sanità italiana
Oltre che un grido di allarme è un vero e proprio grido di dolore per le masse popolari italiane quello che emerge dai dati del rapporto “Health at a Glance: Europe 2024” dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), organizzazione internazionale che raggruppa 38 Paesi del mondo capitalista avanzato: nel rapporto di 233 pagine, infatti, vengono presi in esame svariati aspetti dei sistemi sanitari dei 38 Paesi membri e una parte importante è dedicata all'Italia.
Dal rapporto emerge che nel nostro Paese la spesa sanitaria pro capite è stata pari a 2.947 euro nel 2022, più bassa di 586 euro rispetto alla media europea, che è stata di 3.533 euro, con una quota rispetto al Pil del 9% rispetto al 10,4% della media dei Paesi Ue.
Nel 2023, sempre in base al rapporto, la spesa sanitaria totale pro capite nel nostro Paese è diminuita su base annua di quasi il 4% in termini reali rispetto all'anno precedente, riflettendo un calo del 4,5% della spesa pubblica e del 2,6% della spesa diretta.
L'Ocse stima che la spesa sanitaria pubblica rappresenta complessivamente il 75% della spesa sanitaria totale in Italia, una quota inferiore alla media Ue che è dell’81%, mentre la spesa sanitaria privata rappresenta il 23% della spesa totale, una percentuale maggiore rispetto alla media Ue che si ferma al 15%: ciò significa che in Italia sono costrette a rivolgersi alla sanità privata molte più persone, in percentuale, rispetto al resto dell'Europa. Il governo italiano, quindi, investe di meno sulla sanità pubblica rispetto al resto dei Paesi Ue costringendo, di fatto, chi se lo può permettere a rivolgersi alla sanità privata.
Note dolenti per l'Italia ci sono anche per ciò che riguarda il personale sanitario.
Per ciò che riguarda i medici, il rapporto segnala il progressivo aumento della loro età a causa del limitato afflusso dei giovani, molti dei quali vanno a lavorare o addirittura a specializzarsi all'estero dopo la laurea: in Italia più della metà dei medici ha oltre 55 anni, mentre il 27% ha come minimo 65 anni.
Nel 2025 – come si evince dal rapporto di Sumai Assoprof, il sindacato dei medici ambulatoriali italiani – circa 40.000 medici andranno in pensione, e saranno rimpiazzati soltanto in parte da professionisti giovani. Anche riguardo agli infermieri che operano in Italia le notizie sono pessime.
“Le domande di immatricolazione ai percorsi formativi infermieristici
– si legge in una nota degli autori del rapporto - si sono quasi dimezzate dal 2012, nonostante un aumento del 25% del numero di posti disponibili”
con la conseguenza che il numero di laureati in Infermieristica in Italia “rimane uno dei più bassi dell’Ue in rapporto alla popolazione (16,4 contro 37,5 per 100.000 abitanti nell’Ue nel 2022)”.
Ad aggravare la situazione, segnala il rapporto, si aggiunge poi l’emigrazione di laureati in Infermieristica alla ricerca di retribuzioni più vantaggiose all’estero, e tutto questo “solleva apprensioni
– conclude la nota - riguardo alla capacità dell’Italia di colmare le future posizioni infermieristiche”.
Gli stipendi degli infermieri italiani, infatti, sono più bassi del 20% rispetto alla media dei Paesi Ue e anche tenendo in considerazione gli aumenti dovuti al rinnovo del contratto in corso - che prevede per gli infermieri ulteriori 2 mila euro annui - e le risorse stanziate nella legge di bilancio per i prossimi rinnovi sarà difficile riequilibrare gli stipendi degli infermieri italiani con quelli della media dei Paesi Ue: la media europea, infatti, è di 39,8 mila euro annui mentre in Italia la cifra è di 32,6 mila euro.
Se alle analisi tecniche e contabili del rapporto dell'Ocse si aggiunge il dato politico del sistematico disimpegno dei governi italiani – sia di centrodestra sia di centrosinistra sia tecnici - degli ultimi vent'anni sulla sanità pubblica il risultato è tragico per la salute delle masse popolari che vivono in Italia.
11 dicembre 2024