Rapporto di Amnesty
“Violati i diritti umani” nella piazza pro Palestina del 5 ottobre
Critiche al ministro dell'Interno Piantedosi. Occorre una “indagine indipendente sulle forze dell'ordine”
 
Amnesty International Italia ha pubblicato un articolato documento che denuncia l'operato del governo Meloni per gli avvenimenti avvenuti prima e durante la manifestazione nazionale per la Palestina tenutasi a Roma il 5 ottobre 2024. Una ricerca frutto del lavoro svolto da un gruppo di osservatori qualificati che ha analizzato filmati, foto, documenti legali e raccolto testimonianze da alcuni attivisti, quattro avvocati, organizzatori dell’evento e da una seconda organizzazione per i diritti umani anch'essa presente a Roma in quella giornata, già dalle settimane precedenti, carica di tensione.
In questo importantissimo documento, l'associazione internazionale parla senza mezzi termini di violazione dei diritti umani, compresi i più fondamentali come quello alla “libertà di espressione” e di “riunione pacifica”.

Un divieto preventivo discriminatorio
Amnesty ritiene innanzitutto che il divieto preventivo alla piazza del 5, emesso dal questore di Roma il 24 settembre, sia stato “discriminatorio” e lesivo di tali diritti. Questo provvedimento fu disposto nei fatti da Piantedosi che lo giustificò in risposta alle dichiarazioni rilasciate da parte di alcune delle associazioni palestinesi promotrici e da altre che appoggiavano la giornata di lotta, nelle quali si celebrava l'attacco palestinese del 7 ottobre definendolo “rivoluzionario”. Secondo Amnesty però, la disposizione del Ministro degli Interni si basava semplicemente su “vaghi timori” che non potevano giustificare l'annunciato rischio di “gravi turbative per l’ordine e la sicurezza”, tali da proibire una manifestazione pubblica.
“La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di opinione ed espressione, già nel suo rapporto di agosto, - ricorda poi Amnesty - ha espresso preoccupazione per la tendenza a imporre restrizioni illegali, discriminatorie e sproporzionate contro l’attivismo a favore dei diritti del popolo palestinese. Ha inoltre menzionato di recente l’Italia tra i paesi in cui la polizia ha fatto ricorso a un uso eccessivo della forza contro tali manifestanti, citandola come esempio di una preoccupante tendenza alla repressione sproporzionata e discriminatoria delle proteste e delle critiche dei gruppi pro-Palestina.”
È evidente quindi che agli osservatori internazionali non sono sfuggite le manganellate di stampo mussoliniano che hanno contraddistinto fin dal suo insediamento la linea repressiva del governo Meloni e del Ministro dell'ordine fascista Piantedosi, soprattutto contro le studentesse e gli studenti che sono stati i primi a mobilitarsi contro il genocidio perpetrato dal boia nazisionista Netanyahu.
In ogni caso, continua Amnesty, l'eventuale divieto preventivo deve essere “legittimo, necessario, proporzionato e neutrale rispetto al contenuto”; ecco perché imporre divieti così ampi e severi non solo viola i diritti umani, ma rischia anche di rafforzare pregiudizi e stereotipi contro chi sostiene i diritti del popolo palestinese, risultando ancora una volta discriminatorio. E anche questo è stato certamente un obiettivo primario dell'esecutivo neofascista, ricercato in ogni occasione nella comunicazione sui media di regime per screditare la lotta, affinché fosse più semplice schiacciarla con una opinione pubblica ingannata e condizionata.

Controlli e misure preventive illegali
Nel mirino della denuncia, anche i fermi di numerose persone dirette alla manifestazione del 5 ottobre, attuati coi blocchi alle uscite autostradali, alla stazione e dalle volanti della polizia che hanno rincorso e fermato auto e persone “sospette” in tutta Roma e in tutte le via di accesso alla piazza. Si tratta di centinaia di antisioniste e antisionisti trattenuti in stazioni di polizia per diverse ore senza spiegazioni specifiche né valide regioni legali, ma semplicemente per impedire loro di scendere in piazza. Tra questi ricordiamo il vergognoso caso di un militante del PMLI fermato alla stazione di Termini solo perché indossava una maglietta del Partito, bloccato prima dai militari, poi passato in consegna alla Polfer: per circa tre ore, e infine condotto in una questura dopo essere stato privato del cellulare e della possibilità di comunicare con l’esterno. L'aggravante di queste misure di stampo fascista è rappresentato dal consistente numeri di “fogli di via” rilasciati per periodi da sei mesi a quattro anni, e legati nella stragrande maggioranza dei casi alla sola presenza nella capitale con l'intenzione di manifestare.
Mentre questa identificazione e i fermi su larga scala veniva messa in atto come nel più classico dei regimi fascisti, per Amnesty anche l'autorizzazione concessa ai promotori di poter svolgere un presidio a Piramide – a quel punto con migliaia di persone già fermate o respinte –, è stata parte di un piano repressivo. La piazza concessa infatti, fu completamente circondata dalle forze di polizia, con un accesso fortemente limitato sia in entrata che in uscita per tutta la giornata che imprigionò di fatto i manifestanti e favorendo la loro identificazione di massa.

L'uso ingiustificato del manganello neofascista
Ma se quanto sopra non bastasse, Amnesty ha criticato pesantemente anche la risposta della polizia ai tentativi di sfondamento del cordone da parte di un piccolo gruppo di manifestanti, utilizzando gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, e senza nessun preavviso come invece dovrebbe essere da prassi.
Gli osservatori di Amnesty International Italia hanno infatti documentato “l’uso non necessario della forza contro manifestanti pacifici”, colpiti anch'essi mentre cercavano di allontanarsi dalla zona, non avendo nulla a che vedere con gli scontri.
“Dalle foto e dai video analizzati – si legge nel report - è emerso che la polizia antisommossa ha iniziato a caricare con i manganelli nel tentativo apparente di disperdere i manifestanti, colpendo chiunque riuscisse a raggiungere, comprese persone che stavano manifestando pacificamente o che stavano semplicemente indietreggiando dalle forze di polizia stesse (…) lo scioglimento dell’intera protesta per questa sola ragione non può essere giustificato, ed è in contrasto col Diritto Internazionale.”
Insomma, il rapporto di Amnesty rappresenta anche un sberla in faccia a Meloni che, assieme ai suoi scagnozzi e ai media che controlla, ha continuato a rilanciare una versione dei fatti falsa e strumentale che bollava i brevi tafferugli avvenuti a manifestazione conclusa in piazzale Ostiense come opera di “numerosi infiltrati violenti”. Un evergreen della narrazione poliziesca che in tempi relativamente recenti aveva avuto il suo culmine al G8 di Genova del 2001, ma che viene puntualmente cucito addosso a ogni momento di tensione di ogni manifestazione di piazza, per giustificare la repressione del momento e quella preventiva nelle occasioni che seguiranno.

Amnesty accusa, Meloni non risponde e tira dritto. Tocca alla piazza buttarla giù
Prima della pubblicazione del documento, Amnesty International ha condiviso le sue principali conclusioni e le sue perplessità con il ministero dell’Interno, il capo della polizia, il questore e il prefetto di Roma, offrendo loro l’opportunità di replicare. Ma confermando la linea tenuta con i sindacati e le parti sociali in ogni occasione nella quale si è sottratto al confronto, anche stavolta il governo ha mostrato che l'unica risposta che conosce contro il dissenso e nei confronti di chi lo critica è il silenzio ed il tirare dritto per la sua nera strada.
All'Organizzazione allora non è rimasto altro da fare che chiedere urgentemente un’indagine indipendente, approfondita e imparziale su tali violazioni dei diritti umani, sollecitando immediatamente ad un esecutivo che non ci sente, l’adozione immediata di misure che garantiscano il diritto alla libertà di riunione pacifica, soprattutto in vista delle manifestazioni previste per le prossime settimane.
In conclusione, seppur il rapporto di Amnesty confermi in maniera tangibile e per l'ennesima volta quale razza di mostro neofascista sia il governo Meloni, noi come tutte le antifasciste e tutti gli antifascisti sappiamo bene che questo esecutivo si presenta come una versione aggiornata di quello di Mussolini in tutto e per tutto. Ecco perché non potrà essere altro che una piazza, combattiva, affollata e unitaria, a cacciarlo quanto più rapidamente possibile.
Meloni non seguirà certo quel che dice Amnesty, perché il suo scopo è quello di cancellare il dissenso in ogni modo e costruire una narrazione neofascista dei fatti, come mostra anche il Ddl Sicurezza che va respinto con forza dagli operai e dalle operaie, dalle studentesse e dagli studenti, dagli intellettuali antifascisti, e dalle masse popolari.

11 dicembre 2024