Un film anticomunista su La7
Mauro strumentalizza la morte di Lenin per esaltare Trotzki e attaccare Stalin e il socialismo

L'11 dicembre scorso è andato in onda su La7 il film documentario sulla morte di Lenin, dal titolo “Cronaca di un mistero”, curato dall'ex direttore ed editorialista de La Repubblica , Ezio Mauro. Un'operazione di chiaro stampo anticomunista, tesa a falsificare la storia della Rivoluzione d'Ottobre, per demonizzare Lenin e Stalin e riabilitare ed esaltare Trotzki come il suo vero artefice. Ricorrendo oltretutto a tutti i trucchi del mestiere mediatico, compreso l'uso di un formato audiovisivo tipico dei “thriller” polizieschi.
Per avvalorare le sue tesi anticomuniste e trotzkiste e portare lo spettatore a condividerle, in questo film Mauro si avvale degli interventi di alcuni “esperti” ben scelti, personaggi di tendenze prevalentemente liberali e/o trotzkiste, tra cui Silvio Pons, docente all'Università di Pisa e direttore dell'Istituto Gramsci di Roma, definito “storico del comunismo”; Guido Carpi, professore all'Università Orientale di Napoli, definito “biografo di Lenin”; l'ex Potere operaio, ex Manifesto, ex portavoce di Bertinotti e oggi collaboratrice de “Il Riformista” di Renzi, Ritanna Armeni; lo storico, professore all'Università di Siena e collaboratore della Rai, Marcello Flores D'Arcais, e Roberto Massari, scrittore, “biografo di Trotzki” e autore di libri su Guevara e Chavez.

Stalin “gran sacerdote del culto di Lenin”
Il video si apre con le immagini del mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa e con il commento di Mauro che dice di essere andato a visitarlo più volte, “sulle tracce dell'uomo che ha inaugurato il terrore deviando il corso del Novecento”: sottintendendo con ciò la tesi, cara ai liberali e revisionisti odierni, che senza di lui e la Rivoluzione d'Ottobre, se ci si fosse fermati alla Rivoluzione di Febbraio e avesse vinto Kerensky, o almeno se avesse vinto Trotzki, la Russia avrebbe potuto diventare una nazione capitalista a regime democratico liberale borghese, degna di stare a fianco degli Stati Uniti e delle altre nazioni europee.
A questo scopo, seguendo la classica vulgata revisionista, la prima parte, dedicata alle Rivoluzioni di Febbraio e di Ottobre del 1917, cerca di far sembrare la prima come la vera rivoluzione spontanea e democratica delle masse, del tutto estranea alla presenza e all'attività dei bolscevichi, e la seconda come una sorta di colpo di Stato militare degli stessi: “Lenin fu colto di sorpresa dalla rivoluzione di febbraio”, dice infatti Pons, che giustifica la continuazione della guerra voluta da Kerensky perché “aveva timore che i tedeschi arrivassero a Pietrogrado”. Mentre Lenin, secondo la Armeni, “compie un sacrilegio: viaggia su un treno piombato fornito dalla Germania nemica”. Un Lenin spregiudicato e senza scrupoli, dunque, un leader “calmo, incapace di paure, dittatoriale”, come ribadisce Mauro, pronto a sfruttare cinicamente la Rivoluzione “democratica” di Febbraio per far fuori Kerensky e guidare l'insurrezione di Ottobre (“organizzata insieme a Trotzki”, sottolinea comunque Mauro anticipando la tesi che gli sta a cuore), per poi “inaugurare il terrore”.
È questo il sottotesto della prima parte, che si chiude con il funerale di Lenin del gennaio 1924: “Organizzato da Stalin come una seconda rivoluzione”, servendosi anche dell'imbalsamazione del corpo di Lenin, che era “il rito dei Re” presso gli egizi, sottolinea Mauro. Proposta che infatti Stalin “appoggia subito”, per creare un culto di Lenin ed “essere il suo sacerdote”. Naturalmente, sempre secondo Mauro, Stalin farà anche in modo di creare dei pretesti per tenere lontano Trotzki dalla cerimonia e apparire anche visivamente come il vero e unico successore di Lenin.

“La genesi del terrore è nella dittatura del proletariato”
Si passa quindi al capitolo “Terrore”, in cui da una parte si cerca in tutti i modi di presentare Trotzki come il vero artefice della Rivoluzione bolscevica e della vittoria nella sanguinosa guerra civile che la seguì, e dall'altra si presenta l'instaurazione della dittatura del proletariato come quella di un regime di “terrore” cieco e fine a sé stesso.
“Protagonista della guerra civile è Trotzki”, sentenzia infatti Flores, e Massari gli fa eco esaltandolo come il creatore e leader “ultra leggendario” dell'Armata rossa. Secondo Flores è nel periodo della guerra civile contro le armate bianche che c'è un primo scontro tra Stalin e Trotzki sul problema se arruolare o no nell'Armata gli ex ufficiali zaristi: “Trotzki dice si, e Lenin gli dà ragione”, sostiene lo storico, ammettendo che però “Lenin impedisce di emarginare Stalin.
“A inaugurare il terrore è Lenin”, ribadisce a sua volta Mauro, con la creazione della polizia politica CeKa (in realtà Commissione straordinaria per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio, ndr) diretta da Feliks Dzeržinskij, che scatena una “repressione selvaggia”: “La genesi del terrore non è già tutta contenuta nella teoria della dittatura del proletariato?”, chiede a questo punto l'ex direttore de La Repubblica . “La dittatura è il presupposto del terrore”, gli viene dietro Pons, a sostegno della tesi che la dittatura del proletariato, già preconizzata da Marx e Engels dopo l'esperienza della Comune di Parigi e teorizzata in forma compiuta da Lenin in “Stato e rivoluzione” proprio alla vigilia dell'insurrezione di Pietrogrado, non sarebbe altro che un uso spregiudicato della violenza del Partito bolscevico al puro scopo di mantenersi al potere, e non invece l'uso necessario della violenza rivoluzionaria per impedire alla classe borghese capitalista spodestata di rovesciare il potere proletario con la violenza controrivoluzionaria.
Manco a dirlo, infatti, il film prosegue con una lunga parte dedicata alla fucilazione dello zar Nicola II e della sua famiglia, che il Partito bolscevico decise di eseguire sia per i mostruosi crimini commessi da questa dinastia contro i popoli russi, sia perché c'era il rischio concreto che essa potesse essere liberata dai bianchi e diventare un simbolo delle forze controrivoluzionarie interne e internazionali. “Una carneficina”, “il massacro dei Romanov”, “la ferocia del massacro”: Mauro non lesina qui lo sdegno e le tinte forti, che estende anche alla repressione del clero ortodosso che si era messo contro la rivoluzione, parlando di “ventimila giustiziati” tra i religiosi.

I pretesi “misteri” di Mauro sulla morte di Lenin
Nel successivo capitolo, “La scissione”, si parla del periodo della malattia di Lenin a Gorky, presentando Lenin ridotto quasi a un incapace di intendere e di volere e Stalin come “l'uomo che gli fa il vuoto intorno”, sfruttando la sua debolezza e lontananza dal Partito per consolidare il proprio potere assoluto: “Lenin è praticamente prigioniero di Stalin, e propone a Trotzki di fare una frazione segreta e di fargli da vice”, sostiene nientemeno Massari. Dopodiché conclude malinconicamente che Trotzki non accettò, e “nessuno storico ha mai capito perché. “Trotzki esita per superbia, o per timore”, suggerisce allora Mauro, condividendo evidentemente sia la favola che il disappunto per l'“occasione storica” sprecata.
Si passa infine, com'era scontato, al capitolo “Il testamento”, in cui Mauro parla del famigerato “testamento” di Lenin, che secondo lui e tutti i trotzkisti e liberali avrebbe sconfessato Stalin e designato Trotzki come segretario del Partito. Ma prima adempie alla promessa suggerita nel titolo del filmato, “Cronaca di un mistero”, avventurandosi in una serie di spericolate ipotesi sulla “vera” causa della morte di Lenin, suggerendo che il referto di morte per “aterosclerosi prematura del cervello” firmato dai medici curanti di Lenin (tranne uno che, dice lui, era “amico di Trotzki”) fosse falso.
Tra queste ipotesi anche quella della morte a causa della sifilide, che potrebbe essere stata nascosta “per pudore dal Partito”, e quella di un avvelenamento, “circolata parecchio a livello popolare”, forse con una zuppa di funghi: “Trotzki, negli anni dell'esilio, farà un articolo dal titolo 'Super Borgia al Cremlino”, spara a questo punto Mauro per avvalorare il sottinteso di un complotto di Stalin per sbarazzarsi prematuramente di Lenin. Seguito malvolentieri su questo piano scivoloso perfino dagli stessi “esperti”, che giudicano “improbabili” simili ricostruzioni. Ma Mauro insiste caparbiamente con la sua tesi, e dice che eppure “resta il dubbio”, che “leggendo i diari dei medici restano dei sospetti”, e che se nessuno oggi li vuole confermare è per il “timore che il mito di Lenin possa essere scalfito”.

Interpretazione di comodo del “testamento” di Lenin
Si arriva così al gran finale con il “pezzo forte” del filmato, il cosiddetto “testamento” di Lenin, così definito all'epoca da un giornalista americano trotzkista, che in realtà fa parte di una serie di appunti dettati da Lenin tra il dicembre 1922 e il gennaio 1923 in preparazione di un suo intervento al XII Congresso del PC(b)R (aprile 1923), intervento a cui poi l'artefice della Rivoluzione d'Ottobre fu costretto a rinunciare per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute.
In queste note Lenin esprimeva i suoi timori per un'eventuale scissione, e formulava una serie di giudizi critici su alcuni dei membri più in vista del CC, tra cui Stalin, già nominato Segretario del Partito su sua proposta, di cui criticava i “modi grossolani”, esprimendo per questo dubbi sulla sua idoneità a guidare il Partito; ma anche l'inaffidabilità di Kamenev e Zinoviev, per aver rischiato di sabotare l'insurrezione di Ottobre rivelandone in anticipo la data, e il “non bolscevismo” di Trotzki, per la sua tendenza a mettersi contro le decisioni del CC e la sua “eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi ”.
Lenin non voleva che le sue considerazioni, raccolte in una “Lettera al Congresso”, venissero strumentalizzate per creare frazionismo, e per questo dispose che non venissero pubblicate. Tuttavia esse furono portate a conoscenza del Partito e dibattute ampiamente al suo interno, sia nei suoi organi centrali sia nel XII e XIII Congresso. L'opposizione trotzkista cercò di strumentalizzare il documento, accusando Stalin e il CC di averlo “nascosto”, ma giustamente Stalin, nel respingere l'accusa del tutto pretestuosa, fece notare che mentre il giudizio di Lenin su di lui riguardava il suo carattere, quello sugli altri membri criticati, e in particolare su Trotzki, era di tipo politico e di linea.
Mauro però si guarda bene dal riferire questi particolari illuminanti, e si concentra solo sulle critiche a Stalin, nell'intento di dimostrare che Lenin avrebbe voluto la sua sostituzione con Trotzki. Ma lo stesso Pons non può fare a meno di fargli notare che nella lettera “Lenin critica tutti, anche Trotzki”. “Un po' meno”, ribatte subito, punto sul vivo, l'editorialista di Repubblica . Che non rinuncia a sentenziare: “Nel testamento di Lenin non c'è il nome del suo successore, ma solo il nome di chi non dovrà mai occuparlo, Iosif Stalin”.

L'ossessione anticomunista e trotzkista di Mauro
Durante le diverse discussioni sulla lettera di Lenin, in segno di lealtà verso il Partito e per agevolare un chiarimento più franco possibile, Stalin offrì per due volte le sue dimissioni, che furono però respinte all'unanimità dal CC. Lo stesso Trotzki, in una dichiarazione pubblica nel 1925, ammise che Lenin non aveva lasciato nessun “testamento”, che quelle del giornalista americano erano solo “calunnie contro il CC” e che se quelle lettere non furono pubblicate fu perché il suo autore “non le aveva destinate alla stampa”. Ciononostante Mauro insiste nella sua pervicace falsificazione storica, commentando così questa per lui sciagurata decisione del CC: “Il plenum del Consiglio degli anziani (sic) sceglie di difendere Stalin per difendere sé stesso, tradendo Lenin. La bomba è stata disinnescata”.
Il video si chiude poi con immagini che ritornano sul funerale di Lenin, e didascalie della più scontata retorica anticomunista e trotzkista, che descrivono il periodo epico della costruzione del socialismo in Urss come “i decenni di potere di Stalin”, in cui “ha cancellato ogni opposizione e causato milioni di morti” e l'eliminazione di tutti i suoi rivali nel Partito: “Ma tutto era già scritto in questo paesaggio di sangue (sic) in cui la bara di Ilic entra nel mausoleo”, recita infatti la didascalia finale.
Questo di Ezio Mauro non è il suo primo caso di falsificazione della storia della Rivoluzione d'Ottobre. Ricordiamo al riguardo la scia di velenosi articoli anticomunisti dal titolo “Cronache di una rivoluzione” che scrisse su La Repubblica in occasione del centenario dell'insurrezione di Pietrogrado, le cui falsità e tesi anticomuniste abbiamo denunciato e smascherato su Il Bolscevico n. 33 del 2017; nonché, nei mesi scorsi, sempre su Repubblica , un'altra serie di interventi sulla morte di Lenin dal titolo “Lenin, un romanzo russo”.
Ma con questo film su La7 ha veramente passato ogni limite, arrivando a smascherarsi come un trotzkista convinto; anzi sfacciato, al punto da imbarazzare, cercando di indurli a sostenere le sue inventate congetture sulla morte di Lenin e la designazione di Trotzki come suo successore, i pur compiacenti storici che si era scelto. Evidentemente quella di riscrivere la storia del movimento operaio internazionale in chiave anticomunista e trotzkista è una sua vera ossessione, ma con noi marxisti-leninisti, i più fedeli allievi e difensori di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, ha trovato il pane per i suoi denti.

 

18 dicembre 2024