La sicurezza d'Italia rischia di essere affidata al monopolista Musk, amico stretto di Meloni
In ogni caso la sicurezza dell'Italia dipenderà da una o più aziende aerospaziali per usufruire di un sistema di comunicazioni satellitari
Occorre una infrastruttura nazionale

“Non c’è nessun contratto firmato, non utilizzo i soldi pubblici per favori agli amici, con lui non ho mai parlato di questo, ci sono normali interlocuzioni con Starlink e altre aziende, siamo solo nelle fase istruttoria”. Così, nella conferenza stampa di inizio anno, Giorgia Meloni ha cercato di spegnere le polemiche dopo la notizia che il governo italiano avrebbe raggiunto un accordo col miliardario Elon Musk per l'affidamento alla sua rete satellitare Starlink del nostro sistema di comunicazioni di sicurezza. Una smentita che però è anche un'ammissione che la trattativa è in corso, tant'è vero che la stessa premier neofascista, a specifica domanda, ha ammesso che “non ci sono alternative pubbliche a società come Starlink, io sono molto laica, l’obiettivo è avere reti di comunicazioni protette con le nostre ambasciate e i nostri contingenti militari all’estero”.
La notizia era stata diffusa dall'agenzia finanziaria Bloomberg, subito dopo il suo viaggio lampo a Mar-a-lago per incontrare Trump, che l'accordo tra il ministero della Difesa italiano e SpaceX, la società aerospaziale di Musk proprietaria della rete satellitare Starlink lo dava per certo, parlando di 1,5 miliardi di euro per garantire all’Italia per cinque anni la fornitura di servizi avanzati di sicurezza nelle telecomunicazioni. Accordo definito “il più grande di questo tipo in Europa” e riguardante la fornitura di un “pacchetto completo di connessione crittografata di alto livello per i servizi di comunicazione usati da governo, esercito e forze dell’ordine”.

Dichiarazioni che confermano la trattativa
Di fronte alle proteste e richieste di chiarimenti da parte delle opposizioni, che le chiedevano di venire a riferire in parlamento, visti i suoi ben noti e stretti rapporti di amicizia col miliardario sudafricano, la premier neofascista era costretta a gettare acqua su fuoco smentendo come “semplicemente ridicola” la circostanza che tale accordo sarebbe stato perfezionato con Musk proprio durante l'incontro nella villa di Trump. E attraverso un comunicato sottotono di Palazzo Chigi in cui si ribadiva che “le interlocuzioni con SpaceX rientrano nei normali approfondimenti che gli apparati dello Stato hanno con le società”.
Ma il suo alleato-rivale Salvini, sempre pronto a cogliere ogni occasione per rubarle la scena, si affrettava invece a festeggiare la notizia sparando sui social che “Musk è un protagonista dell’innovazione a livello mondiale, un eventuale accordo con lui per garantire connessione e modernità in tutta Italia non sarebbe un pericolo ma una opportunità. Confido che il governo acceleri in questa direzione”. Ed era lo stesso proprietario di Tesla e SpaceX a rinfocolare i sospetti e le polemiche, postando sulla sua piattaforma social X (ex Twitter): “Pronti a fornire all'Italia la connettività più sicura e avanzata”. Seguito dal suo referente italiano, Andrea Stroppa, che postava su X un “vademecum” sull'affidabilità e sicurezza del sistema Starlink per i dati del governo italiano.
Probabilmente l'accordo con Musk sarebbe già stato firmato da qualche mese, se ad ottobre non fosse emersa l'inchiesta per un giro di tangenti e di corruzione sulla Sogei, la società di informatica del ministero dell'Economia, con l'arresto del suo direttore generale Paolino Iorio, e sullo stesso Stroppa, indagato per aver corrotto per conto di Musk un ufficiale della marina militare, Antonio Masala, al fine di avere informazioni riservate sulle discussioni nel ministero della Difesa relative proprio al piano di dotazione di tecnologia Internet satellitare.

Per Crosetto l'Italia è “obbligata” all'accordo con Musk
Comunque, se non già firmato, che questo accordo sia quantomeno in fase di discussione avanzata nel governo, lo ha poi confermato lo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, rispondendo al posto della premier alle domande delle opposizioni nel Question time dell'8 gennaio alla Camera. Meloni infatti non si è presentata, facendo sapere con sommo disprezzo di non avere “nulla da riferire” in quanto si trattava di “una polemica costruita a tavolino”. Crosetto non solo ha ammesso che la Difesa è interessata ai satelliti di Musk, ma ha aggiunto che è “forse obbligata” a servirsene, in quanto rispetto ai satelliti geostazionari in orbita alta, “che sono affidabili ma offrono copertura geografica e banda limitate”, Starlink “ha 6.700 satelliti in orbita bassa con la previsione che diventino 42.000”, offrendo così “più continuità, copertura, minor tempo di latenza”.
Anche perché l'unica alternativa è rappresentata dal programma satellitare europeo Iris² (affidato al consorzio europeo misto pubblico-privato SpaceRise con un investimento da 10 miliardi), che però “prevederà a regime 290 satelliti” e con “tempi di realizzazione da quantificare e che oggi si collocano a oltre il 2030”. E perciò – è il sottotesto dell'esposizione del ministro – perché aspettare anni per il più costoso e limitato sistema europeo, quando quello di Musk è pronto già adesso e pure più economico? Quello che Crosetto non ha chiarito, però, è perché c'è tutta questa fretta di affidare la sicurezza delle comunicazioni nazionali ad un operatore privato e per giunta straniero, facendo finta di ignorare che è proprio costui che potrebbe mettere in pericolo la nostra sicurezza avendo in mano sia la cassaforte che la chiave dei nostri dati.
Perché non puntare invece autonomamente sullo sviluppo di un'infrastruttura nazionale, di cui risulterebbe esserci fra l'altro l'ok del settore informatica, cyber e tlc della Difesa a uno studio di fattibilità affidato per 700 milioni a due società italiane? L'Italia dispone delle competenze, tecnologie e risorse produttive per dotarsi di una siffatta infrastruttura nazionale. A meno che anche la fretta di concludere con Musk non faccia parte dei preparativi per una guerra interimperialista considerata ormai imminente, e che in quanto amico personale della premier e sodale del leader dello schieramento imperialista di cui l'Italia fa parte, il fatto che Musk possa violare la segretezza dei nostri dati e la nostra sicurezza nazionale non sia considerato un problema dal governo “sovranista” Meloni.

Il potere abnorme dell'oligarca imperialista Musk
In realtà Musk dovrebbe essere considerato un pericolo, e non solo per il nostro paese ma per tutto il mondo. Egli non è soltanto l'uomo più ricco del pianeta, con un patrimonio di 473 miliardi di dollari che doppia quello del suo più vicino rivale, il padrone di Amazon Jeff Bezos (che si è buttato anche lui sul mercato spaziale con i suoi razzi riusabili New Glenn e per costruire la sua costellazione di satelliti per telecomunicazioni Kuiper). Le sei aziende tecnologiche di Musk sono all'avanguardia nei settori più disparati, dalle auto elettriche ai robot e robotaxi, dall'intelligenza artificiale alle telecomunicazioni, dalla bionica all'aerospazio, e gli garantiscono appalti miliardari con il governo e l'apparato militare Usa. Ma con l'acquisto di Twitter per 44 miliardi, rinominata X e riplasmata a suo uso e consumo, si è impadronito di un'arma potentissima che gli consente di influenzare direttamente milioni di persone (ha ben 212 milioni di follower, e fa decine di post al giorno), per spargere la sua ideologia turbocapitalista, suprematista, razzista, xenofoba, antislamica e filosionista.
Con essa può ingerirsi pesantemente negli affari di altri paesi, come ha fatto con l'Italia difendendo il caporione fascioleghista Salvini per i suoi processi e attaccando i nostri giudici; come ha fatto con il Regno Unito, attaccando il governo laburista e incitando i pogrom antislamici guidati dal fascista e filosionista Tommy Robinson; come ha fatto con la Germania, auspicando apertamente la vittoria elettorale del partito neonazista AFD di Alice Weidel (che intervistata su X ha detto che “Hitler era un comunista”, con lui che annuiva convinto), e sentenziando che “solo l'AFD può salvare la Germania. Fine della storia”.
Ed è anche grazie ad X (oltre che ai suoi ingenti finanziamenti) che Trump ha potuto essere rieletto, cosa che si è dimostrata un ottimo investimento garantendogli mano libera nei suoi affari e ancor più ricche commesse da parte del nuovo governo. Tant'è vero che anche altri paperoni dell'hi-tech digitale, a cominciare da Bezos, lo hanno seguito saltando sul carro del vincitore, e il padrone della concorrente Facebook, Mark Zuckerberg, ora lo sta imitando adeguando le regole della sua piattaforma a quelle più “libere” di X.

Il monopolio spaziale del miliardario sudafricano
Con la sua SpaceX da 14 miliardi di dollari di ricavi e 350 miliardi di valore (circa la metà della Borsa italiana) sta saturando l'intero spazio come fosse una sua proprietà privata. Grazie ai suoi razzi riutilizzabili che abbattono i costi, il 90% della massa portata in orbita nel 2024 è passato per SpaceX: 130 lanci orbitali contro 68 della Cina e solo 3 dell'Europa. Nel 2025 prevede di effettuare 180 lanci. Il suo obiettivo è di arrivare a 1.000 lanci l'anno a regime per mettere in orbita un totale di 50 mila satelliti in orbita bassa, in grado di coprire l'intera superficie del pianeta.
La sua rete Starlink è in grado di fornire servizi anche in ambito bellico, come sta già facendo in Ucraina e a Gaza, in questo caso sotto lo stretto controllo dell'esercito nazisionista in base ad un accordo con Netanyahu, di cui è amico personale. Oltre a Starlink e al programma Starship per la colonizzazione della Luna e di Marte, SpaceX ha anche una divisione più specificamente militare, Starshield (nome che rievoca non a caso lo “scudo stellare” reaganiano), con un programma segretissimo per mettere in orbita “costellazioni difensive e offensive” di satelliti militari “degli Stati Uniti e di suoi alleati”.
Del suo interesse per un accordo con l'Italia, grazie alla sua amicizia personale con Giorgia Meloni, che data già dalla sua partecipazione ad Atreju nel dicembre 2023, non ne fa un mistero. Il suo obiettivo è di fare dell'Italia una testa di ponte per scardinare le fragili barriere protezionistiche europee contro i monopoli delle Big Tech a stelle e strisce ed estendere il suo dominio, satellitare e non solo, anche sul vecchio continente. Non a caso, rispondendo a bomba al post entusiasta di Salvini che auspicava l'accordo, ha scritto su X: “Sarà fantastico. Altri paesi in Europa chiederanno di usufruirne”.

La memoria corta di Meloni e il suo rapporto di ferro con Musk
Anche la Meloni non vede l'ora di firmarlo, pur dovendo mordere il freno perché ci sono ancora resistenze all'interno degli apparati della Difesa e dei servizi segreti, di cui le dimissioni della capa del Dis, Elisabetta Belloni, probabilmente sono una conseguenza. Senza contare la diffidenza verso le ingerenze di Musk nella nostra politica nazionale già espressa più volte da Mattarella. Ma la sintonia della ducessa col supermiliardario sudafricano è granitica, e lo ha confermato anche in conferenza stampa, difendendo a spada tratta il suo rapporto privilegiato con lui (“non accetto che sulle persone che hanno buoni rapporti con me sia messa una lettera scarlatta”, ha sentenziato), e cercando di derubricare a semplici “opinioni” le sue sfacciate ingerenze nella situazione interna italiana: “Non è il primo dei ricchi e famosi che esprime opinioni in pubblico, lui ha finanziato Trump ma non partiti di altri paesi, a differenza di Soros che dà soldi a partiti e leader europei. Ma quello lo chiamano filantropo, con Musk ci si scandalizza perché non è di sinistra”.
Evidentemente per la premier neofascista, tra le tante cose di cui ha perso la memoria da quando è salita al governo, c'è anche quella di quando si scagliava, nel 2020, contro la privatizzazione della rete pubblica di comunicazioni voluta dalla “sinistra” e la sua successiva caduta in mani straniere: “Consegnare ancora una volta un’infrastruttura strategica alla speculazione straniera è un vero e proprio atto di tradimento”, tuonava infatti in un un editoriale del 19 dicembre 2020, ricordando di aver presentato a luglio “una mozione, approvata dal Parlamento, per dare un indirizzo molto chiaro al Governo: riportare sotto il controllo pubblico la rete di telecomunicazioni”. E aggiungeva: “Non possiamo più permettere che gruppi finanziari stranieri senza scrupoli continuino a speculare sulle nostre infrastrutture. Dobbiamo tornare ad essere uno Stato sovrano, ne va della nostra esistenza. Nessuno Stato è sovrano se non è proprietario delle sue infrastrutture”.
Oggi sappiamo com'è andata: sotto il governo di questa demagoga fascista la rete fissa Tim è stata venduta un anno fa al fondo speculativo americano Kkr, il cui Ceo è l'ex capo della Cia Petreus, che da generale comandò le truppe di occupazione in Iraq e Afghanistan. E nel giugno scorso il governo ha presentato alla Camera la legge per l'economia dello spazio che consente di affidare a società europee o di paesi Nato una rete Internet di riserva via satelliti a bassa quota, spianando legalmente la strada all'accordo con l'oligarca Musk, che consegnerebbe le chiavi della sicurezza dell'Italia all'imperialismo americano.

15 gennaio 2025