Una ricerca pubblicata da Lancet e rilanciata da Haaretz
Genocidio nazisionista: a Gaza i morti palestinesi arriverebbero a 70 mila, di cui il 59% donne e bambini.
I nazisionisti continuano a colpire a Gaza e in Cisgiordania, non cessano le incursioni in Libano e bombardano lo Yemen
Obeida (Brigate al-Qassam): “L'esercito di occupazione non riuscirà a spezzare la resistenza”
A metà mattinata del 14 gennaio le agenzie battono tra le altre due notizie. La prima è il numero delle vittime giornaliere palestinesi a Gaza causate dai bombardamenti dei nazisionisti, arrivato in poche ore almeno a 26, fra le quali donne e bambini e il giornalista e direttore dell'agenzia di stampa Safa. La seconda è delle ore 12 da parte dell'Associated press che, citando come fonti due funzionari sionisti coinvolti nei colloqui a Doha in Qatar, annuncia l'accettazione da parte di Hamas della bozza di accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio di decine di ostaggi. Mancano ancora alcuni passaggi non secondari, fra i quali l'approvazione formale sia di Hamas che dei nazisionisti, per poter dire come e quando potrà partire intanto il cessate il fuoco. Al momento possiamo soltanto registrare i fatti fino alla vigilia dell'evento.
Il bilancio del genocidio palestinese nella Striscia, aggiornato al 13 gennaio dal ministero della Salute di Gaza, conta 46.584 morti, 109.731 feriti e circa 10.000 dispersi ancora sepolti sotto le macerie, per la maggior parte donne e bambini uccisi negli ultimi 15 mesi della guerra di aggressione dai criminali nazisionisti. Da Tel Aviv contestano queste cifre come spropositate e nell'ultimo bilancio ufficiale, che comunque data all'agosto scorso, dell'esercito sionista sono registrati fra i 14 e i 17 mila morti, tutti “terroristi”. I civili palestinesi per i nazisionisti non esistono, non sono nemmeno conteggiati, notava il quotidiano progressista israeliano Haaretz
mettendo questi dati a confronto con quelli pubblicati dalla rivista scientifica inglese in campo medico Lancet
lo scorso 12 gennaio che racconta un'altra storia molto più credibile.
Il numero di “morti per lesioni traumatiche” nella Striscia di Gaza negli ulitmi 15 mesi è anzi significativamente più alto di quanto riportato dal ministero della Salute palestinese, secondo quanto calcolato dal nuovo studio dei ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine che hanno valutato il numero dei morti per “lesioni traumatiche” a circa 70.000, di cui il 60% donne e bambini e senza contare i morti per fame, malattie o freddo.
Lo studio dei ricercatori si è basato sulla comparazione delle liste dei deceduti compilate dagli ospedali del Ministero della Salute di Gaza con un sondaggio online dello stesso ministero e coi necrologi pubblicati sui social media. Un metodo di misurazione ritenuto valido da esperti esterni di analisi di conflitti militari consultati da Haaretz
. Nelle tre liste i nomi che corrispondono sono un numero limitato e quindi aumenta la probabilità che ci siano molte altre vittime non conteggiate. Dall'esame degli elenchi dei primi oto mesi del periodo considerato lo studio ha concluso che il numero di morti è stato di 64.260, ossia il 41% in più rispetto alla stima pubblicata dal Ministero della Salute di Gaza alla fine di giugno. A dicembre il numero è salito a circa 70.000 morti e conclude che la nostra analisi sostiene l’accuratezza dei dati sulla mortalità riportati dal Ministero della Salute ma suggerisce che questi devono essere trattati come una stima minima soggetta a una considerevole sotto-segnalazione”. Ossia conferma che i dati palestinesi sono validi, e come tali consideraati anche dalle organizzazioni umanitarie internazionali e dall'Onu, anzi sono sottostimati perché non possono tenere di conto ad esempio del numero di corpi sepolti ancora sotto le macerie o in aree non raggiungibili, come è possibile che ci siano molte più famiglie spazzate via interamente e senza che qualcuno abbia potuto segnalare la loro morte. Il genocidio palestinese dei criminali nazisionisti a Gaza è palese e messo in evidenza anche dai numeri che registrano come il livello di mortalità a Gaza è “eccezionale” rispetto ad altri conflitti nel mondo, rileva lo studio, sia perché è al 3% circa della popolazione e perché il 59% dei morti sono donne, bambini sotto i 18 anni e persone di età superiore ai 65 anni.
Eppure la Resistenza non cede e dalle macerie del nord di Gaza riesce ancora a dare dei colpi agli occupanti, come evidenziava in una dichiarazione del 13 gennaio all'emittente libanese al Mayadeen il portavoce militare delle brigate al-Qassam di Hamas, Abu Obeida: "Dopo oltre 100 giorni di distruzione di massa e genocidio perpetrati dall'esercito nemico nella Striscia di Gaza settentrionale i nostri combattenti continuano a infliggere pesanti perdite e a sferrare colpi significativi, con conseguenti più di 10 morti e decine di feriti nelle ultime 72 ore". Il portavoce militare sottolineava che le "perdite tra i ranghi dell'inutile esercito di occupazione sono di gran lunga maggiori di quanto ammetta, e il nemico si ritirerà dalla Striscia di Gaza settentrionale in disgrazia, incapace di spezzare la Resistenza”. E concludeva: “l'unico risultato ottenuto dall'esercito di occupazione israeliano è la distruzione, la devastazione e i massacri contro persone innocenti”.
La criminale operazione dei nazisionisti che ha fatto terra bruciata a Gaza per costringere i palestinesi a andarsene ha già preso corpo in altre forme in Cisgiordania, già occupata direttamente per almeno il 60%, per l'intervento militare diretto dell'esercito sionista e dei coloni protetti dall'esercito che hanno moltiplicato i crimini contro le indifese comunità palestinesi. All'azione sionista si è affiancato l'intervento diretto della polizia dell'Autorità nazionale del decaduto presidente collaborazionista Abu Mazen che a partire dai primi del dicembre scorso ha messo sotto assedio il campo profughi di Jenin per eliminare la resistenza palestinese, come gli ha ordinato Tel Aviv per guadagnarsi la possibile gestione dei pezzi di territorio palestinese che resteranno ancora per poco tempo “indipendenti”.
L'amministrazione sionista della Cisgiordania a inizio gennaio ha confiscato altri 26 ettari di terre palestinese a est di Gerusalemme per costruirci una strada di collegamento fra le colonie, terre che si aggiungono agli oltre 24 mila ettari già tolti ai proprietari palestinesi nel 2024, una cifra record che è pari alle terre confiscate nei 25 anni precedenti. Nel 2024 in Cisgiordania i bulldozer nazisionisti hanno stabilito un altro record con la demolizione di 1.763 edifici palestinesi, secondo i datri Onu, costituito un centinaio di nuovi piccoli insediamenti agricoli, gran parte dei quali già esistenti e dichiarati illegali e salvati da una sanatoria; raddoppiato il fondo a favore delle colonie per costruire cinque nuove grandi agglomerati con un totale di quasi 9 mila unità abitative. Da parte loro i coloni hanno moltiplicato gli attacchi contro le comunità beduine, 25 delle qualli, pari a circa 3.500 persone, cacciate dalle loro terre. Con la coperture dell'esercito hanno moltiplicato gli assalti terroristici a case e campi palestinesi, non ultimi quelli del 7 gennaio in tre diverse località.
Nove palestinesi sono stati uccisi, tra cui la giovane giornalista Shaza Al-Sabbagh, nell'attacco iniziato il 5 dicembre con l’Operazione “Protezione della Patria” dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) al campo profughi di Jenin per eliminare i nuclei della Resistenza. Una operazione che non era riuscita all'esercito sionista che, secondo il Ministero della Sanità palestinese, ha fatto irruzione per ben 80 volte solo nell’ultimo anno, uccidendo più di 220 palestinesi e ferendone centinaia di altri. Ma la resistenza di Jenin rimane indomita anche se come a Gaza la città è stata completamente assediata dall’Anp, le forniture di acqua e di elettricità sono state tagliate e nel campo non arrivano più cibo e medicine. In un comunicato del 7 gennaio la Commissione stampa di Jenin ha dichiarato che gli uomini di Abu Mazen hanno “superato tutti i limiti”, che non risparmiano neanche gli ospedali, trasformati “in caserme militari” dove i feriti vengono trascinati via dalle sale operatorie per essere arrestati. Fra questi un giornalista indipendente, fermato l'8 gennaio, impegnato a dare una corretta informazione sui raid dell’Anp nel campo profughi.
Il 10 gennaio gli aerei sionisti erano di nuovo impegnati a colpire il Libano, nonostante la tregua, con un raid a Tayr Debba, presso Tiro, che causava 5 morti e 4 feriti; il 13 gennaio i raid sionisti distruggevano alcune case nella città di Aita ash-Shaab mentre i soldati erano impegnati in rastrellementi a Khiam. Le autorità libanesi hanno segnalato più di 470 violazioni israeliane dell’accordo che hanno causato 32 morti e 39 feriti.
Sempre il 10 gennaio almeno altri 20 aerei dei sionisti sganciavano bombe su vari obiettivi in una azione di rappresaglia in Yemen dove colpivano la centrale elettrica di Hezyaz, vicino alla capitale Sanàa, e le infrastrutture nei porti di Hodeidah e Ras Isa sulla costa occidentale. Contemporaneamente, davano notizia i media yemeniti, caccia di Usa e Gran Bretagna colpivano in un'altra zona.
La guerra di Israele, Usa e Gran Bretagna allo Yemen non fermerà l'azione in solidarietà alla lotta del popolo palestinese, ribadiva un comunicato del Ministero degli Esteri Houthi emesso al termine della visita a Sanàa del mediatore speciale delle Nazioni Unite, Hans Grundberg: “abbiamo informato l'inviato Onu che la fine delle tensioni nel Mar Rosso non sarà possibile senza fermare i crimini di guerra e il genocidio a Gaza. Fermare i crimini di guerra e il genocidio in cambio di una fine delle tensioni nel Mar Rosso è l'unica equazione fattibile ed è meno costosa dell'escalation".
15 gennaio 2025