La denuncia di Reporter sans frontier (Rsf)
La Palestina è “il luogo più pericoloso per i cronisti in quanto ha registrato un numero di morti più alto di qualsiasi altro Paese negli ultimi 5 anni”
Assassinati dai nazisionisti per non avere contraddittorio nella loro propaganda che domina sui media imperialisti
Il rapporto annuale sul 2024, che non comprende il mese di dicembre, pubblicato dall'organizzazione Reporter sans frontier (Rsf) ha calcolato che sono 145 i giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza dall'esercito israeliano durante l'ultima aggressione mentre facevano il loro lavoro e denunciato che la Palestina è “il luogo più pericoloso per i cronisti in quanto ha registrato un numero di morti più alto di qualsiasi altro Paese negli ultimi 5 anni”. Il dato è completato dalla Federazione internazionale dei giornalisti che considerando tutti gli operatori dei media arriva alla cifra di oltre 200 assassinati. “È estremamente raro avere un tasso così alto di vittime di una sola nazionalità”, commentava il segretario generale di Rsf Anthony Bellanger che ha presentato quattro denunce alla Corte penale internazionale per “crimini di guerra commessi dall’Esercito israeliano contro i giornalisti”.
Israele nel 2024 ha anche registrato il record negativo dell'aumento dei giornalisti incarcerati con un +17% e pur essendo in piccolo paese è divenuto “la terza prigione per giornalisti più grande al mondo”, con 41 i reporter detenuti. La classifica è guidata dalla Cina, con 124 giornalisti incarcerati, seguita dal Myanmar con 61, da Israele che ha sorpassato la Bielorussia arrivata a 40. In totale questi 4 Paesi “detengono quasi la metà dei giornalisti rinchiusi nel mondo”, sottolinea il rapporto.
Prima dell'attacco sionista a Gaza dell'ottobre 2023 una della una delle regioni più pericolose al mondo per gli operatori dell'informazione era l’America Latina, dove nel 2024 ci sono stati 6 morti, cinque messicani e un colombiano, assassinati per il loro lavoro di denuncia del traffico di droga. Il continente sudamericano è stato superato nella classifica delle morti dall’Asia meridionale che ne ha registrati 20, con un aumento dovuto in particolare ai 6 uccisi in Pakistan e ai 5 in Bangladesh uccisi durante le proteste degli studenti del luglio scorso.
Ma resta la Palestina al primo posto della criminale clasiffica con i giornalisti locali, gli unici rimasti, assassinati dai nazisionisti per non avere contraddittorio nella loro propaganda che domina sui media imperialisti. Subito dopo la diffusione dei report annuali delle organizzazioni dei giornalisti a metà dicembre, in pochi giorni ne sono stati uccisi altri 5 e altrettanti nella strage di Santo Stefano, il 26 dicembre quando cinque giornalisti della tv palestinese Al-Quds Today, legata al movimento della Jihad islamica, sono stati uccisi da un raid israeliano sulla Striscia mentre si trovavano a bordo di un veicolo per la stampa chiaramente contrassegnato parcheggiato di fronte all’ospedale Al-Awda, nel campo profughi di Nuseirat.
Dalla denuncia dell'assassinio rilanciata da al Jazeera si mette in evidenza che non c'erano prove della dichiarazione dell’esercito sionista che definiva i cinque palestinesi “agenti che si spacciavano per giornalisti” ma in molti resoconti dei media occidentali imperialisti la dichiarazione dell’esercito israeliano era citata come se si trattasse di una posizione obiettiva e non di una propaganda che cerca di cancellare un crimine di guerra. Perché colpire i giornalisti, compresi quelli che possono essere accusati di promuovere la “propaganda”, è un crimine di guerra e tutti i giornalisti sono protetti dal diritto umanitario internazionale. Violato senza colpo ferire dai nazisionisti. Sono crimini “spesso orchestrati da governi e gruppi armati con totale impunità” ma “i giornalisti non muoiono, vengono uccisi. Non sono in prigione, i regimi li rinchiudono. Non scompaiono, vengono rapiti”, commentava Thibaut Bruttin, direttore generale di Rsf, sottolineando come l’alto numero di uccisioni e aggressioni metta a rischio la libertà di informazione e non devono restare impuniti.
15 gennaio 2025