No allo Scudo penale per gli agenti delle “forze dell'ordine”
Affossare il DDL Sicurezza

Dal decreto Rave, al decreto Cutro, al Decreto Caivano, la tecnica del governo neofascista Meloni per imporre al parlamento e al Paese leggi straordinarie di stampo liberticida e fascista è sempre la stessa: strumentalizzare casi di cronaca ingigantiti ad arte dai mass media di regime per creare il clima favorevole all'approvazione di nuove fattispecie di reati, e/o enormi aumenti di pena per quelli già esistenti, mirati a colpire selettivamente le lotte dei lavoratori, degli studenti, dei giovani ambientalisti e antimperialisti, degli emarginati, degli sfrattati, dei rom, dei carcerati e dei migranti, e ad aumentare contemporaneamente la tutela e le immunità delle forze repressive dello Stato borghese.
Stavolta si tratta specificamente di quest'ultimo caso, e cioè uno scudo penale per gli agenti delle “forze dell'ordine” che li protegga per i reati commessi utilizzando le armi e la forza fisica, compreso l'omicidio: questo è infatti ciò che sta per varare il governo prendendo a pretesto gli scontri nelle recenti manifestazioni che si sono svolte a Torino, Bologna e Roma per chiedere “Giustizia per Ramy e per tutte le morti di Stato”; scontri provocati anche stavolta dalle improvvise e violente cariche della polizia contro giovani e studenti inermi, in base alle ferree direttive del manganello, dei Daspo e delle “zone rosse” emesse dal ministro dell'Interno Piantedosi.
E anche stavolta i media di regime hanno fatto il loro sporco lavoro, ingigantendo, come hanno denunciato alcuni collettivi studenteschi, la portata degli scontri parlando di “guerriglia”, “devastazioni”, “rivolta tumultuosa”, per alzare la palla alle denunce della magistratura e al giro di vite repressivo del governo. Addirittura, nel caso di Bologna, col Corriere della Sera in testa, è stato dato ad intendere che fosse stata “assaltata” la sinagoga ebraica da facinorosi pro-pal (notizia smentita dalla questura ma accreditata invece dal presidente della comunità ebraica e rilanciata vergognosamente dal sindaco Lepore, dall'ex governatore Bonaccini e dall'arcivescovo di Bologna Zuppi), per scoprire poi che l'“attacco antisemita” consisteva in una scritta “Giustizia free Gaza” e su un muro ben distante dalla sinagoga stessa.

L'obiettivo è sottrarre gli agenti alle indagini dei pm
Ma tanto è bastato alla premier neofascista per inveire sui social contro “l'ennesimo, ignobile episodio di disordine e caos ad opera dei soliti facinorosi scesi in piazza non per manifestare per una causa, bensì per puro spirito vendicativo”, e al caporione fascioleghista Salvini per scagliarsi contro “i criminali rossi che assaltano le forze di polizia”. E soprattutto al ministro Crosetto per invocare “interventi legislativi che tutelino ancor più le nostre forze dell'ordine”, riferendosi evidentemente ai casi dei carabinieri indagati dalla procura di Milano, su cui grava il fondato sospetto di aver provocato la caduta e la morte di Ramy inseguendo e speronando lo scooter sul quale viaggiava insieme al suo amico Fares, e del maresciallo dei cc Luciano Masini, che la sera di fine anno a Rimini ha ucciso l'egiziano Muhammad Sitta dopo che questi aveva accoltellato quattro persone.
Il maresciallo è stato iscritto nel registro degli indagati per eccesso colposo di legittima difesa, un atto dovuto che la magistratura emette in questi casi anche a tutela dello stesso pubblico ufficiale, e che nella stragrande maggioranza dei casi si conclude con l'archiviazione. Tuttavia già la Meloni, nella conferenza stampa di inizio anno, si era detta indignata per questo provvedimento, e aveva anzi proposto un encomio solenne per il maresciallo, proposta subito raccolta ed eseguita da Crosetto.
Ed infatti è proprio una legge ad ulteriore tutela delle “forze dell'ordine”, quella che la premier neofascista si è affrettata a chiedere al suo sottosegretario e consigliere per la giustizia, Alfredo Mantovano, e al ministro della Giustizia Nordio: uno scudo penale che eviti agli agenti che agiscono “nell'esercizio delle loro funzioni” e nell'“evidenza” (sic) dell'uso legittimo della forza o delle armi, di essere iscritti nel registro degli indagati da parte della procura. Secondo le prime indiscrezioni, l'istruttoria sarebbe condotta dal ministero dell'Interno invece che dalla magistratura, e solo se in un secondo tempo emergessero indizi “chiari” di reato la competenza passerebbe alla Corte di appello, giudicandola evidentemente più accomodante della procura.

Per i giuristi ci sono “evidenti profili di incostituzionalità”
Se grazie agli insabbiamenti, i depistaggi, gli occultamenti e le falsificazioni delle prove che avvengono regolarmente già adesso (uno per tutti, il caso Cucchi), è molto difficile che un agente indagato venga rinviato a giudizio, figuriamoci nel caso un simile meccanismo “a tutela”, tutto interno al governo e alle “forze dell'ordine, fosse approvato. Eppure è proprio a questo che la Meloni, Mantovano e Nordio stanno lavorando. Ci sono tuttavia almeno due ostacoli da superare. Il primo è di ordine esterno, e riguarda il problema dell'incostituzionalità, in quanto un simile provvedimento contrasterebbe con l'articolo 3 della Costituzione perché porrebbe poliziotti e carabinieri al di sopra degli altri cittadini di fronte alla legge, mettendo Mattarella nell'imbarazzo se firmarlo o respingerlo, o rinviarlo alle Camere nel caso fosse un disegno di legge.
Su questo concordano giuristi e costituzionalisti, come per esempio l'ordinario di diritto penale alla Statale di Milano, Gian Luigi Gatta, secondo il quale (Il Manifesto del 16 gennaio) un simile scudo presenterebbe evidenti profili di incostituzionalità, “per l’obbligatorietà dell’azione penale, per il principio di uguaglianza e per la tutela effettiva ed efficace dei diritti fondamentali. Per esempio in caso di omicidio, tortura o lesioni. Si pensi ai procedimenti che riguardano le carceri, come quelli su Santa Maria Capua Vetere. Le forze dell’ordine sono autorizzate a usare la forza ma entro certi limiti. Se la nuova disciplina affievolisse la tutela delle vittime ci sarebbero profili di incostituzionalità e possibili violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
A questo riguardo vanno considerati anche i rilievi di “minare i principi fondamentali del diritto penale e dello Stato di diritto” mossi già alcuni mesi fa al DDL Sicurezza dall'Ocse e dal Consiglio d'Europa, e più di recente perfino da sei special rapporteurs delle Nazioni Unite, che hanno espresso al governo Meloni forti preoccupazioni, sottolineando che alcune disposizioni contenute nell'ex DDL 1660 (rinumerato 1236 al Senato, dove è all'esame in Commissione) potrebbero essere in contrasto con gli obblighi dell’Italia in materia di tutela dei diritti umani, così come stabiliti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. In particolare i relatori Onu sostengono che verrebbero lesi il diritto alla libertà e il divieto di detenzioni arbitrarie, quello alla libertà di movimento e a un processo equo, il diritto alla privacy e alla libertà di espressione e di opinione, la libertà di riunione e quella di associazione.

I responsabili di abusi la farebbero sempre franca
Per tutti questi motivi, dopo la sfuriata iniziale per lisciare il pelo ai sindacati di polizia più reazionari e vicini al suo partito, Meloni ha dato ordine ai suoi di abbassare i toni (ma intanto FdI ha promosso una raccolta di firme “a sostegno degli uomini e delle donne in divisa”) e a Mantovano e Nordio di lavorare sottotraccia per mettere a punto un provvedimento congegnato in modo da aggirare lo scoglio costituzionale. Ed ecco perché Nordio nega che si tratti di tecnicamente di uno scudo penale, ma preferisce parlare di un “un meccanismo in base al quale non ci sia l’iscrizione automatica nel registro degli indagati del militare”. E rispondendo al Question time il 16 gennaio al Senato ha detto: “Stiamo studiando un provvedimento che, senza essere scudo penale, possa coniugare le garanzie di una persona ad avere interesse ad essere assistito in una eventuale indagine senza essere iscritto in nessun registro degli indagati”.
Ma è inutile che il Guardasigilli giochi con le parole per far stare insieme il diavolo e l'acqua santa: con un provvedimento così congegnato non solo la farebbero franca i carabinieri che hanno ucciso Ramy, che così non risulterebbero nemmeno indagati, ma l'avrebbero fatta franca anche tutti gli altri agenti denunciati o addirittura già condannati per casi simili. Come, per citare solo un paio dei casi più noti, i quattro agenti condannati a tre anni e mezzo per “eccesso colposo nell'uso della forza” nell'aver provocato il soffocamento e la morte di Federico Aldrovandi nel 2005 e i poliziotti accusati per le brutali e immotivate cariche contro gli studenti a Pisa lo scorso 23 febbraio.

FdI e Lega si disputano la tutela di poliziotti e carabinieri
Il secondo scoglio da superare, per il governo, è interno alla sua stessa maggioranza, e riguarda in particolare le contraddizioni tra la Meloni e il suo alleato-rivale Salvini, impegnati come sempre a sorpassarsi a destra reciprocamente nel proporsi come i più strenui difensori di polizia e carabinieri. Per la premier neofascista l'idea iniziale era di inserire lo scudo penale nel DDL Sicurezza con un emendamento, considerato anche che ci sono altre modifiche su articoli a rischio incostituzionalità chieste da Mattarella e che farebbero comunque rinviare il DDL alla Camera per una nuova lettura, come il divieto di vendita di carte telefoniche Sim ai migranti privi di permesso di soggiorno (articolo 32) e l’eliminazione dell’obbligo di differimento pena per le donne incinte o con bambini piccoli (art.15).
Ma Salvini vorrebbe invece che il DDL Sicurezza fosse approvato subito così com'è dal Senato, evitando modifiche che richiederebbero una terza lettura e l'allungamento dei tempi, già ora in slittamento probabile a marzo per l'approvazione a Palazzo Madama, e lancia anzi segnali a poliziotti e carabinieri con una proposta di legge della Lega per il patrocinio legale gratuito a spese dello Stato per gli agenti indagati. A cui FdI risponde con una proposta della deputata Cristina Caretta per introdurre il reato di terrorismo di piazza.
Ma anche una parte di FdI, quella facente capo al sottosegretario Fazzolari, e il capogruppo di Forza Italia Gasparri, vorrebbero l'approvazione subito del DDL1236, senza altre modifiche, neanche quelle chieste da Mattarella, e premono anzi per portarlo in aula entro gennaio, o comunque imprimergli una decisa accelerazione. Per cui sembra che ora Meloni, Mantovano e Nordio siano più propensi a varare lo scudo penale con un provvedimento a parte, probabilmente un decreto legge per renderlo immediatamente applicabile.

Lo scudo penale rafforza il DDL Sicurezza liberticida e fascista
In attesa di ciò il giro di vite fascista contro movimenti di lotta e manifestazioni di piazza è già in atto, con un'ulteriore accelerazione chiesta da Piantedosi all'istituzione di “zone a vigilanza rafforzata” o “zone rosse”, dirette sia contro i movimenti di lotta che contro i migranti, e con provvedimenti immediati come uffici immigrazione alle dirette dipendenze del Dipartimento di pubblica sicurezza, 700 agenti di rinforzo da assegnare a questi uffici, più posti nelle camere di sicurezza dei commissariati e di altri reparti per chi viene fermato ed è in attesa di essere espulso, senza che debba essere trasferito nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), e l'aumento dei “rimpatri volontari assistiti”.
È in questo clima di accelerata militarizzazione delle piazze, moltiplicarsi di misure legislative repressive, liberticide e fasciste, e di totale impunità attuale e promessa alle “forze dell'ordine”, che sono maturati abusi mostruosi come quello contro Ramy e quello più recente contro le attiviste di Extintion Rebellion, costrette a spogliarsi e a fare piegamenti davanti ai poliziotti nella questura di Brescia. Non a caso, infatti, a beneficio di questi ultimi, Piantedosi ha già anticipato lo scudo penale dichiarando che hanno agito “in piena regolarità”, e che “si tratta di una pratica operativa che in determinate circostanze è consentita e anche prescritta”.
Tutto ciò deve spingere i militanti dei movimenti antifascisti, come ha ribadito Erne Guidi nel suo intervento a nome del PMLI alla Terza Assemblea nazionale della Rete Libere/i di lottare contro il DDL 1660, ad accelerare la costruzione di un più vasto fronte unito di lotta per affossare il DDL Sicurezza e anche il fascista e incostituzionale scudo penale per le “forze dell'ordine” che gli si affiancherà presto, e comunque per preparare un'efficace battaglia referendaria se dovessero essere approvati dal parlamento.
 
22 gennaio 2025