Grosseto intitolerà una via al fucilatore di partigiani Almirante
La giunta comunale di Grosseto, retta dal sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna che dal 2016 guida una maggioranza di “centro-destra”, ha ormai la strada spianata per intitolare una via al fascista Giorgio Almirante, fucilatore di partigiani e complice dello sterminio degli ebrei.
Il Consiglio di Stato infatti, ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario al presidente della Repubblica presentato nel luglio 2023 dal Pci contro la decisione della giunta comunale in tal senso, fortemente voluta da Fratelli d'Italia e sostenuta dal resto della maggioranza sin dal 2017, un anno dopo l'insediamento di Vivarelli Colonna. In quell'occasione l'Anpi e l’Istituto di storia patria per la Toscana insieme ai partiti democratici, ai sindacati e a numerose associazioni protestarono in modo così duro e fermo da indurre l'amministrazione grossetana a soprassedere, ma nel 2023, complice l'insediamento del governo neofascista della Meloni dell'ottobre dell'anno precedente, la giunta grossetana è tornata alla carica, con l'esito sopra descritto.
Il Consiglio di Stato, nel rigettare il ricorso, ha spiegato che spetta ai Comuni il potere esclusivo di decidere sul nome delle vie e che spetta al prefetto di rilasciare o meno l'autorizzazione a tale decisione in base a valutazioni di tutela dell'ordine pubblico o di esigenze di regolarità anagrafica, perché ordinariamente devono intercorrere dieci anni dalla morte per poter dedicare una strada a una persona fisica. Il caso ha voluto che nel 2023 a rilasciare il nulla osta all'intitolazione di una via ad Almirante fosse Paola Berardino, ora come allora prefetto di Grosseto nonché moglie del ministro degli Interni del governo Meloni, Matteo Piantedosi, la quale non si è fatta scrupolo di aiutare il governo neofascista del quale faceva, e fa tuttora, parte il marito: quest'ultimo, nel corso di un'audizione a gennaio 2024 alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza, non ha nascosto la sua simpatia politica nei confronti di Giorgio Almirante, definendolo "un personaggio politico che è stato in Parlamento per più di 40 anni ed ha comunque contribuito alla vita della Repubblica”, tacendo totalmente dei gravissimi crimini da lui perpetrati durante il ventennio fascista.
Nato nel 1914, laureato in lettere nel 1937, costui fu sin da giovanissimo ammiratore del fascismo e si distinse, anche durante il periodo degli studi liceali e universitari, per una intensa attività pubblicistica che lo portò a scrivere su numerose riviste, tra le quali 'La difesa della razza', quindicinale espressamente antisemita e razzista di cui fu segretario del comitato di redazione dal 1938 al 1942. Scriveva Giorgio Almirante nell'articolo “… Chè la diritta via era smarrita...”': “il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d'una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c'è che un attestato col quale si possa imporre l'altolà al meticciato e all'ebraismo: l'attestato del sangue”
(La difesa della razza n. 13 del 5 maggio 1938, p. 11). Nell'illustrazione che correda l'articolo, dove vengono sbeffeggiate due donne ebree, Almirante scrive: “Roma non ha altro nemico al mondo che il giudaismo”
. Migliaia di concittadini italiani persero il lavoro, altre migliaia di giovani furono allontanati dalle scuole, milioni di africani nelle colonie vennero umiliati nella loro dignità umana anche e soprattutto grazie ad aguzzini che infierivano con la loro penna, a laureati che utilizzavano la loro cultura per opprimere il genere umano.
Alcuni anni più tardi, nel novembre del 1943, la cosddetta Repubblica Sociale Italiana alla quale Almirante avrebbe poi aderito, istituì a Roccatederighi, a circa 35 chilometri da Grosseto, un campo di transito dove vennero rinchiusi numerosi ebrei e antifascisti rastrellati, che finirono tutti nei campi di concentramento o di sterminio nazisti.
Almirante non si limitò ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, ma addirittura ricoprì, nell'ambito di tale Stato, il ruolo di capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare Ferdinando Mezzasoma. In tale qualità Almirante emanò dalla prefettura di Grosseto, dove era stato inviato dal ministro, il 17 maggio 1944 un editto che prevedeva la pena di morte per i partigiani e i renitenti alla leva – definiti “sbandati” - di quella Provincia: “i gruppi di sbandati
– vi si legge - qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell'intero gruppo e per la consegna delle armi. Anche gli appartenenti a questi gruppi non saranno sottoposti ad alcun processo penale e sanzioni. Gli sbandati e gli appartenenti alle bande dovranno presentarsi a tutti i posti militari e di Polizia Italiani e Germanici entro le ore 24 del 25 maggio. Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena”
.
La spietata minaccia di Almirante fu attuata pochi giorni più tardi: tra il 13 e il 14 giugno 1944, infatti, a Niccioleta, frazione di Massa Marittima in Provincia di Grosseto, i nazifascisti trucidarono 83 uomini che erano stati rastrellati nel territorio in conseguenza dell'editto di Giorgio Almirante: erano quasi tutti minatori, tra i quali vi erano giovani e padri di famiglia, e tra di essi vi erano sia semplici renitenti alla leva sia partigiani. Altri 11 uomini furono fucilati in altri luoghi della Provincia di Grosseto nello stesso anno, fino alla liberazione del territorio da parte dei partigiani e delle truppe alleate.
Almirante fu quindi un fascista asservito ai nazisti, con i quali condivise la responsabilità di gravissimi crimini compiuti, tra l'altro, proprio nel territorio di Grosseto, e fu uno squallido propagandista dell'ideologia razzista che costò sofferenze inenarrabili a migliaia di concittadini ebrei, alcuni dei quali soffrirono anche in Provincia di Grosseto, e a milioni di neri coloniali.
Dedicare una via a un simile delinquente significa pertanto violare la Costituzione, perché onorare un simile boia significa esaltare i suoi crimini ed è ancora più grave che ciò avvenga in un territorio, come quello di Grosseto, che tanto ha sofferto a causa di questo aguzzino: soltanto a dei fascisti poteva venire in mente di onorare la memoria di un simile boia proprio nel territorio dove ancora certamente vivono i discendenti di coloro che hanno perso la vita per causa sua. Ecco l'ennesima conferma che la Meloni ha instaurato un nero regime capitalista neofascista.
22 gennaio 2025