Nonostante non siano ancora stati pubblicati i risultati elettorali
Maduro ha giurato come presidente del Venezuela
Contestato dalla destra, dal Partito comunista e dalla sinistra chavista
Il 10 gennaio a Caracas Nicolas Maduro, presidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), ha giurato davanti all’Assemblea nazionale come presidente del Venezuela per i prossimi sei anni. Sarà il suo terzo mandato. Lo ha fatto nonostante non siano ancora stati pubblicati i risultati elettorali delle elezioni svoltesi ormai nel lontano 28 luglio. Il Consiglio elettorale nazionale controllato dal governo ha dichiarato in agosto che il presidente aveva vinto con il 51,95% dei voti, senza fornire tabelle riepilogative né altro, aprendo di fatto la strada alle accuse di frode piovute dall’opposizione. Se a questo poi si aggiungono la repressione del dissenso e il forte restringimento delle libertà democratico borghesi ecco spiegato il perché Maduro sia contestato sia da destra che da sinistra.
Il presidente venezuelano che vorrebbe restare in carica fino al 2031 ha prestato un giuramento “emotivo”, in cui ha evidenziato “i valori storici e patriottici del paese”. Ha giurato tanto per iniziare nel “nome di Dio onnipotente”, per Simon Bolivar, per Sucre, per Urdaneta, per
Manuela Sanenz e “per la memoria eterna del nostro amato comandante Hugo Chavez”, ribadendo il suo impegno “per la pace, la prosperità e l’uguaglianza” e per “consolidare la giustizia e la stabilità in Venezuela”.
A osannarlo al suo insediamento c’erano soltanto due capi di Stato latino americani, Miguel Diaz-Canel di Cuba e Daniel Ortega del Nicaragua. Hanno partecipato anche rappresentanti di Russia, Iran e Cina, da cui passa l’appoggio internazionale e la speranza di entrare presto nei BRICS, strumento dell’imperialismo dell’Est per ingerirsi nello scontro per il dominio del mondo, come auspicato dal presidente venezuelano il 16 gennaio.
Incontrando l’11 gennaio il presidente della Duma di Stato russa Vyacheslav Volodin, Maduro ha sottolineato che nella guerra con l’Ucraina “la Russia vincerà e ne uscirà ancora più forte. Russia e Venezuela stanno lavorando insieme per creare un mondo nuovo. Ora stiamo affrontando sfide comuni”. Nella stessa giornata l’incontro con l’inviato di Xi Jinping. “Il Venezuela – ha detto Maduro - attribuisce grande importanza allo sviluppo di un partenariato strategico in ogni condizione tra Cina e Venezuela e sostiene fermamente la Cina nella salvaguardia dei suoi interessi fondamentali”, aggiungendo che il Venezuela “è pronto a unire le forze con la Cina per promuovere la cooperazione pratica in vari campi, rafforzare lo scambio di esperienze di governance e portare i legami bilaterali a un nuovo livello”.
A contestare Maduro da destra sono il candidato dell’opposizione venezuelana, fuori dal paese da settembre, Edmundo Gonzalez Urrutia, e il leader dell’opposizione Marca Corina Machado. Entrambi, al pari dell’imperialismo dell’Ovest, non hanno riconosciuto i risultati ufficiali. Il giorno prima dell’insediamento di Maduro Machado è stata arrestata e poi rilasciata mentre guidava le proteste, mentre Urrutia ha fatto un tour internazionale per cercare sostegno. A tal fine, entrambi hanno chiesto ai militari di smettere di seguire gli ordini “illegali” di Maduro. L’opposizione ha accusato il governo di Maduro di calpestare la costituzione del Venezuela e ha descritto l’inaugurazione come un colpo di stato. “Si è proclamato un dittatore. Il popolo non lo sostiene, né un governo che può essere definito democratico”, ha detto Gonzalez Urrutia.
Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno approvato nuove sanzioni contro il Venezuela dopo che Maduro è entrato in carica. Bruxelles ha incorporato 15 nuove persone nella lista delle persone sanzionate, tra cui il segretario generale del Consiglio elettorale nazionale (CNE), Antonio Meneses Rodroguez e il presidente della Corte Suprema, Caryslia Beatriz Rodriguez, tra gli altri.
Da parte sua, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha aumentato la ricompensa per le informazioni che portano all’arresto o alla condanna di Nicolas Maduro, e del ministro degli Interni, Diosdado Cabello, a 25 milioni di dollari. Sulla stessa linea il Regno Unito, che ha definito Maduro come “illegittimo” e ha imposto sanzioni contro 15 membri chiave del suo regime, secondo una dichiarazione del Ministero degli Affari Esteri. Stessa linea da parte del Canada.
Il presidente del Perù, Dina Boluarte, ha respinto l’insediamento “fraudolento” di Maduro e ha ribadito che “non lo riconosce” come presidente del Venezuela. Sulla stessa lunghezza d’onda il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) Almagro. L’insediamento di Maduro ha evidenziato che quasi tutta l’America Latina, con differenti sfumature, gli ha voltato le spalle. Tra i più critici si colloca il presidente cileno Gabriel Boric, esponente della “nuova sinistra” latinoamericana, ma anche Luiz Inácio Lula da Silva, icona del “progressismo storico” brasiliano, dopo aver cercato invano di mediare con Caracas, ha preso le distanze.
La contestazione da sinistra viene principalmente dal Partito comunista del Venezuela (PCV), che anche nell’ultima nota del 10 gennaio dell’Ufficio politico l’ha ben articolata. “Per sostenere il suo governo, - si legge - l’élite al potere ha fatto ricorso alla repressione contro i lavoratori, le masse popolari, gli attivisti e i leader politici. Con molestie, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, minacce ai familiari e operazioni psicologiche, hanno creato uno stato di terrore permanente per imporre la loro falsa pace autoritaria. Nicolas Maduro e i suoi complici hanno di fatto abrogato la Costituzione. I diritti politici e civili sono stati limitati; il suo pacchetto neoliberista ha condannato milioni di famiglie alla fame e ha provocato il massiccio esodo dei venezuelani. Le sanzioni dell’imperialismo - che condanniamo fermamente, sono state usate come scusa per la corruzione amministrativa, il saccheggio delle risorse della nazione e la persecuzione politica contro tutte le forze che affrontano le loro politiche antioperaie e antipopolari. Questo colpo di stato contro il popolo – continua il massimo organo del PCV - aprirà la strada a una nuova fase della lotta, che richiede una maggiore resistenza democratica e popolare; una maggiore unità nell’azione e una maggiore mobilitazione. L’intervento militare estero e le soluzioni offerte dai promotori delle misure coercitive contro il popolo venezuelano non sono un’opzione.
Il PCV è alla ricerca di una soluzione che serva gli interessi del popolo e della nazione venezuelana, di fronte a questa acuta crisi sociale e politica in cui il paese è stato precipitato dai due blocchi borghesi di destra che stanno contendendosi il potere, sia quello che controlla lo Stato e quello che si oppone. Il popolo venezuelano può contare sulla fermezza dei militanti comunisti per superare questo momento difficile e recuperare i diritti democratici che sono stati portati via”. L’8 gennaio sempre l’UP del PCV si era scagliato contro la detenzione arbitraria di Enrique Marquez, ex candidato presidenziale sostenuto dai comunisti venezuelani nelle elezioni del 28 luglio 2024 e membro del Fronte Democratico Popolare (FDP), un’alleanza che riunisce organizzazioni politiche e sociali di sinistra, popolari e rivoluzionarie, tra cui il PCV.
Il 12 gennaio l’Università Centrale del Venezuela (UCV), la principale del paese, ha espresso la sua “profonda preoccupazione” per la crisi scatenata dopo le elezioni dello scorso luglio, e sviluppatasi dopo l’insediamento di Nicolas Maduro per un terzo mandato consecutivo. Per l’UCV nelle elezioni del 28 luglio, il Consiglio elettorale nazionale controllato dal governo ha proclamato Maduro come vincitore in violazione delle disposizioni legali essenziali. Chiedendo altresì la cessazione della persecuzione degli studenti e dei giovani venezuelani, nonché il rilascio di membri delle università che sono stati arbitrariamente detenuti.
Il 9 gennaio l’Organizzazione venezuelana Centrados, sinistra chavista, in un documento ha affermato: “Questa crisi deriva dall’esercizio distorto del potere, nella soppressione delle idee e nella crescente tendenza a optare per il confronto diretto, la squalifica e la violenza come strumenti di risoluzione. La politica, intesa come spazio di dibattito e di comprensione, è stata sostituita dalla tassazione e dall’esclusione. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una lotta instancabile per annientare l’avversario, un circolo vizioso che non solo ha degradato la democrazia, ma ha violato le nostre libertà e i nostri diritti. La priorità di molti sembra essere stata il potere, ad ogni costo, a scapito di ciò che conta davvero: il benessere e la dignità del nostro popolo. Questo atteggiamento ha colpito l’intero paese: dalla nostra ricchezza e sovranità al più fondamentale, il nostro popolo”.
Per molti attivisti di sinistra, membri di organizzazioni di base, molti dei quali sono stati anche intermediari dell’azione pubblica durante i governi chavisti, la questione che si poneva era se andare a votare o meno il 28 luglio. Da un lato, perché votare per Edmundo González Urrutia sembrava impossibile. Non era possibile per queste persone votare per il portavoce di María Corina Machado, leader dell’opposizione tradizionale, che in passato è stata in grado di stringere alleanze con personaggi ripugnanti come Donald Trump, Jair Bolsonaro e Javier Milei. Ma che dire del voto per Nicolás Maduro? L’uomo che per anni ha tenuto la sinistra popolare fuori dal governo? L’uomo che ha gestito la crisi economica facendo pagare ai più poveri la corruzione all’interno della compagnia petrolifera e gli effetti delle sanzioni economiche statunitensi? Colui che ha represso le classi lavoratrici durante le Operazioni di Liberazione del Popolo (OLP) tra il 2015 e il 2017, causando la morte di migliaia di giovani neri dei quartieri? Quindi l’unica opzione logica sembrava essere l’astensione. Una soluzione che contrasta con anni di rivendicazione da parte del chavismo del voto come strumento politico a tutti gli effetti per risolvere i conflitti tra i venezuelani, ma che ha trovato riscontro in quel 40% che non si è recato alle urne.
Nel nostro Paese stanno apertamente con Maduro Rifondazione comunista, per il segretario nazionale Maurizio Acerbo, secondo il quale “Qualsiasi errore possa essere attribuito da sinistra al presidente Maduro e al PSUV non va dimenticato mai il contesto difficilissimo in cui il movimento chiavista ha dovuto operare. L’aggressione USA e due decenni di contrapposizioni durissime nella società in Venezuela hanno prodotto problemi e contraddizioni che noi auspichiamo si risolvano positivamente”; e il PCI di Mauro Alboresi che ha salutato “l'insediamento del legittimo Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, compagno Nicolas Maduro Moros, rieletto dal popolo venezuelano per un nuovo mandato”.
La Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta e Osa hanno partecipato alla manifestazione “Giuro con Maduro”, svoltasi a Caracas davanti a Palazzo Miraflores in occasione dell'insediamento.
22 gennaio 2025