Fiaccolata contro il Ddl “Sicurezza” il 17 gennaio a Roma e in altre città
100 mila luci contro il buio del regime
La Rete “A pieno regime”: “Non possiamo permettere la nascita di una nuova Ungheria nel cuore dell'Europa”. Per la CGIL "Non ci sono mezze misure: il Ddl sicurezza va ritirato”

Con l'assemblea nazionale del 12 gennaio scorso la Rete No DDL Sicurezza “A pieno regime” ha promosso alcune iniziative di lotta, prima di esse la mobilitazione nazionale “100mila luci contro il buio del regime”.
In decine di piazze di tutta Italia si sono svolte pertanto manifestazioni unitarie, nelle quali hanno partecipato movimenti, associazioni, sindacati e partiti eterogenei, perlopiù provenienti dall'area riformista, che però hanno saputo far convergere un solo grido di opposizione al famigerato DDL ormai in via di approvazione, date le recenti dichiarazioni di noti esponenti di governo.
“Se questo DDL è il manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra – si legge nella nota della Rete – ribaltarlo significa creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro”.
Il 17 gennaio è stata una giornata di lotta importante contro il cosiddetto “DDL Paura”, soprattutto perché negli ultimi giorni l'accelerazione sull'approvazione del decreto è palese; la destra di governo sta infatti cavalcando le proteste che in mezza Italia chiedono giustizia per l'omicidio di Ramy, per formalizzare così l'avvio di un sistema repressivo capace di inasprire ulteriormente le leggi penali in materia di sicurezza pubblica e del cosiddetto “antiterrorismo”, ampliando l'ambito delle sanzioni e di fatto criminalizzando anche forme di dissenso pacifico.
I promotori hanno denunciato in particolare alcuni degli aspetti più preoccupanti del provvedimento, quale la trasformazione di alcune infrazioni amministrative in reati penali, ed il ricorso a misure preventive come i fogli di via in assenza di effettivi danni o comportamenti violenti. Un DDL quindi dall'effetto deterrente “che metterebbe ad alto rischio anche le più basilari libertà fondamentali di espressione e di riunione pacifica”, in un contesto in cui il dissenso è già ampiamente criminalizzato.

Le piazze del 17 gennaio
La mobilitazione "100.000 luci contro il buio del regime" organizzata da Amnesty International Italia, insieme alla rete No ddl Sicurezza “A Pieno Regime”, si è svolta in contemporanea a Roma ed in decine di altre città, nelle quali le piazze sono state presidiate da centinaia di persone che tenevano in mano fiaccole, accendini, torce dei telefoni e candele, “illuminando le strada contro il buio del regime che dilaga".
A Roma quasi un migliaio di persone hanno partecipato alla fiaccolata di piazza Sant'Andrea della Valle. Tra le numerose bandiere di associazioni e sindacati ed organizzazioni studentesche, anche alcuni parlamentari del centro “sinistra”, Avs e PD, e del Movimento 5 Stelle. Dopo degli interventi che si sono susseguiti in piazza durante il presidio, è partito un corteo che si è concluso in Largo Argentina dove i manifestanti hanno intonato 'Bella ciao'. Significativo il dispiego delle forze dell'ordine borghese che hanno blindato l'ingresso di Corso Cinascimento dalla piazza, dov'è situata la sede del Senato.
A Napoli centinaia di manifestanti si sono radunati davanti al palazzo della prefettura, in piazza del Plebiscito dov'è stato esposto uno striscione con su scritto "100.000 luci contro il buio del regime verso l'assemblea del primo febbraio. No ddl paura". Oltre che contro l'impianto generale del DDL sicurezza, le proteste hanno preso di mira anche le zone rosse e la "mortificazione" delle periferie con il "modello Caivano".
"Continueremo a mobilitarci anche contro lo scudo penale per le forze dell'ordine – hanno affermato i manifestanti -. Nel paese di Bolzaneto e della Diaz, di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva, di Federico Aldrovandi, di Davide Bifolco, di Ugo Russo e di Ramy Elgaml, la polizia e gli uomini in divisa godono già di ampissime tutele, che trovano la loro esplicazione in violenze, omicidi di stato e abusi come quelli consumatisi a Brescia a danno di attiviste e attivisti di Extinction Rebellion".
Anche a Bologna alcune centinaia di manifestanti hanno organizzato un presidio davanti alla Prefettura, per poi muoversi in corteo verso la vicina piazza Maggiore. In piazza assieme ad alcune sigle dei collettivi studenteschi, anche Patrick Zaki.
Un centinaio di persone sono scese in strada anche a Trento e, assieme agli studenti universitari, hanno effettuato un presidio sotto il Palazzo del Commissariato del governo. "Con questa legge la sicurezza non c'entra nulla. Viene però meno il diritto di poter manifestare liberamente. Quando ci si accorgerà dei danni che provocherà questo provvedimento alla nostra democrazia, in un momento in cui tutti sembrano distratti da altro, noi potremmo dire di essere di essere scesi in piazza per cercare di svegliare le coscienze", ha affermato il presidente dell'Arci del Trentino, Andrea La Malfa.

Le dichiarazioni di ANPI, CGIL e Amnesty
In tutte le manifestazioni del 17 gennaio, hanno partecipato fra gli altri organismi sociali, sindacali e politici, ANPI, CGIL ed Amnesty International.
L'associazione nazionale dei partigiani ha sottolineato come il decreto colpisca “lavoratori e lavoratrici, studentesse e studenti, migranti, detenuti, rom, ambientalisti, Ong, e sanziona penalmente il dissenso ed il conflitto sociale, l'anima di ogni sistema democratico. Sfigura la democrazia in chiave di Stato penale e di casta contrabbandando un'idea di sicurezza che colpisce i ceti popolari”.
La CGIL chiede il ritiro del provvedimento ed attacca duramente il governo: “Non ci sono mezze misure, – affermano dal sindacato di Corso Italia – il Paese non ha bisogno di leggi che colpiscono i diritti fondamentali, ma di politiche giuste su salari, fisco, pensioni, sanità, ambiente e istruzione”.
Laura Renzi, coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia, ha dichiarato che “Le mobilitazioni che da mesi amplificano le voci di migliaia di persone dimostrano che la demonizzazione della protesta non è in grado di fermarci. Le fiaccolate di questo venerdì sono state l'occasione di difendere oggi la possibilità di reclamare i nostri diritti umani anche in futuro” . Le fa eco Riccardo Noury, suo portavoce, che ricorda che il DDL è anche "un provvedimento che tra l'altro aumenterà la popolazione carceraria in un contesto detentivo già drammatico”.
In tutti i presidi è stato posto l'accento sul documento redatto dai sei commissari ONU per i diritti umani, che evidenzia come le nuove norme sulla gestione delle proteste e l'aumento delle pene previste per reati collegati al dissenso pubblico limiterebbero gravemente lo spazio civico e le attività dei difensori dei diritti umani, in contrasto anche con le disposizioni della stessa Costituzione borghese del '48.
Nello specifico gli esperti ONU sostengono che se il DDL fosse approvato, verrebbero lesi il divieto di lesioni arbitrarie, quello alla libertà di movimento, ad un processo equo, il diritto alla privacy ed alla libertà di espressione e di opinione, di riunione e di associazione.

La necessità di un movimento ampio ed unitario
Contestualmente a questa giornata di mobilitazione, la rete “A pieno regime” ha messo in calendario altre iniziative: il 3, 4 e 5 febbraio una sua rappresentanza promuoverà un presidio ed una conferenza stampa all'interno del Parlamento Europeo contro “il pericolo di una nuova Ungheria che in Europa deve riguardare tutti”, poi un altro fine settimana di lotte generalizzate di contrasto alle “zone rosse” per metà febbraio, ed altre iniziative a marzo.
Dal report dell'assemblea del 12 gennaio della rete “A pieno regime” si legge: “Ognuno deve essere capace di mettere il proprio dentro questa lotta unitaria: movimenti, associazioni, studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, docenti, giuristi e tutto il mondo del lavoro. Dai nodi della logistica ai cancelli delle fabbriche ai “non luoghi” del lavoro precario, l'opposizione sociale deve passare sempre di più dal coinvolgimento dei soggetti vivi di questa società. Diversi corpi, ma un'unica mente, quella che ambisce al cambiamento reale di questo Paese, e non solo”.
Dalle forze che la compongono e da altri passaggi di quest'ultima assemblea e delle precedenti, non ci sfugge di certo la natura riformista e principalmente istituzionalista della rete “A pieno regime”. Certe iniziative (vedi ad esempio la conferenza stampa davanti all'Europarlamento di Bruxelles che chiarisce quale sia l'approccio con l'UE imperialista e la sua legittimazione quale interlocutore principale), fanno intuire quali saranno gli obiettivi strategici, legalitari ed elettoralistici, che quella che si definisce “l'unica opposizione sociale” al governo Meloni ha.
Ma come abbiamo detto anche alla recente assemblea di Firenze della rete “Liberi e libere di lottare contro il DDL 1660” della quale facciamo orgogliosamente e convintamente parte, l'allargamento del fronte di lotta a tutti coloro che per qualche motivo sono disposti a lottare per fermare il decreto, è un elemento fondamentale, irrinunciabile ed irrimandabile, dal quale dipende il successo dell'opposizione al DDL ex-1660, il cui ritiro rappresenterebbe anche una forte spallata al governo neofascista guidato da Meloni.
Le divergenze di linea, di idea di società, di prospettiva politica, non devono intaccare né impedire l'unità sulla questione principale; ecco perchè l'invito a tutte le realtà in lotta contro il decreto è quello di formare un fronte unito non di classe ma di scopo, e portare avanti unitariamente questa battaglia nell'interesse delle masse popolari del nostro Paese.
Poi, una volta affossato il DDL, ognuno andrà per la sua strada, da solo o assieme ad altri in base ai propri obiettivi strategici.
Pertanto, se non vi sarà occasione prima, ci auguriamo che possa essere la mobilitazione a Roma nel giorno dell'approvazione del decreto per il quale entrambe le Reti hanno già annunciato manifestazione, quella giornata di “blocco e di assedio, a partire da una piazza comune, per esercitare conflitto ed ampliare il consenso”, la prossima occasione unitaria che possa portare finalmente ad un percorso ampio, organico e proficuo verso il ritiro del DDL “Paura”.
 
22 gennaio 2025