Saltato il negoziato sul rinnovo del contratto sanità
Proposto un aumento che recupera solo un terzo dell'inflazione

L'incontro che si è svolto nella mattinata del 14 gennaio nella sede dell'Aran (l'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), che rappresenta la controparte pubblica in sede di contrattazione, ha sancito la rottura sul rinnovo del contratto che riguarda oltre 580mila dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, tra infermieri, tecnici e personale non medico. Cgil, Uil e Nursing Up hanno rispedito al mittente le proposte perché giudicate inaccettabili.
Stavolta, a differenza di quanto successo in un altro settore pubblico, quello delle Funzioni Centrali, non è stato raggiunto nemmeno il 51% della rappresentanza, quota necessaria per la validità dei contratti nella PA. E questo nonostante la Cisl, assieme ai sindacati “autonomi” Fials e Nursind, si fosse prestata per l'ennesima volta ad accettare l'elemosina dell'Aran, continuando sulla linea dell'accondiscendenza più totale verso il governo Meloni. Il sindacato di Luigi Sbarra ha avuto il coraggio di accusare le altre organizzazioni che, a suo dire, avrebbero “Negato aumenti, arretrati e diritti” ai lavoratori.
Le bugie, come dice un vecchio adagio, hanno le gambe corte. La propaganda governativa si vanta di aver messo cospicui finanziamenti sulla sanità e per i lavoratori del settore, ma la realtà ci dice che in rapporto al Prodotto Interno Lordo l'esecutivo guidato dalla Meloni vi ha destinato meno soldi di tutti gli altri governi precedenti, mentre le risorse destinate ai rinnovi contrattuali sono assolutamente insufficienti al recupero dell'aumento del costo della vita. L’Aran ha previsto un aumento medio mensile lordo di 172 euro, che copre appena un terzo dell'inflazione degli anni 2022-2023-2024.
Cifra oltretutto gonfiata, come denuncia il Nursing up, un sindacato di categoria, rappresentativo dei professionisti sanitari. "Noi ricordiamo che si tratta di un valore lordo, il cui netto corrisponde, indicativamente ad euro 120 circa. Ma non è tutto, perché sembra che davvero tali cifre arriveranno nella busta paga di tutti gli infermieri: peccato che in questo singolare conteggio Aran include anche quote che non riguardano tutti i professionisti, ma solo una piccola e limitata parte degli stessi, come è il caso dell'indennità di pronto soccorso” afferma il suo presidente Antonio De palma.
Questa è solo una delle tante discriminanti, perché nella realtà “ tali risorse, ben lungi dall'essere suddivise in maniera equanime tra tutto il personale del comparto, sono invece suscettibili di una serie di variabili, che dipendono dalle future scelte aziendali e di contrattazione locale, – prosegue De Palma – l’ennesima illusione statistica, che non ci riempie certo le tasche vuote". Al netto delle varie indennità “Grazie alle battaglie sul campo, e questa sì che è una conquista innegabile, ma non c'entra certo l'Aran, come si vuol far credere”, il Nursing up stima che l'aumento “nella concretezza delle buste paga si tradurrà in circa 60 miseri euro”.
Non si tratta di solo di una questione di soldi, già di per sé molto importante. Tra le novità inserite nel futuro contratto anche il profilo dell'”assistente infermiere”, una figura che dovrebbe occuparsi principalmente di assistenza e cura di base dei pazienti, come ad esempio la misurazione dei parametri vitali, l’aiuto nell’alimentazione e nell’igiene personale. Cosa che oggi fanno già gli Oss”, sottolinea la Uil.
Un provvedimento, denuncia la Cgil, “per fronteggiare un'emergenza, quella della carenza infermieristica, di cui nessuno analizza le cause, limitandosi a prendere atto di un fenomeno che andrebbe arginato con misure concrete, in primo luogo l'incremento dei salari e la garanzia di poter lavorare con staff numericamente adeguati, orari rispettati e senza correre continuamente il rischio di essere aggrediti". Una problematica, quest'ultima, legata a sua volta al repentino peggioramento del servizio sanitario nazionale, causato dai pesantissimi tagli alla sanità pubblica, messi in atto da tutte le coalizioni che negli ultimi anni hanno governato il Paese.
La retorica ha lasciato il campo alla cruda realtà. È terminata l'esaltazione delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, che in tempo di covid sono stati definiti “eroi”, a cui i politicanti borghesi promettevano in futuro un giusto compenso per il duro e insostituibile lavoro che svolgono quotidianamente, promettendo il rilancio della sanità pubblica, dimostratasi l'unica capace di arrivare in tutti i territori, mentre quella privata, durante la pandemia, si tirava indietro perché tenere intubati i pazienti non era “remunerativo”.
Adesso il messaggio del governo neofascista della Meloni è chiaro: la sanità pubblica continuerà a essere tagliata in favore di quella privata, mentre i lavoratori, se vorranno guadagnare di più per stare al passo con l'aumento del costo della vita, dovranno lavorare di più e fare turni ancora più massacranti di quelli che già stanno facendo.
 

29 gennaio 2025