Dopo l’insediamento del fascioimperialista Trump alla Casa Bianca
Guerra commerciale mondiale, anche tra USA e UE
Dazi americani al Messico, Canada, UE e Cina
 
Lo aveva anticipato il 20 gennaio nel Campidoglio di Washington dove ha giurato e si è insediato come 47° presidente degli Stati Uniti e lo ha ribadito sprezzantemente alcuni giorni dopo intervenendo in video all’annuale Forum economico mondiale di Davos in Svizzera. Per il fascioimperialista Trump gli Stati Uniti non possono che decretare la guerra commerciale mondiale, come uno dei primi passi indicati nell’agenda del “MAGA” (Make America Great Again – Facciamo di nuovo grande l’America).
Si comincia dal Messico e Canada, presumibilmente dal 1° febbraio, con dazi del 25%, tanto per far capire che con lui si dovranno piegare al dominio coloniale a stelle e strisce. Per poi passare ai bersagli grossi a partire dalla Cina. Nella prima conferenza stampa del 22 gennaio Trump ha ricordato che nel 2016, prima sua presidenza, la Cina ha pagato agli USA circa 600 miliardi di dollari di dazi. “Se non l’avessi fatto, non avremo un’acciaieria aperta negli Stati Uniti in questo momento. Quindi quello che ho fatto è che ho salvato l’industria siderurgica. Ho salvato anche altre industrie, con altre tariffe”. Ma, ha aggiunto Trump, “Anche altri paesi sono grandi abusatori. Non è solo la Cina. La Cina è un aggressore, ma l’Unione europea è molto, molto male per noi. Ci trattano molto, molto male. Non prendono le nostre macchine. Non prendono le nostre auto. Non prendono essenzialmente i nostri prodotti agricoli”. Per questo a Davos il neo presidente americano è tornato a minacciare dazi agli Stati dell’Unione europea. L’obiettivo principale è evitare che le aziende europee continuino a fare affari con gli imperialismi rivali di Cina e Russia. Soprattutto con il primo, che attraverso il commercio e l’economia si è fatto strada prepotentemente nel vecchio continente. Lo scopo a breve termine è far affluire ricchezza in patria, facendo valere il profondo deficit commerciale che gli USA detengono con l’UE, pari a circa 350 miliardi di dollari. Secondo Eurostat, gli Stati UE esportano 502 miliardi di dollari di beni negli USA, mentre le merci americane che volano in Europa ammontano a 344 miliardi di dollari. Intanto, ha annunciato impettito Trump da Davos, la corporate tax in America sarà abbassata al 15% “per chi produce negli Stati Uniti”. Vale a dire rilancio della produzione interna e posti di lavoro. Ne consegue il messaggio all’UE: o comprate le merci americane e producete qui da noi, o pagherete tariffe più alte.
Sempre da Davos il 22 gennaio è arrivata la risposta dell’imperialismo europeo agli USA. La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha affermato che “qui in Europa dobbiamo prepararci e sapere come rispondere” alle misure prospettate dalla Casa Bianca. Alla domanda se l’UE abbia la forza per assorbire l’impatto di nuove barriere commerciali, Lagarde ha risposto che i Paesi UE hanno “un ampio potenziale da sfruttare sviluppando ulteriormente il mercato interno”. In precedenza era stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a schierare Bruxelles contro Washington, dicendosi pronta a negoziare ma anche a reagire, anche rafforzando i legami commerciali con altri paesi (Cina ed India, in primis). “La UE è pronta a difendere i suoi interessi. Siamo pronti a rispondere in modo proporzionato se sarà necessario, come abbiamo fatto durante la prima amministrazione Trump”, ha ribadito il Commissario UE per l’Economia Valdis Dombrovskis. “Gli USA sono un importante partner strategico, ma è chiaro che siamo pronti a difendere i nostri valori e i nostri interessi se necessario”, ha aggiunto. “L’Europa non deve sentirsi complessata, le parole che dovremmo sentire qui all’Eurocamera dovrebbero essere parole rivolte agli europei: ‘L’Europa era, è e sarà sempre grande”, aveva rilanciato il premier polacco Donald Tusk parlando alla plenaria del parlamento europeo in occasione dell’inizio della presidenza di turno di Varsavia.
Le guerre in corso in Medio Oriente e Ucraina e lo scontro tra UE e Cina sui veicoli elettrici hanno innalzato nell'ultimo anno la minaccia di una guerra tariffaria globale. L’imposizione di dazi da parte dell’UE, per compensare le sovvenzioni cinesi ai produttori nazionali di auto di nuova generazione, ha spinto il governo di Pechino a rispondere con un'indagine antidumping sulle importazioni di brandy, carne di maiale e prodotti lattiero-caseari dall'Unione. Mentre l’avanzo commerciale (differenza tra valore delle esportazioni e delle importazioni) cinese nei confronti degli Stati Uniti ha raggiunto nel 2024 i 361 miliardi di dollari, il 7% in più dell’anno prima.
A questo proposito Trump ha rivelato che “Stiamo valutando dazi del 10% alla Cina sulla base del fatto che stanno inviando fentanyl in Messico e Canada”. Il fentanyl è un oppiaceo sintetico per la cui realizzazione Pechino è il principale produttore di componenti chimici necessari. Immediata è giunta la replica della Cina che assicura di essere “fermamente determinata a difendere gli interessi nazionali”. “Abbiamo sempre creduto che non ci sono vincitori in una guerra commerciale”, ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning.

29 gennaio 2025