Netanyahu lancia l'operazione “Muro di ferro” contro Jenin in Cisgiordania
L'Anp di Abu Mazen appoggia militarmente la campagna antipalestinese dei nazisionisti
Hamas: Combattete

Neanche un pugno di ore erano trascorse dall'entrata in vigore della tregua a Gaza che i nazisionisti davano il via a una nuova criminale aggressione militare in Cisgiordania, nell'operazione denominata “Muro di ferro” e inizialmente indirizzata contro la città di Jenin. Un attacco condotto con il vergognoso e criminale appoggio militare dell'Anp di Abu Mazen, che aveva appena firmato un accordo di tregua con le formazioni della Resistenza palestinese una volta fallito l'assedio della sua polizia, addestrata da consiglieri americani e italiani, alle formazioni del campo profughi della città. I miliziani di Abu Mazen per 40 giorni avevano dato il cambio alle forze sioniste negli attacchi nella città della Cisgiordania e solo poche ore dopo il loro ritiro, con un rapido scambio di compiti, rientrava in azione direttamente l'esercito sionista. Hamas dava una ferma e chiara indicazione alle formazioni della Resistenza: combattete. La risposta della resistenza palestinese veniva dal comunicato di Hamas del 21 gennaio che invitava alla mobilitazione: “Chiediamo la mobilitazione generale e lo scontro contro la diffusa aggressione dell'occupazione a Jenin e il sostegno dei combattenti della resistenza per affrontare l'oppressione sionista". La nota segnalava che il primo attacco aveva già provocato sei morti palestinesi e segnalava il comportamento tenuto dall'Anp di Abu Mazen: "Desta stupore il comportamento delle autorità che si sono ritirate dalle vicinanze del campo di Jenin contemporaneamente all'inizio dell'attacco delle forze di occupazione".
Il criminale Netanyahu aveva appena salutato il 20 gennaio l'insediamento del nuovo presidente americano, ricordando l'antico sodalizio cementato durante la prima presidenza del fascioimperialista Trump, con le parole “insieme sconfiggeremo l'asse del terrore” e si rimetteva immediatamente al lavoro nel compito intanto di allargare l'illegale occupazione della Cisgiordania, come annunciava nell'indicazione già data a esercito, servizi e polizia di iniziare “l'operazione militare, denominata Muro di ferro, vasta e significativa per combattere il terrorismo a Jenin. Questo è un ulteriore passo verso il raggiungimento dell'obiettivo che ci siamo prefissati: rafforzare la sicurezza in Giudea e Samaria (Cisgiordania). Agiamo in modo sistematico e deciso contro l'asse iraniano ovunque esso estenda le sue mani: a Gaza, in Libano, in Siria, in Yemen, in Giudea e Samaria”. Una indicazione conclusa con un minaccioso “e non finisce qui".
Come potrebbe continuare lo spiegava la candidata di Trump ad ambasciatrice presso le Nazioni Unite, Elise Stefanik, che in contemporanea alla dichiarazioni di Netanyahu, durante l’udienza di conferma davanti alla Commissione Esteri del Senato Usa a Washington, affermava che appoggiava la posizione sionista che pretende di avere un “diritto biblico” sull’intera Cisgiordania, che infatti i nazisionisti chiamano coi nomi biblici di Giudea e Samaria. L'ambasciatrice negava il diritto all'autodeterminazione palestinese e indicava che il compito del presidente Usa sarebbe quello di “portare la pace nella regione, sradicare i terroristi di Hamas e Hezbollah, proteggere la sicurezza nazionale di Israele”, che a dire il vero è lo stesso della precedente amministrazione democratica di Biden.
Il sodalizio criminale fra Trump e Netanyahu era rafforzato anche da uno degli ordini esecutivi subito emesso dal presidente Usa che annullava le sanzioni contro 17 coloni accusati di attacchi alla popolazione palestinese in Cisgiordania. Una ridicola misura decisa da Biden a fronte del palese genocidio palestinese che Trump decideva proprio due nel momento del nuovo attacco sionista e mentre crescono le aggressioni dei coloni nei territori occupati con incendi di case, negozi, veicoli e campi coltivati, sotto la protezione dell'esercito. L'Anp di Abu Mazen il 21 gennaio dalla sede di Ramallah condannava la decisione di Trump, “questa decisione incoraggia i coloni a commettere altri crimini”, e lo invitava a “intervenire per fermare questi crimini e le politiche israeliane che non porteranno pace e sicurezza a nessuno”. Intanto però gli agenti della polizia di Abu Mazen partecipavano in borghese all'attacco contro le formazioni unitarie della resistenza palestinese del campo di Jenin, secondo una denuncia riportata dai media libanesi. D'altra parte nella sua operazione a Jenin dal 5 dicembre al 21 gennaio e denominata “Proteggere la Patria” si era mostrata come una operazione del tutto simile a quelle dei nazisionisti contro la Resistenza, compresi l'attacco agli ospedali, l'interdizione all'ingresso dei giornalisti di al Jazeera, l'uccisione di una decina di civili, donne e bambini compresi, l'assassinio della giovane giornalista Shatha al-Sabbagh che denunciava l’operazione dell’Anp di Abu Mazen, il presidente che sarebbe un rappresentante autentico dei palestinesi secondo i padrini imperialisti e non piuttosto uno strumento di controllo utilizzato dai sionisti contro i palestinesi.
La Relatrice dell’Onu per i diritti umani in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, Francesca Albanese, denunciava che “mentre il tanto atteso cessate il fuoco a Gaza ha avuto luogo, la macchina della morte di Israele ha intensificato i suoi spari in Cisgiordania, uccidendo dieci persone a Jenin. Se non sarà fermata, il genocidio dei palestinesi da parte di Israele non sarà limitato a Gaza. Ricordate le mie parole”. Infatti, applicando il metodo criminale usato a Gaza, mentre i bulldozer distruggevano strade e case nel campo di Jenin, i raid militari si allargavano a Bir Zeit, in vari villaggi nei pressi di Ramallah e Hebron e nel campo di Aida (Betlemme), distruggevano case e costringevano la popolazione palestinese a andarsene. Come a Beit Ummar, a nord di Hebron, dove il 27 gennaio i soldati sionisti danneggiavanio decine di case e arrestavano una 20 di palestinesi, tra i quali quattro bambini, secondo quanto raccontato dell'agenzia Wada, quella dell'Anp, impegnata solo a registrare i fatti. L'attacco nazisionista alla Cisgiordania era in parte rallentato solo in alcune zone occupate dalla reazione che la Resistenza palestinese riusciva a mettere in campo.
Una soluzione per risolvere radicalmente la quesitione dei territori palestinesi occupati l'avanzata il 26 gennaio il fascioimperialista Trump, una soluzione semplicissima: deportare i palestinesi. Il suo piano per "ripulire" Gaza, definita un "cantiere di demolizione", prevede che i paesi arabi più vicini ai nazisionisti, Egitto e Giordania, accolgano i palestinesi dai territori: “stiamo parlando di un milione e mezzo di persone, e noi ripuliremo tutto", con una operazione che potrebbe essere "temporanea o a lungo termine", sosteneva Trump.
Una proposta accolta con favore dalla destra del governo sionista, che la sostiene da 76 anni, dalla fondazione dell'entità sionista, ma che è stata seguita di fatto dalla politica di insediamento coloniale e di espulsione dei palestinesi da tutti i regimi che si sono susseguiti nei 76 anni a Tel Aviv, qualunque fosse il loro colore politico.
Una proposta respinta al mittente da Hamas, che la definiva una "dichiarazione di guerra", che avrebbe fatto fallire allo stesso modo in cui il l'organizzazione "ha sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, la nostra gente sventerà anche tali progetti ed eliminare la Resistenza". Per la Jihad Islamica la proposta è un “incoraggiamento dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità”. Financo il ministro degli Esteri della Giordania la bocciava, “La nostra priorità è garantire che i palestinesi rimangano sulla loro terra, il nostro rifiuto dello sfollamento dei palestinesi è fermo e non cambierà. La Giordania è per i giordani e la Palestina è per i palestinesi", così come quello egiziano, che almeno a parole ribadiva il sostegno alla volontà manifestata dal popolo palestinese a “rimanere sulla propria terra e alla sua ferma adesione ai legittimi diritti alla propria patria, in linea con i principi del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario”. E infine anche l'Anp di Abu Mazen, che si era appena ricandidata per governare a Gaza col sostegno imperialista, respingeva qualsiasi piano o progetto mirato a sfollare il popolo palestinese dalla Striscia di Gaza: “sottolineiamo che il popolo palestinese non abbandonerà mai la propria terra o i propri luoghi sacri e non permetteremo il ripetersi delle catastrofi (Nakba) del 1948 e del 1967. Il nostro popolo rimarrà saldo e non lascerà la propria patria".
Sei mesi fa, il 19 luglio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite all’Aia ha stabilito, con una sentenza giuridicamente non vincolante ma che è pur sempre una indicazione autorevole del Diritto Internazionale che deve essere rispettato, che la presenza israeliana nei territori palestinesi della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, Gerusalemme Est compresa, è illegale non solo per le modalità di una condotta criminale verso la popolazione ma anche solo come fatto in se: è una violazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e del divieto legale di annessione tramite l’uso della forza e di conseguenza dovrebbe terminare il più rapidamente possibile, compresa l’evacuazione di tutte le colonie in Cisgiordania e Gerusalemme Est, tra l'altro in continua espansione. Una sentenza confermata e integrata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella Risoluzione del 13 settembre 2024, anche essa non vincolante ma pur sempre espressione di una larga maggioranza di paesi a favore della causa palestinese. Eppure sei mesi dopo Usa, Ue, gli altri paesi imperialisti occidentali e i paesi arabi reazionari continuano ancora a sostenere la politica criminale e il genocidio palestinese dei nazisionisti facendo saltare di fatto tutte quelle regole del diritto internazionale, da loro stesse patrocinato ma non più funzionale alla prospettiva di una nuova guerra mondiale che stanno preparando contro i paesi imperialisti dell'Est guidati dal socialimperialismo cinese e dalla Russia del neozarista Putin. I nazisionisti, coperti dagli alleati imperalisti e impuniti, hanno dato il loro contributo nell'ultimo anno con la guerra a Gaza e Cisgiordania, in Libano e in Siria fino allo Yemen e all'Iran a far tornare i rapporti mondiali alla legge della giungla, tra l'altro molto utile alla nuova politica americana di Trump. Adesso nonostante gli accordi di cessate il fuoco col Libano e a Gaza i nazisionisti mantengono viva la minaccia di riprendere i massacri della popolazione che rappresenta una vigliacca e criminale esibizione dei muscoli funzionale ai loro progetti imperialisti e egemonici locali.

29 gennaio 2025