La ministra Santanchè a processo per falso in bilancio
Deve dimettersi
Con l'accusa di “false comunicazioni sociali”, il 17 gennaio su richiesta dei Pm (pubblici ministeri) di Milano, Marina Gravina e Luigi Luzi, la Giudice per l'udienza preliminare (Gup) Anna Magelli ha rinviato a giudizio la ministra del Turismo Daniela Santanchè per aver “truccato” i bilanci del gruppo Visibilia srl da lei fondato e ora in liquidazione.
L’esponente di Fratelli d’Italia sarà a processo insieme ad altri 16 imputati davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano per rispondere del “disegno criminoso” architettato appositamente per omettere “ogni attività di accertamento” sul bilancio della spa Visibilia Editore con il fine “di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto” a discapito degli investitori.
Accanto alla Santanché sul banco degli imputati compariranno fra gli altri il compagno della ministra (Dimitri Kunz), l’ex compagno (Canio Giovanni Mazzaro), la sorella (Fiorella Garnero), la nipote (Silvia Garnero), che hanno rivestito tutti ruoli apicali all’interno della società.
L'inchiesta è partita su input di alcuni soci di minoranza, tra cui il finanziere Giuseppe Zeno (parte civile insieme ad altri due piccoli azionisti), inerenti i bilanci tra il 2016 e il 2022. Tra le contestazioni ritenute centrali nell’indagine c’è quella relativa all’iscrizione “nell’attivo dello stato patrimoniale” nei bilanci della spa Visibilia Editore, dal 2016 al 2020, dell’avviamento (il valore intrinseco della società) per cifre che vanno dagli oltre 3,8 milioni di euro a circa 3,2 milioni, “senza procedere” alla ”integrale svalutazione” già nel dicembre 2016.
Insomma secondo i Pm: “Tutti sapevano e tutti hanno taciuto” delle irregolarità sui conti e della crisi di Visibilia. “Tutti, Santanchè compresa”.
“Sarò soddisfatto quando rivedrò indietro i miei soldi. Abbiamo perso tra i 350mila e i 400mila euro“ ha detto alcuni giorni fa Giuseppe Zeno che è alla guida dei soci di minoranza che quattro anni fa hanno cominciato la battaglia giudiziaria con un esposto. “Non ci volevano dare le informazioni che chiedevamo, come prevede la legge”.
Nonostante le gravi accuse di cui deve rispondere, la senatrice di Fratelli d'Italia ha già ripetuto più volte che “non ho nessuna intenzione di dimettermi”.
Al suo fianco si sono schierati il presidente del Senato Ignazio La Russa, suo grande alleato e sostenitore, e soprattutto la premier Meloni che continua a difendere a spada tratta la sua ministra sostenendo fra l'altro che: “Il rinvio a giudizio non è necessariamente motivo di dimissioni. Ma va valutato l’impatto sul lavoro di ministro perché la Santanché sta facendo un ottimo lavoro”.
Dichiarazioni da cui si potrebbe intuire che dietro al fallimento di Visibilia si possa nascondere un “disegno criminoso” ancora più ampio che rischia di coinvolgere altri boss politici del governo o di FdI. Un'ipotesi che spiegherebbe le giravolte della Meloni la quale, fino a pochi giorni prima di salire a Palazzo Chigi si scagliava contro i politici corrotti e chiedeva dimissioni a raffica e ora che invece la corruzione e il malaffare traboccano fino ai massimi vertici di FdI è diventata improvvisamente “garantista”.
Eppure di motivi per dare il ben servito alla ministra del Turismo certamente non mancano. I guai giudiziari della Santanché infatti non riguardano solo la scandalosa vicenda di Visibilia srl. Per la Santanché potrebbe arrivare presto un nuovo rinvio a giudizio per lo scandalo ancora più imbarazzante inerente la truffa all'Inps, l’Istituto nazionale di previdenza sociale della Repubblica a cui la ministra ha giurato fedeltà.
L’accusa mossa sempre dai Pm di Milano è di truffa aggravata ai danni dell’Inps in quanto l’azienda guidata da Santanchè ha chiesto e ottenuto 126mila euro di fondi pubblici della cosiddetta “cassintegrazione Covid” durante i mesi della pandemia . Dalle indagini è risultato che Visibilia Editore chiese questa procedura per 13 dipendenti ma nel frattempo tutti continuavano a lavorare a pieno regime in smartworking.
Anche in questo caso Santanchè è tecnicamente “imputata” poiché la Procura di Milano ha già chiesto il rinvio a giudizio. Il tribunale non si è ancora pronunciato perché gli avvocati della ministra hanno chiesto il trasferimento del processo a Roma sulla base di alcune norme della riforma Cartabia. Il 29 gennaio si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione. Nel caso in cui la Cassazione dovesse decidere il trasferimento a Roma il processo deve riprendere da capo e la Santanché avrebbe qualche possibilità di cavarsela. In caso contrario il rinvio a giudizio è scontato.
Anche in questo caso insieme a Santanchè si ritrovano accusati altri ex dirigenti o responsabili amministrativi di Visibilia, dal compagno Dimitri Kunz al responsabile della tesoreria, Giuseppe Concordia.
La terza inchiesta in cui è coinvolta Santanchè riguarda la Ki Group, la società della galassia del bio-food guidata dalla senatrice fino a fine 2021.
La ministra è indagata con il suo ex compagno Giovanni Canio Mazzaro, al fratello Michele Mazzaro e ad altre persone. Il tribunale fallimentare ha dichiarato la liquidazione giudiziale della società – il vecchio fallimento – dopo aver acclarato “uno stato di definitiva incapacità” di “fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni”. E questo in quanto non avrebbe avuto “più credito di terzi e mezzi finanziari propri” per coprire un “passivo” di oltre 8,6 milioni di euro. Una situazione difficile da sanare e che ha portato i giudici a rigettare la proposta avanzata dai legali di un concordato semplificato che puntava su circa 1,5 milioni di euro che sarebbero dovuti arrivare dalla capogruppo Bioera, anche lei però in crisi, tant’è che ai primi di dicembre scorso è stata dichiarata fallita.
Il crac di Bioera, un’altra società del gruppo che vendeva succhi, sciroppi, integratori e cosmetici, potrebbe portare, come quasi sempre avviene in questi casi, all’apertura in sede penale di un ennesimo fascicolo a carico di Santanché e soci per bancarotta.
29 gennaio 2025