Non sarà recuperata nemmeno un terzo dell'inflazione
Cgil, Uil e Usb non firmano il contratto per gli statali
I tre sindacati promettono di continuare la mobilitazione
Dopo il No di Cgil, Uil e Usb alla proposta di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il 2022-2024 degli statali delle Funzioni centrali (dipendenti delle agenzie fiscali, di Inps, Inail e altri enti, esclusi scuola e sanità) è proseguito il confronto tra sindacati e Aran (l'Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni, in pratica il Governo). Ma per le tre sigle sindacali “questo contratto segna l’abbandono del CCNL quale strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni per tutti i lavoratori”. Non hanno cambiato idea, confermando l'indisponibilità ad assecondare la volontà del governo e quindi non hanno firmato.
La Cisl invece si è ancora una volta dimostrata essere un sindacato organico a questo governo e, assieme a due sindacati che si dichiarano autonomi ma corporativi nella sostanza, ha subito dato il proprio consenso. Questo ha permesso di raggiungere la maggioranza percentuale delle organizzazioni sindacali rappresentate, necessaria nella Pubblica amministrazione per convalidare gli accordi. Una maggioranza a dir poco risicata (53%), tanto da spingere i sindacati non firmatari a indire un referendum consultivo (senza effetto vincolante) dove il No ha stravinto con il 98% dei votanti.
Addirittura la Cisl ha accusato pesantemente chi non ha firmato di non avere a cuore i salari dei lavoratori rifiutando gli aumenti del nuovo contratto. Ma qui si sta parlando di una vera e propria elemosina: 160 Euro lordi per il triennio 2022-2024 che, conti alla mano, non coprono nemmeno un terzo dell''inflazione del periodo. Ma per il sindacato di Sbarra “bisogna tenere di conto delle ristrettezze economiche”, e poiché il governo neofascista della Meloni ha messo sul piatto questi soldi, vanno accettati senza discutere.
In conclusione, dopo il via libera della Corte dei conti, il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali della pubblica amministrazione entra in vigore spaccando il fronte sindacale, senza tenere di conto del referendum indetto da Cgil, Uil e Usb e del mancato recupero dell'inflazione. Nonostante la propaganda di governo e Cisl, la verità dei numeri è purtroppo chiara: i lavoratori e le lavoratrici avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) a oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore. Altro che 160 euro di aumento!
Questo contratto è fortemente penalizzante sia dal punto di vista economico che normativo, lasciando su quest'ultima parte larghi spazi alla gestione discrezionale delle amministrazioni, come sulla “settimana corta”. Che non è affatto una riduzione di orario ma una concentrazione dello stesso monte ore settimanale in quattro giorni lavorando nove ore al giorno. Risultato? Oltre alla beffa anche la discriminazione, soprattutto delle donne che, gravate dei carichi di lavoro domestico e di cura, avranno più difficoltà a utilizzare questo “strumento”. Mentre il tanto decantato riconoscimento del buono pasto nei giorni di smart working
diventa il modo per le amministrazioni di richiedere vincoli orari nelle prestazioni non previsti dalla legge.
Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi non considerano chiusa la vicenda e annunciano che la mobilitazione continua. “Non firmare il contratto 2022/2024 non è una rinuncia, ma il solo modo oggi possibile per tenere alta la voce di quanti chiedono contratti dignitosi. Per questo – dichiarano in un comunicato congiunto – la partita non si chiude qui e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del comparto delle Funzioni centrali a continuare la mobilitazione per dare valore al lavoro pubblico e restituire dignità a chi entra nelle amministrazioni pubbliche per dare un servizio di qualità al Paese”.
5 febbraio 2025