VII Rapporto dell'Osservatorio Placido Rizzotto della FLAI Cgil
200 mila lavoratrici e lavoratori del settore agricolo senza contratti e diritti
Guadagnano 6mila euro all'anno

Una buona fetta dei 73,5 miliardi fatturati annualmente dal settore agro alimentare italiano, “fiore all'occhiello del food made in italy” secondo il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste del governo Meloni, Francesco Lollobrigida, sono in realtà il profitto capitalista generato da un sistema di produzione e di sfruttamento schiavista dove oltre 200mila lavoratori e lavoratrici risultano irregolari, senza contratti e senza diritti e lo sfruttamento, il caporalato, il lavoro nero e precario, la fanno da padrone con centinaia di migliaia di braccianti che guadagnano in media meno di 6 mila euro lordi all'anno e sono sottoposti alla brutale “filiera dello sfruttamento” controllata dalla criminalità organizzata.
A certificarlo nero su bianco è il VII Rapporto Agromafie e caporalato realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, presentato il 4 dicembre a Roma.
Cifre e percentuali alla mano, il rapporto evidenzia anche la strutturalità di queste odiose condizioni di sfruttamento che ormai non riguardano più solo il Sud del Paese, ma investono in buona parte anche le regioni del Centro e del Nord.
“Era il 2012 quando fu stilato il primo rapporto – ha ricordato Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil, durante la presentazione del Rapporto - Purtroppo, a distanza di tanti anni, le evidenze empiriche e documentali emerse dall’ampio e accurato lavoro di ricerca ci restituiscono ancora una volta la fotografia di un sistema agricolo e non solo in cui illegalità, irregolarità e sfruttamento fanno parte dell’attuale modello produttivo, soprattutto per quelle imprese che hanno difficoltà a stare sul mercato e per le altre che decidono di competere nell’illegalità, scaricando sul lavoro i costi della competizione”.
Dai dati si evince chiaramente che chi lavora in agricoltura è povero. Ha una retribuzione media di 6 mila euro lordi all’anno, che arriva a 12 mila se ha anche un rapporto di lavoro in un altro settore. È irregolare nel 30 per cento dei casi secondo le stime Istat; è sottoposto a condizioni di sfruttamento e caporalato disumane; è preda di un sistema di reclutamento controllato dalla criminalità organizzata e, se è donna, è ancora di più una potenziale vittima.
Stiamo parlando di un settore che conta 872.100 occupati, di cui 472 mila dipendenti e 423 mila indipendenti, dove i reati e gli illeciti amministrativi nel 2023 sono cresciuti del 9,1 per cento rispetto all’anno precedente. Sono aumentate significativamente anche le sanzioni (più 27,1 per cento), le denunce (più 45,7 per cento), gli arresti (più 3,9) e soprattutto i sequestri, più che raddoppiati (220,9 per cento).
Secondo i dati del rapporto annuale 2023 dell’Ispettorato nazionale del lavoro il tasso di irregolarità nel settore agro alimentare è pari al 69,8 per cento. Solo nel settore agricolo, su un totale di 3.529 ispezioni concluse, 2.090 hanno rilevato irregolarità, il 59,2 per cento.
E il fenomeno non riguarda solo alcuni territori ma tutta l’Italia, come dimostrano i focus del Rapporto Agromafie e Caporalato da cui emerge che in Piemonte il numero di lavoratori impiegati irregolarmente nel settore agricolo o sottoposti a pesanti forme di sfruttamento oscilla tra 8 e 10 mila unità; nella provincia di Asti si contano 32 diverse località dove si consumano rapporti di lavoro informale (grigio e nero) e caporalato. Nelle province di Trento e Bolzano si stimano 6 mila occupati non standard o completamente irregolari nel settore primario e nel comparto di lavorazione e macellazione delle carni.
In Basilicata i lavoratori irregolari nel settore primario sono circa 5 mila (Istat 2023), un dato che è riferito ai soli addetti residenti, a cui vanno aggiunti i 5-7mila avventizi e pendolari sfruttati che raggiungono i principali contesti agricoli della regione. Il numero totale dei lavoratori sottoposti a forme diverse di sfruttamento supera quindi le 10 mila unità. Nel crotonese si stima un numero tra le 11 e le 12 mila persone impiegate nel lavoro nero o grigio, cifra che include anche i 4-5 mila stranieri che ogni anno vi giungono in occasione di fasi di picchi di produzione, come le raccolte di agrumi e ortaggi.
“È evidente la strutturalità del lavoro povero, precario e sfruttato in un settore che registra valori economici più che elevati – si legge nel rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto –. Il dato eclatante è che agli oltre 70 miliardi di margini economici generati contribuiscano donne e uomini che in media guadagnano poco più di 6 mila euro all’anno. Di fronte a questi numeri, viene da chiedersi se, aldilà dell’affermazione politica del cosiddetto sovranismo, non ci sia una volontà nemmeno troppo celata di mantenere migliaia di individui nella precarietà esistenziale e nella marginalità sociale per alimentare questo esercito di invisibili funzionali a una parte di sistema produttivo, attraverso ad esempio una legislazione sull’immigrazione che pare proprio alimentare tutto ciò”.

5 febbraio 2025