Per fare un buon lavoro politico e giornalistico occorre applicare le tre fasi che precedono l'azione
Qui di seguito pubblichiamo il paragrafo “Le tre cose da fare” del fondamentale Documento del CC del PMLI intitolato “Teniamo alta la bandiera del socialismo, dell'antimperialismo e dell'antifascismo”, che porta la data del 20 febbraio 1988.
Questo documento, unitamente alla relazione del compagno Giovanni Scuderi al CC del PMLI intitolata “La situazione politica, il pericolo di una guerra mondiale imperialista e il lavoro per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso”, andrebbe letto integralmente.
Intanto suggeriamo di leggere subito il suddetto paragrafo. Alcune indicazioni in esso contenute sono legate alla situazione politica del momento e quindi sono state superate dai documenti del CC, dell'UP e del Segretario generale del PMLI.
Tre sono le cose che oggi bisogna fare bene per rafforzare il Partito: 1° - studiare e applicare la linea del Partito; 2° - concentrarsi sul lavoro di massa; 3° - migliorare la qualità delle organizzazioni e dei militanti del Partito.
Queste tre cose costituiscono un tutto unico, tre aspetti dello stesso problema che vanno affrontati simultaneamente e non in momenti diversi e uno dopo l’altro secondo l’ordine indicato. Sono talmente interconnessi che qualsiasi movimento si compia nell’ambito di ciascuno di essi produce inevitabilmente degli effetti benefici sugli altri.
Queste tre cose da fare hanno tutte quante la stessa importanza e urgenza, ma è chiaro che le ultime due derivano dalla prima, poiché sono la conseguenza della sua comprensione e realizzazione.
Lo studio e l’applicazione della linea politica del Partito viene dunque ad essere la chiave di volta del rafforzamento del Partito.
Lo studio della linea del Partito è attualmente un compito primario, poiché si riscontra qua e là, ai vari livelli, un’insufficiente assimilazione della linea del Partito. Questa debolezza di preparazione e formazione politiche incide sensibilmente sulla qualità, l’immagine, l’azione e la “presa” del Partito.
Dobbiamo perciò dedicare più tempo, sia individualmente che collettivamente, allo studio della linea del Partito, con la coscienza che esso è assolutamente imprescindibile per far bene il lavoro politico di Partito e per trasformare il mondo e noi stessi.
Senza uno studio regolare, metodico e operativo della linea politica del Partito è impossibile avere delle idee e delle posizioni marxiste-leniniste, muoversi su un terreno rivoluzionario e affrontare con successo i marosi della lotta di classe e le battaglie quotidiane contro i nemici di classe, il governo e i loro lacchè.
Poiché nessun membro del Partito è immune dall’influenza della cultura e della politica dominanti, e poiché su ogni questione ideologica, politica, economica, culturale e sociale si scontrano le concezioni opposte del proletariato e la borghesia, occorre conoscere a menadito la linea politica del Partito. Solo così possiamo essere sicuri di essere indipendenti e autonomi dalla borghesia, di possedere una corretta visione di classe dei vari problemi, di agire conformemente alla volontà del Partito, di non cadere in errori e non deviare a destra o a “sinistra”. Naturalmente finché la linea del Partito si basa sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Lo studio della linea del Partito è paragonabile all’alimentazione: se non la si studia prima o poi si deperisce politicamente e si scivola inconsapevolmente nel campo della borghesia e della controrivoluzione.
Come non è possibile andare avanti per un giorno o due senza mangiare, così non è possibile fare un serio e proficuo lavoro politico se non studiamo regolarmente i documenti del Partito e “Il Bolscevico” non appena escono e non si mettono subito in pratica le loro indicazioni.
Alimentandosi saltuariamente, svogliatamente, poco e male a tali fonti, la nostra azione diventa sempre più debole, fiacca, sbiadita, precaria e poco incisiva. Gradualmente si perde il passo del Partito e si deteriora fino a consumare il rapporto con i compagni e col Partito.
In questi casi occorre svegliarsi in tempo e rigenerarsi lo spirito e la mente rituffandosi nello studio della linea e nell’azione del Partito, prendendo esempio dalle compagne e dai compagni che nonostante i mille impegni di Partito non hanno mai trascurato di studiare la linea del Partito e di attenersi ad essa.
Non basta avere una conoscenza “così e così” della linea del Partito, ma una buona conoscenza. Si capisce non scolastica e nozionistica, ma pratica, concreta, utile per l’azione rivoluzionaria.
Soprattutto bisogna conoscerne le questioni ideologiche, strategiche e programmatiche che sono già da lungo tempo patrimonio del Partito e che si trovano negli atti costitutivi e nei Congressi. Tutto ciò costituisce la base inalienabile, la fonte perenne dell’orientamento e dell’ispirazione del Partito, il presupposto per ogni e qualsiasi intervento del Partito.
In questo momento però l’accento va posto sullo studio e sulla comprensione degli sviluppi che la linea politica del Partito subisce tra un Congresso e l’altro, sviluppi che a volte sfuggono all’attenzione e alla riflessione di qualche compagno, settore e organizzazione di Partito.
In certi casi c’è voluto un lungo periodo di tempo per assimilare e mettere in pratica la linea dell’ultimo Congresso. In altri casi non si sono afferrati al volo gli sviluppi della linea del Partito contenuti nei documenti successivi al Congresso.
Col risultato che può accadere che si riproducano interventi, discorsi e articoli vecchi, superati, che nostro malgrado riportano indietro il discorso e l’azione del Partito.
Dobbiamo perciò porre rapidamente rimedio a questo stato di cose, trovando il tempo di leggere e studiare attentamente e tempestivamente i documenti del Partito, strappando se necessario qualche momento in più al sonno, per conformare immediatamente ad essi il nostro pensiero e l’attività del Partito. Non bisogna perdere nemmeno una battuta affinché la nostra azione sia sempre fresca, aggiornata e in linea col Partito.
Nel lavoro ideologico, teorico, politico e giornalistico dobbiamo usare di più e meglio gli strumenti che il Partito con tanto sacrificio ma con splendide realizzazioni editoriali e grafiche ci mette a disposizione: dagli atti congressuali, alla raccolta dei documenti del decennale, alla pubblicazione di discorsi, ai dossier curati dalle Commissioni centrali, al volume sul processo, al nostro fedele compagno di lotta che è “II Bolscevico”.
Studiare la linea del Partito vuol dire applicare ciò che si studia, mettere in pratica le cose che abbiamo appreso, trasformare in azione le indicazioni e le parole d’ordine che ci vengono date. Non però in maniera meccanica ma dialetticamente, adeguando il nostro discorso e il nostro intervento al livello della coscienza media delle masse a cui ci riferiamo e legando il particolare al generale.
Affinché il nostro intervento non cada nel vuoto, bisogna che esso sia stretta- mente legato ai problemi in discussione in quel determinato momento e sia rapportato alle condizioni concrete in cui si opera.
La linea politica del Partito, che non è altro che la sintesi, la sistematizzazione dell’ideologia, della concezione del mondo, delle aspirazioni e dell’esperienza del proletariato rivoluzionario, va trasmessa in una forma comprensibile e accettabile per le masse anche le più arretrate. Attraverso i nostri documenti, discorsi, volantini, articoli, ecc. dobbiamo essere capaci in un tempo di coinvolgere sia la parte più avanzata che quella più arretrata delle masse.
II segreto è di riuscire in ogni circostanza e in tutte le battaglie a interpretare e esprimere in forma semplice, sintetica, viva e concreta il pensiero delle masse in lotta.
L’applicazione della linea del Partito è un’arte che si impara praticandola, misurandosi con i problemi concreti delle masse, dando delle risposte convincenti alle loro richieste, sapendole riunire, organizzare e dirigere nella lotta.
Quando si nota una contraddizione fra la linea del Partito e la sua applicazione, vuol dire che siamo di fronte a un’inesperienza, a un’insufficiente preparazione politica oppure a una scarsa e superficiale conoscenza della situazione concreta e dei termini del problema all’ordine del giorno. Non si sa insomma centrare il bersaglio.
Occorre allora prestare una maggiore attenzione alle tre fasi che precedono l’azione. La prima fase della conoscenza della situazione, del rilievo dei dati e dell’individuazione della contraddizione principale; la seconda fase dell’elaborazione della linea, delle parole d’ordine, della tattica e delle rivendicazioni; la terza fase della stesura dell’intervento (scritto, orale, giornalistico) con cui ci presentiamo alle masse. Gli elementi che hanno bisogno di maggior cura sono la contraddizione principale e la tattica, cioè gli accorgimenti dialettici e politici atti a isolare il nemico e a conquistare i più ampi consensi.
Se facciamo bene e con scrupolosità il lavoro necessario in ciascuna delle tre fasi di preparazione, non dovrebbe essere difficile colpire il bersaglio e ottenere maggiori successi politici, organizzativi e di massa.
La linea politica del Partito è corretta e fulminante, capace di attirare i consensi delle masse e di coinvolgerle nella lotta. In questo ultimo periodo, con i documenti sulla scuola, le donne, il ’77, il Mezzogiorno, le elezioni, il referendum, la Grande rivoluzione culturale proletaria e la Rivoluzione d’Ottobre, e con la messa a fuoco della concezione del mondo proletaria, essa si è enormemente arricchita armando il Partito in quasi tutti i campi. Solo che se non sappiamo usarla è come se avessimo in mano un fucile scarico.
Le tre recenti grandi esperienze della battaglia processuale, del referendum sulla responsabilità civile dei giudici, dello sciopero generale del 25 novembre, dimostrano che se si applica intelligentemente la linea del Partito si ottengono degli ottimi risultati. Tutto il Partito deve trarre forza e ispirazione da tali esperienze, in particolare dal memorabile evento storico del 25 novembre, e generalizzare gli insegnamenti che ne sono scaturiti nei vari fronti di lavoro.
Nella pratica abbiamo visto che quando il Partito esprime una posizione fortemente sentita dalle masse, usa una tattica flessibile e un’abile politica di fronte unito, può aspirare all’egemonia e l’ottiene con uno sforzo relativo.
Non siamo ancora in grado di avere un’egemonia politica e organizzativa nemmeno sulle masse più avanzate, già però sono spuntati germi di egemonia ideologica di fatto riguardo per esempio alla denuncia del neoduce, della seconda repubblica e della politica imperialista dell'Italia. Questi germi riescono persino ad influenzare certi settori democratici e, se ben coltivati, potrebbero tradursi nel breve-medio periodo in un’egemonia politica su scala progressivamente crescente.
Le Commissioni del Comitato centrale, la Redazione centrale de “Il Bolscevico”, concentrandosi a fondo sui loro compiti, migliorando la qualità culturale e politica dei loro interventi, specializzandosi nei loro campi, possono dare un contributo deciviso all’accelerazione dei tempi della conquista dell’egemonia ideologica della parte più avanzata delle masse operaie, giovanili e femminili, dei democratici e dei progressisti.
Le suddette tre grandi esperienze, unitamente ai tanti segnali di apprezzamento e incoraggiamento che ci inviano le masse durante le manifestazioni locali e nazionali, ci fanno capire che si è aperta una fase nuova e assai stimolante del rapporto tra il Partito e le masse.
Si è definitivamente chiuso il lungo periodo del sospetto, della diffidenza, dell’incomprensione se non della aperta ostilità nei nostri confronti, mentre si è inaugurata la fase del rispetto, dell’attenzione, dell’ascolto, dell’ammirazione e dell’incoraggiamento; fase che preannuncia il dialogo, il confronto, la cooperazione e il sostegno aperto.
Bisogna comprendere bene il significato e la portata strategica di questa svolta, adeguando ad essa il nostro spirito, la nostra azione e le nostre iniziative. Dobbiamo battere il ferro finché è caldo, non perdendo un solo minuto nello spingere in avanti il lavoro di massa e il proselitismo.
La seconda cosa da fare bene oggi per rafforzare il Partito è di concentrarsi sul lavoro di massa. Più volte abbiamo detto, sulla base dell’esperienza pratica, che il fronte su cui si decide lo sviluppo del Partito è quello del lavoro di massa.
Non bisogna stancarsi di ripeterlo, tuttavia quello che è più importante è agire nella pratica in maniera coerente e conseguente al suddetto assunto. Questo significa che ogni istanza e militante del Partito devono operare in primo luogo nel proprio ambiente di lavoro, di studio, di vita e nelle organizzazioni di massa tradizionali, a cominciare dalla CGIL, e in quelle promosse dal Partito.
Là dove sono concentrate le masse dobbiamo essere presenti attivamente anche noi. Solo così è possibile farsi conoscere, essere stimati, offrire un’alternativa alle proposte errate e costituire un punto di riferimento. Stando all’esterno delle organizzazioni e dei movimenti di massa è impossibile sottrarre le masse all’influenza, al controllo, e alla direzione della borghesia e dei suoi lacché.
Le masse hanno bisogno di vederci di persona, esposti in prima fila, nel confronto e nello scontro diretto con gli altri partiti per valutarci e darci fiducia e appoggio. Un semplice volantino, per quanto buono possa essere, non è sufficiente a spostare le masse sulle nostre posizioni, se non trova riscontro, cioè se non è sostenuto personalmente dai militanti del Partito, nelle fabbriche, nei campi, nel sindacato, nelle scuole, nell’università, nei quartieri e negli altri organismi di massa.
L’attività di propaganda esterna deve essere perciò concepita e utilizzata come un supporto al lavoro di massa, come un mezzo per creare le condizioni - conquista di militanti e simpatizzanti - per poter svolgere un lavoro all’interno di quegli organismi e ambiente di massa investiti dalla nostra propaganda.
Sul fronte operaio dobbiamo concentrarci sul lavoro sindacale dentro e fuori la CGIL, dentro e fuori le fabbriche, sforzandoci di conquistare la direzione della CGIL ai vari livelli e dei Consigli di fabbrica e difendendo a spada tratta gli interessi economici e sindacali, ormai in via di liquidazione, della classe operaia. Non dobbiamo abbandonare la lotta per il sindacato di classe, anche se è necessario tenersi collegati con i nuovi movimenti sindacali.
I problemi degli operai e dei lavoratori dipendenti delle categorie più basse devono avere il primo posto all’interno del Partito, sulla stampa del Partito e negli interventi del Partito. Mai e in alcun momento dobbiamo allentare il nostro interesse e il nostro impegno verso la classe operaia, la nostra stessa classe, il cui futuro è la ragione stessa di vita del nostro Partito.
Sul fronte femminile dobbiamo concentrarci nel sindacato, nelle scuole, nelle università, nei quartieri dove siamo presenti agitando i problemi del lavoro, dei servizi sociali e della parità dei sessi e mettendo in chiaro, a livello di avanguardia e di massa, i termini reali della fondamentale questione dell’emancipazione della donna.
Nei quartieri dobbiamo tendere a creare dei grossi Comitati delle donne attraverso i quali far scaturire delle lotte di massa sulle suddette tematiche e sui problemi concreti e più immediatamente sentiti dalle masse femminili del luogo.
Sul fronte giovanile dobbiamo concentrare con fermezza il lavoro nel mondo studentesco affinché gli studenti diventino i padroni della scuola e dell’università e il movimento studentesco acquisti gradualmente un carattere chiaramente anticapitalista e rivoluzionario. Bisogna lavorare sodo e con assiduità fra gli studenti anche per acquistare il più presto possibile quelle forze che ci consentano di operare fra i disoccupati e nelle periferie urbane.
Il che non significa estraniarci completamente da quello che accade nel frattempo in tutti gli altri settori della gioventù. Tutto dipende dalle forze che abbiamo in quel momento a disposizione e da una valutazione dialettica della situazione, pronti comunque a rientrare rapidamente nel lavoro studentesco.
Solo se dovessero crearsi dei movimenti di massa di disoccupati oppure di giovani della periferia urbana e di altri quartieri popolari, e non avessimo altre forze da impiegarvi, potremmo rivedere la direttiva sul lavoro giovanile.
Diversa naturalmente si presenterebbe la situazione se potessimo disporre di giovani disoccupati e della periferia urbana. In questi casi vale il principio generale che ciascun militante del Partito deve operare in primo luogo nel proprio ambiente e settore sociale.
Comunque sia, quanto prima raccoglieremo dei frutti dal lavoro studentesco, tanto più velocemente ci sarà consentito di allargare e completare il lavoro di massa giovanile.
I quattro obiettivi strategici e i quattro insegnamenti* costituiscono le coordinate che assicurano la qualità e il successo del lavoro di massa sui fronti sindacale, femminile e giovanile e su qualsiasi altro fronte. Uscire da queste coordinate, anche per un solo attimo, vuol dire svuotare dei suoi contenuti di classe e rivoluzionari la linea politica del Partito.
Nel lavoro di massa sono fondamentali le alleanze. Da soli è molto difficile se non impossibile far passare le nostre posizioni o comunque quelle per cui le masse sono disposte a battersi. Abbiamo bisogno di alleati, anche momentanei, con i quali fare blocco e insieme rimuovere resistenze e ostacoli, battere le posizioni più arretrate, spingere le masse alla lotta e conquistare gli obiettivi voluti.
Non sempre è possibile unire la sinistra del movimento di massa, attraverso la quale coinvolgere nella lotta il resto delle masse, se non ci si allea con le forze politiche e sindacali che la influenzano e la controllano. Perciò occorre fare dei compromessi con esse sempreché siano utili tatticamente o strategicamente. Mai dobbiamo svendere la lotta e separarci dall’avanguardia delle masse.
La nostra regola del fronte unito è unità e lotta. Unità per dare più forza alle masse, lotta per combattere le idee errate e per fare affermare le nostre posizioni e quelle più avanzate. Lottare per l’egemonia del fronte unito non significa ovviamente caricare a testa bassa come un bisonte. Occorre usare bene la tattica. ネ un errore marchiano, per esempio, tirare fendenti contro tutto e tutti, senza distinguere il nemico principale sul quale va concentrato l’attacco. Col rischio di tirarsi addosso tutti, anche chi può essere neutralizzato, e di venire isolati ed emarginati.
Nel fronte unito, e nel lavoro di massa in genere, è importante saper distinguere gli amici dai nemici e avere un rapporto differenziato con i simpatizzanti, gli amici e gli alleati. Bisogna distinguere fra le varie posizioni e ricercare l’unità con quelle più vicine alle nostre.
Non dobbiamo mettere tutti nello stesso mazzo, e usare lo stesso atteggiamento verso i simpatizzanti, gli amici e gli alleati. Sono queste tre categorie politiche ben distinte che richiedono dei trattamenti differenziati e gradi diversi di unità. In particolare dobbiamo stringere a noi i simpatizzanti e gli amici del Partito e coinvolgerli, in posizioni di responsabilità, per quanto è possibile, nei nostri progetti e nella nostra attività di fronte unito e di massa.
Dobbiamo inoltre avere un’attenzione speciale verso i combattenti di prima linea, soprattutto se non sono iscritti ad altri partiti, con i quali bisogna stringere saldi rapporti politici e personali per rafforzare il lavoro di fronte unito e per far loro maturare la scelta del socialismo, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e del PMLI. Non bisogna mai scordarsi del proselitismo. Dobbiamo vedere in ogni combattente di prima linea, siano essi operai, lavoratori, disoccupati, studenti, ragazze, donne, intellettuali, un potenziale nostro compagno che va conquistato al Partito.
La terza cosa da fare bene oggi per rafforzare il Partito è migliorare la qualità delle organizzazioni e dei militanti del Partito.
Cominciamo dalle organizzazioni di Partito. Non c’è dubbio che le istanze di base e intermedie fanno del loro meglio per assolvere i loro compiti e servono il Partito con un attaccamento e una generosità senza pari. Tuttavia non hanno ancora risolto un problema, quello di calarsi profondamente nella propria realtà economica, sociale e politica per esprimerne i problemi e i bisogni.
Si svolge un enorme lavoro di propaganda sulle questioni nazionali e internazionali, ma molto spesso, se non in maniera frammentaria e occasionale, si trascura di entrare in merito alle questioni specifiche della propria città, quartiere, fabbrica, scuola, ateneo.
Questo fondamentale anello mancante del lavoro complessivo marxista-leninista condiziona gravemente lo sviluppo del Partito a livello locale e nazionale. Bisogna quindi con urgenza forgiare e saldare agli altri anelli l’anello del lavoro locale, specifico, senza il quale è ben difficile che le masse ci riconoscano come i loro rappresentanti.
A tale scopo, bandendo la superficialità, il genericismo e il pressappochismo, dobbiamo fare delle analisi approfondite della realtà che ci circonda attraverso delle inchieste, che non vanno poi tenute inoperose nel cassetto, dei “giri di ispezione” per rendersi conto con i propri occhi qual è la situazione, ascoltando e recependo le rivendicazioni delle masse e studiando attentamente i problemi locali, i programmi della “propria” giunta e dei partiti avversari.
Solo così possiamo fare degli interventi concreti e mirati, centrare i bersagli, assestare duri colpi agli avversari, conquistare la fiducia delle masse e realizzare più grandi e più stabili successi nel lavoro di massa e di proselitismo. In particolare bisogna tenere costantemente sotto tiro le giunte locali, bombardandole con denunce precise, circostanziate e ben motivate, sulle questioni politiche, economiche e sociali che riguardano l’amministrazione e che sono oggetto di dibattito cittadino, denunce, che vanno infittite man mano che si avvicinano le elezioni amministrative.
Dobbiamo creare le migliori condizioni affinché nel ventesimo anniversario del ’68, il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra, il Partito risplenda in tutto il suo fulgore, sprigioni l’intero suo potenziale di lotta e diventi il punto di riferimento e di attrazione di un numero crescente di combattenti per il socialismo.
Migliorare la qualità dei militanti del Partito significa sostanzialmente portare fino in fondo la trasformazione della propria concezione del mondo. Non bisogna mai ritenersi arrivati, dei marxisti-leninisti completi e senza pecche, che non hanno più nulla da imparare, da modificare e correggere. Tutti quanti, dirigenti e semplici militanti, abbiamo bisogno periodicamente di fare delle belle ripuliture ideologiche, di liberarsi delle scorie borghesi del passato e di quelle nuove, di rinvigorire il nostro spirito e di dissetarsi alla limpida sorgente del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Per divenire un po’ più rivoluzionari, un po’ più materialisti, un po’ più scienziati della rivoluzione.
Il lavoro di trasformazione della concezione del mondo non si fa di colpo entrando nel Partito, né una volta per tutte, ma gradualmente, quotidianamente a confronto con la realtà e via via che prendiamo coscienza dei nostri limiti, delle nostre insufficienze di preparazione politica, dei vuoti culturali e politici.
Dobbiamo tendere con tutte le nostre forze ad acquisire una mentalità e una coscienza pienamente marxiste-leniniste, altrimenti se siamo col Partito solo col corpo mentre il pensiero è ancora dominato dalla borghesia non opereremo mai in senso proletario rivoluzionario, e ogni nostra scelta politica, sociale, culturale, familiare e personale, ogni nostro atto e ragionamento saranno sempre viziati e condizionati dall’ideologia, dalla cultura e dalla concezione del mondo borghesi.
Per analizzare, trattare, valutare qualsiasi cosa, qualsiasi avvenimento della vita, qualsiasi fenomeno della natura dal punto di vista di classe e della lotta di classe non c’è altro modo che possedere una mentalità, uno spirito, una cultura, una politica, una concezione del mondo marxiste-leniniste. Dobbiamo pertanto respingere l’invito di Gorbaciov e Natta ad adottare un “nuovo modo di pensare” e di vedere le cose. Ne riparleremo quando in Italia e in tutta la Terra dominerà la concezione proletaria rivoluzionaria del mondo.
Non basta essere dei compagni generosi, volenterosi, disponibili, sinceri e leali, pur essendo questi dei valori importanti se vissuti in maniera proletaria e delle caratteristiche peculiari dei membri del Partito; occorre anche essere capaci di ben rappresentare il Partito, di risolvere i problemi delle masse e di dare su tutte le questioni politiche e non una risposta di classe, rivoluzionaria, conforme alla linea del Partito e al materialismo storico e dialettico.
La lotta di classe, le masse ci richiedono di essere dei combattenti di avanguardia maturi, responsabili e preparati, delle guide politiche capaci di dirigere e condurre alla vittoria i movimenti di lotta. I membri fondatori del Partito devono avere un ruolo di spinta, di esempio in questa importante opera di rivoluzionarizzazione e di rinvigorimento del pensiero politico e di miglioramento della qualità delle organizzazioni e dei militanti del Partito.
Non sono venute meno, anzi si sono rafforzate, le ragioni delle scelte del ’67, del ’69, del ’77, dell’82 e dell’85. Le nuove responsabilità del Partito, i nostri nuovi impegni, la nuova fase del rapporto del Partito con le masse, i pericoli della seconda repubblica, il risveglio delle masse, la crisi di identità del PCI, fanno ritornare di piena attualità la parola d’ordine che lanciammo nel ’73 per proseguire sull’onda del ’68 e per dare la spinta necessaria alla fondazione del Partito: “Non un minuto vada perso, tutto il tempo venga dedicato alla rivoluzione”.
NOTA
* I quattro obiettivi strategici sono: 1 ° - Soddisfare le esigenze delle masse da noi organizzate; 2° - Acuire le contraddizioni tra esse e le istituzioni borghesi e il partito revisionista; 3° - Elevare incessantemente la loro coscienza politica e il loro grado di combattività; 4° - Attirare delle simpatie e dei nuovi militanti verso il nostro Partito.
I quattro insegnamenti sono: 1° - Che è possibile sottrarre le masse al controllo del palazzo e dei revisionisti e mobilitarle purché si mettano al centro della lotta le loro rivendicazioni immediate e vive e si sappia cogliere il momento favorevole in cui il loro stato d’animo è teso verso il combattimento e l’azione; 2° - Che i movimenti di massa non durano a lungo, non avanzano e non riescono a raggiungere i loro obiettivi se non sono guidati da un'avanguardia decisa, preparata e coerente; 3° - Che da parte del PMLI non è possibile conquistare la testa dei movimenti di massa se i compagni che operano in essi non sono padroni della linea di massa generale e specifica del settore e non sanno applicarla. E anche quando deteniamo la direzione dei movimenti di massa questi o non decollano o si arenano o rifluiscono a causa dello stesso motivo; 4° - Che il coinvolgimento degli elementi più attivi dei movimenti di massa nel lavoro di direzione, organizzazione e mobilitazione delle masse è per noi essenziale per unire la sinistra e tramite essa trascinare il resto del movimento.
[da: Teniamo alta la bandiera del socialismo, dell'antimperialismo e dell'antifascismo, cap. IV - Rafforzare il PMLI per unire tutti i combattenti per il socialismo. In: Documenti del Partito marxista-leninista, maggio 1987-febbraio 1992, vol. 2, pagg. 57-65]
12 febbraio 2025