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“Il Ddl sicurezza è una strategia politica volta a consolidare un modello di governo repressivo”
di Cartesio - Napoli
Il Ddl sicurezza rappresenta un punto di svolta nella gestione della sicurezza pubblica in Italia, con profonde implicazioni sui diritti civili e politici. Le misure proposte includono nuove disposizioni in materia di antiterrorismo, un rafforzamento delle pene per chi partecipa a manifestazioni di protesta e un inasprimento delle restrizioni nei confronti di migranti e detenuti.
Questa riforma è stata oggetto di critiche da parte di numerosi organismi internazionali, tra cui l’ONU, che ha evidenziato possibili violazioni delle convenzioni sui diritti umani, e da parte di esponenti della società civile e giuridica, che temono un restringimento delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione e dal diritto internazionale.
Dal punto di vista marxista-leninista e con l’approccio del pensiero di Mao Zedong, il Ddl sicurezza deve essere analizzato non solo come una serie di norme giuridiche, ma come un riflesso della struttura di potere e dei rapporti di classe. L’adozione di strumenti repressivi sempre più stringenti può essere interpretata come una reazione della borghesia e delle forze dominanti al malcontento sociale e alle contraddizioni economiche che attraversano il sistema capitalistico.
L’analisi critica del provvedimento, quindi, si concentrerà su tre aspetti fondamentali:
Il ruolo dello Stato come strumento di oppressione di classe,
con un rafforzamento del controllo sui movimenti di protesta e sulle classi subalterne.
La tendenza al centralismo autoritario,
in cui la gestione della sicurezza viene usata per rafforzare un potere esecutivo sempre più accentrato.
L’impatto sulla mobilitazione popolare e sulle lotte di classe,
con il rischio di criminalizzare la protesta sociale e limitare l’autonomia organizzativa del proletariato.
Attraverso questa lente di analisi, si cercherà di dimostrare come il Ddl non sia una semplice riforma tecnica, ma una strategia politica volta a consolidare un modello di governo repressivo, in linea con altre misure di accentramento del potere e di neutralizzazione delle opposizioni sociali.
1. Contesto e fonte
Allarme ONU
- Una lettera ufficiale inviata il 19 dicembre al governo italiano da sei Special Rapporteurs dell'ONU.
- L’obiettivo è segnalare numerose incompatibilità del Ddl sicurezza con la legislazione internazionale sui diritti umani e le libertà fondamentali.
2. Principali denunce e criticità rilevate
Diritti umani e libertà Fondamentali a rischio. Incompatibilità con articoli del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR):
- Art. 9 (libertà e sicurezza, divieto di detenzioni arbitrarie)
- Art. 12 (libertà di movimento)
- Art. 14 (diritto a un giusto processo)
- Art. 17 (diritto alla privacy)
- Art. 19 (libertà di espressione e opinione)
- Art. 21 (libertà di riunione pacifica)
- Art. 22 (libertà di associazione)
Possibili violazioni delle Convenzioni internazionali contro la discriminazione (ICERD) e della Convenzione di Aarhus.
Punti specifici del Ddl criticati:
Articolo 1 (Antiterrorismo):
- Redazione vaga che potrebbe criminalizzare atti non realmente terroristici, come atti e documenti di un soggetto come il PMLI.
- Mancanza di un requisito chiaro d’intento, rischiando di includere anche ricerche legittime.
Articolo 7 (Revoca della cittadinanza):
- Possibilità di revoca della cittadinanza per stranieri “idonei” ad averne un’altra, con il rischio di creare apolidia.
- Capo II (Sicurezza urbana e restrizioni alle manifestazioni):
- Limitazioni eccessive al diritto di riunione pacifica, anche in spazi pubblici o in situazioni di protesta spontanea.
- Capo III (Misure a tutela delle “forze dell’ordine”):
- Disposizioni che, seppur mirate a garantire la sicurezza degli agenti, possono essere applicate in modo troppo generico e repressivo, penalizzando manifestazioni pacifiche e attività di disobbedienza civile.
- Meccanismi sanzionatori e di controllo:
- Procedure e misure che potrebbero trasformarsi in strumenti di repressione contro i difensori dei diritti, limitando l’accesso alla giustizia e penalizzando il dissenso.
3. Richieste e conclusioni degli Special Rapporteurs
- Esortazione al governo italiano di rivedere il Ddl affinché sia conforme agli obblighi internazionali in materia di diritti umani.
- Necessità di trasparenza e consultazione della società civile prima dell’adozione definitiva del provvedimento.
Critica in chiave marxista-leninista e riferimenti al pensiero di Mao:
1. Centralizzazione del potere e strumento di oppressione
- Prospettiva marxista-leninista:
- Lo Stato, seppur uno strumento di dominazione di classe, dev'essere al servizio delle masse. Il Ddl sicurezza, invece, si configura come uno strumento volto a rafforzare il potere della borghesia statalista, limitando le libertà fondamentali e reprimendo ogni forma di opposizione popolare.
- La legge, con i suoi dispositivi repressivi, diventa parte integrante della sovrastruttura che protegge gli interessi delle élite, impedendo alla classe operaia e ai ceti più deboli di organizzarsi e lottare per i propri diritti.
2. Critica alla repressione e alla burocratizzazione
- Lotta di massa e spontaneità rivoluzionaria:
- Mao enfatizzava l’importanza della mobilitazione di massa e della lotta spontanea contro le ingiustizie. Il Ddl, limitando il diritto di riunione pacifica e la libertà di espressione, ostacola la formazione di una base di lotta popolare e reprime la spontaneità delle proteste.
- Burocratizzazione dell’apparato di Stato:
- Il sistema repressivo delineato dal Ddl è il riflesso di un apparato burocratico che, invece di facilitare la partecipazione popolare, concentra il potere in mani ristrette. Questa burocrazia, secondo il pensiero di Mao, è il nemico della rivoluzione perché impedisce il flusso di energia rivoluzionaria delle masse.
- Controllo e repressione del dissenso:
- La legge, definita “liberticida” dagli Special Rapporteurs, non solo reprime le libertà individuali, ma trasforma il dissenso in un crimine. Mao avrebbe criticato questo approccio autoritario, sostenendo che l’autenticità rivoluzionaria deriva proprio dalla capacità di esprimere e canalizzare il dissenso popolare contro l’ingiustizia.
3. Il paradosso della sicurezza e la reale emancipazione
- Analisi marxista-leninista:
- La sicurezza, intesa come protezione delle forze dell’ordine e degli interessi statali, diventa un mezzo per perpetuare lo status quo e reprimere le aspirazioni emancipatorie delle classi lavoratrici e oppresse.
- In questo senso, la legge non garantisce sicurezza per tutti, ma si configura come una misura per tutelare la sicurezza degli oppressori, contribuendo a mantenere il controllo sociale.
- Confronto con la teoria rivoluzionaria o meglio col pensiero di Mao:
- Il Gran Timoniere sosteneva che il vero potere deriva dal sostegno popolare e dalla capacità delle masse di organizzarsi in modo autonomo. Limitare le libertà di espressione e di riunione equivale a privare le masse degli strumenti essenziali per la loro emancipazione e per la costruzione di una società veramente rivoluzionaria.
4. Conclusioni critiche
- Violazione degli standard internazionali:
- Dal punto di vista marxista-leninista, la critica ONU evidenzia come il Ddl sicurezza sia un esempio di sovrastruttura giuridica che tradisce l’ideale di una giustizia al servizio del popolo, diventando invece uno strumento di repressione autoritaria.
- Rischio di autoritarismo:
- Il rapido iter legislativo e la mancanza di consultazione popolare sono sintomatici di un processo decisionale centralizzato, che, secondo il pensiero di Mao, porta inevitabilmente a forme di autoritarismo burocratico, incapaci di rispondere alle reali esigenze rivoluzionarie.
- Necessità di una resistenza organizzata:
- Le critiche sollevate dovrebbero rappresentare un punto di partenza per organizzare una resistenza popolare contro un sistema giuridico che mira a limitare le libertà democratiche. Solo attraverso la mobilitazione e la partecipazione attiva delle masse è possibile contrastare questo tipo di repressione e promuovere una trasformazione sociale autentica.
Visto che l’articolo esaminato rappresenta uno dei due o tre più importanti de Il Bolscevico
n. 5/2025, credo sia opportuno trarre delle conclusioni che tengano conto di quanto emerso dal testo sul Ddl sicurezza e su quello inerente alla separazione delle carriere. Entrambi gli articoli mettono in luce due facce della stessa medaglia: la trasformazione dello Stato in un apparato sempre più autoritario e orientato a reprimere il dissenso, a discapito delle libertà fondamentali e dell’autonomia delle istituzioni. Queste misure non possono che essere interpretate come tentativi di consolidare il potere nelle mani di una minoranza dominatrice (la borghesia oligopolista), trasformando la legge in un’arma contro la mobilitazione popolare. Il percorso da seguire è quello della mobilitazione di massa, della continua denuncia delle ingiustizie e della costruzione di un’organizzazione popolare autonoma, in grado di contrastare il centralismo burocratico e di restituire il potere alle masse. Tale organizzazione esiste già ed è il Partito marxista-leninista italiano.
In sintesi, secondo la logica marxista-leninista, entrambe le riforme - il Ddl sicurezza e la separazione delle carriere - rappresentano un grave tradimento dei principi di emancipazione e partecipazione popolare, e devono essere combattute con una resistenza organizzata, per costruire una giustizia e una sicurezza realmente al servizio del popolo, nell'ottica dell'edificazione del socialismo.
Lottiamo per un'Italia unita, rossa e socialista!
12 febbraio 2025