Dopo la perdita delle basi siriane concesse dall’amico di Putin Assad
L'imperialismo russo arruola mercenari per sostenere la sua presenza in Africa
Il motto: “Vieni nell'Africa Corps, cambiamo il mondo in meglio per la nostra Patria”
L’Africa Corps, l’unità africana del ministero della Difesa russo, che ha sostituito i mercenari nazizaristi della Wagner, ha ripreso l’arruolamento per sostenere la presenza dell’imperialismo russo in Africa. Lo ha fatto nei giorni dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, pubblicando su diversi account Telegram gli annunci per le reclute. L’arruolamento avviene in due centri specifici, a Mosca e San Pietroburgo, e il primo requisito è categorico: l’aspirante Africa Corp non deve prestare già servizio “nell’Operazione militare speciale” in corso in Ucraina.
“Vieni a prestare servizio nell’Africa Corps delle Forze armate russe e insieme cambiamo il mondo in meglio per la nostra Patria!”, il motto imperialista utilizzato dal Cremlino. Un piano affidato a Andrei Averyanov, alto generale del GRU (l’intelligence militare russa) con la fedina penale di un
macellaio.
La caduta del corrotto regime siriano dell’amico di Putin Assad e le conseguenti difficoltà nella logistica militare hanno rallentato ma non fermato le operazioni africane russe: nei giorni di Natale e capodanno le acque del Mediterraneo di fronte alla Libia sono state piuttosto trafficate dalle navi da guerra russe che hanno lasciato il porto siriano di Tartus. Uno dei problemi, nel trasferire tutto in Libia, riguarda le infrastrutture del Paese africano: nella parte orientale, dove i russi sono già presenti dietro le fila di Haftar, non esistono porti abbastanza grandi e capienti per ospitare le navi e il personale che era di stanza a Tartus. Mosca è riuscita però a risolvere il problema della logistica aeronautica, ottenendo da Haftar l’uso esclusivo della base di Maaten al-Sarra, nel distretto di Kufra, molto vicina al confine con Ciad e Sudan, che può ospitare oggi fino a un centinaio di aerei. E poi c’è la base di al-Khadim, nel distretto di Bengasi.
Il 17 gennaio a Bamako, capitale del Mali, sono sfilati veicoli blindati, artiglieria e attrezzature ingegneristiche, tutti di fabbricazione russa. Nel convoglio erano presenti carri armati T-72B3, veicoli corazzati BTR-80/82A, veicoli da combattimento di fanteria IFV, camion Kamaz 4385, veicoli ingegneristici, cannoni e veicoli corazzati Spartak, Tigr, Linza e almeno una barca fluviale. I mezzi erano marchiati in bianco come “materiale ferroviario”, cosa che fa pensare che siano provenienti dalla Russia e non dalle basi siriane, una supposizione che è confermata anche dai colori verde-marrone degli Spartak Mrap, blindati 4×4 progettati per resistere alle mine artigianali, presentati per la prima volta nel 2019 e utilizzati dalle forze speciali russe nell’aggressione all’Ucraina, ma non in Siria. Questo materiale è arrivato a Bamako a metà gennaio ma non è una fornitura alla Difesa maliana, saranno mezzi a uso e consumo degli Africa Corps, arrivati in Mali tramite due navi mercantili, la Adler e la Siyanie Severa, battenti bandiera russa e partite da Murmansk per Conakry, in Guinea, altro Paese dell’Africa occidentale guidato da una giunta militare, quella del generale Mamadi Doumbouya.
Il rappresentante russo all’Onu, Vasily Nebenzya, il 21 gennaio ha detto in Consiglio di sicurezza che “Mali, Niger, Burkina Faso e altri Stati stanno praticamente combattendo da soli il terrorismo internazionale”, abbandonati dalle ex-potenze coloniali che, tuttavia, “continuano a imporre la loro presenza militare”. La Russia, naturalmente, “è pronta a sostenerli”.
12 febbraio 2025