La Corte Europea dei Diritti dell'uomo condanna l'Italia per l'inquinamento della “Terra dei fuochi”
Confermati decenni di connivenza e di coperture da parte dello Stato borghese e di tutti i partiti che lo hanno guidato
Unire le lotte per la salute pubblica e per l'ambiente a quella per il socialismo
 
Il 30 gennaio 2025, la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha emesso una sentenza-pilota sulla situazione di grave inquinamento ambientale che ha colpito e colpisce tuttora il territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta, più noto come “Terra dei Fuochi”. Una vicenda che il PMLI e “Il Bolscevico” seguirono sostenendo caparbiamente la lotta della popolazione sia nelle piazze, sia nelle sue prese di posizione, sia giornalisticamente e nella propaganda. E lo testimonia il ricco corredo fotografico che accompagna questo articolo. “Contro i responsabili della devastazione ambientale. Viva le barricate della rivolta popolare di Terzigno e Boscoreale contro la seconda megadiscarica”, così per esempio titolava il nostro settimanale nell'ottobre 2010.
Nel testo di oltre 180 pagine la Corte ha esaminato le denunce di 41 cittadini italiani e di 5 associazioni che vivono e operano nelle province di Napoli e Caserta, un hinterland di quasi tre milioni di abitanti, ed è giunta ad un verdetto senza precedenti, per o meno per quel che riguarda il nostro Paese.
La sentenza arrivata undici anni dopo i ricorsi, è infatti importante poiché riconosce che il disastro partenopeo ha avuto origine da pratiche illecite di smaltimento rifiuti provenienti da tutta Italia, iniziate già negli anni Ottanta, quando organizzazioni criminali – le cosiddette Ecomafie - hanno iniziato a farsi carico delle volontà di spietate aziende che intendevano ridurre i costi di smaltimento di sostanze particolarmente nocive. Ecco allora che queste organizzazioni malavitose, contro pagamento, agivano scaricando ed interrando, oppure incenerendo i rifiuti, spesso in terreni privati. Il tutto quando anche l'altra prassi dell'affondamento di rifiuti speciali, finanche radioattivi in mare era già pressoché consolidata.

Accertata la connivenza dello Stato
La Corte ha sentenziato anche che le autorità italiane erano a conoscenza del problema fino dai primi anni Novanta, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, senza però fare nulla di concreto per risolvere il problema. Tutto ciò ha portato alla violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il “diritto alla vita”.
Secondo la Cedu infatti, e conformemente alle denunce ultradecennali della popolazione, non è stata mai messa in campo alcuna strategia di comunicazione che informasse la popolazione dei rischi per la salute, né è stato garantito un monitoraggio efficace e coordinato di tutte le fasi del ciclo di gestione dei rifiuti e sull'analisi dei terreni. Inoltre la Cedu sostiene che le indagini sulla salute pubblica sono state avviate con grave ritardo, accompagnate da misure di bonifica e decontaminazione insufficienti, il tutto aggravato da un sistema penale inefficace nell’identificare e punire i responsabili dell’inquinamento, e pertanto complice.

Un “Segreto di Stato” che sa di complicità
La denuncia della Corte assume particolare gravità quando si scaglia contro il segreto di Stato imposto sulle informazioni fornite nel 1997 dal collaboratore di giustizia e poi declassificate solo nel 2013, ovvero quindici anni dopo che erano state rese, sottolineando che “la salute dei cittadini e la sicurezza pubblica non dovrebbero essere sacrificate in nome del segreto di Stato”.
In sostanza, oggi è ufficialmente appurato che i governi italiani se ne sono infischiati del diritto alla vita dei residenti delle aree contaminate, e l'hanno sacrificato senza batter ciglio in cambio di altri interessi. Il fatto che il fenomeno della Terra dei Fuochi sia stato definito come un problema “sistemico e di larga scala” è una diretta e definitiva accusa agli apparati istituzionali ed ai partiti di governo nazionale e locale che si sono avvicendati in questi decenni, tutti indistintamente complici per aver voltato lo sguardo dall'altra parte, probabilmente interessati dai ritorni elettoralistici delle mafie, più che di risolvere il noto ma silenzioso sterminio di uomini e donne che l'inquinamento capitalista ha procurato.
La Corte di Strasburgo infine ha esortato l’Italia ad adottare misure per affrontare il problema completando innanzitutto la mappatura delle aree contaminate e rendendola accessibile assieme ai rischi connessi. L'Italia dovrebbe poi monitorare in continuo continuo le aree colpite con la partecipazione di rappresentanti della “società civile”, adottando misure efficaci di bonifica e decontaminazione.
Ma nonostante lo stillicidio accertato, la Corte ha deciso di rinviare tutte le cause simili contro l’Italia per due anni dalla data in cui la sentenza diventerà definitiva; in sostanza entro i tre mesi successivi alla pronuncia, una parte può chiedere che il caso sia deferito alla Grande camera della Corte, prendendo ancora tempo.

Un fenomeno tollerato e coperto dalle Istituzioni
La Corte di Strasburgo tuttavia – e finalmente - certifica una prassi già nota, che si perde negli ultimi cinquant'anni nei quali si è tollerato, minimizzato e così facendo, aiutato, questo fenomeno che tutt'ora continua. Nelle medesime aree continuano infatti ad essere abbandonati copertoni delle auto, scarti della industria tessile, amianto e residui di autofficine, che formano cumuli e strisce di centinaia di metri che poi vengono periodicamente incendiate.
In una lunga intervista al Corriere della Sera , lo scrittore Roberto Saviano che più volte ha denunciato quelle vicende in passato, ha ricordato di come la politica locale e nazionale abbiano considerato il problema “un’esagerazione”, una problematica legata al disordine della gestione rifiuti, invece che un sistema criminale complesso da centinaia di milioni di euro qual'è in realtà, in cui impresa, camorra e politica si alimentano a vicenda.
Infatti, nonostante alcuni studi sull'incidenza di tumori nelle aree interessate effettuati dal 2016 ad oggi che hanno dimostrato aumenti di tali patologie anche del 50% in poco più di dieci anni e con una incidenza superiore dell'undici per cento rispetto alla media italiana, nessuno ha fatto nulla.
“Per anni – continua Saviano - la politica di ogni colore ha mentito o ignorato. Nessuno è riuscito, o ha voluto, bonificare e recuperare davvero queste terre, perché i risultati sarebbero stati capitalizzabili politicamente solo dopo molti anni e quindi incompatibili con i tempi della politica”.
“Camorra imprenditoriale e imprenditoria collusa – chiude Saviano - sono due lati di un triangolo che raggiunge la forma perfetta con l’aggiunta di un terzo elemento: la politica corrotta.” Come dargli torto, anche se egli dimentica di dire che queste sono le dinamiche comuni, frequenti e radicate del capitalismo, male economico e sociale assoluto che le genera e le consolida secondo il principio del profitto ad ogni costo, sempre sulla pelle delle masse popolari inermi.
Dopo la delibera, Legambiente esulta, parlando di “Una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio”.
“Dal 2003 – prosegue la nota dell'associazione - anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine Terra dei Fuochi nel nostro rapporto Ecomafia, raccogliendo le denunce che arrivavano dai nostri circoli presenti sul territorio, si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘terra dei fuochi’”.
La lotta contro le ecomafie, per l'ambiente e per la salute pubblica passa da quella per il socialismo
Sicuramente la sentenza della Corte di Strasburgo è un'ottima notizia, anche se non sappiamo quanto sarà capace di far risolvere una volta per tutte la questione. L'esperienza ci dice che la commistione fra politicanti borghesi, istituzioni e malaffare è un caposaldo della Repubblica borghese e nulla vi si sfila. Certamente, le dinamiche possono portare a quel piccolo avanzamento, se necessario per tenere calme le acque della rivolta sociale e della lotta di classe, ma le dinamiche che esistono e che guidano i rapporti all'interno del sistema capitalista rimangono sostanzialmente sempre gli stessi.
Più volte infatti nel corso di questi cinquanta anni sono accaduti avvenimenti che parevano in qualche modo invertire la rotta, ma puntualmente i fatti non hanno mai seguito le altisonanti dichiarazioni di rito, salvo che in maniera minima e parziale.
In questi decenni il nostro partito a livello centrale e con le sue istanze campane ha toccato più volte il tema, denunciando ad esempio l'ex-Presidente della Repubblica e rinnegato del comunismo Giorgio Napolitano per non aver mosso un dito. Eppure il campano Napolitano, era Ministro degli interni dal 1996 al 1998 proprio in concomitanza dall’audizione del camorrista Schiavone alla Commissione parlamentare antimafia del ’97 quando mostrò già allora dettagliatamente e con crudezza l’entità del disastro e la rete di complicità istituzionali e politiche esistenti.
Chiaramente gli esecutivi di destra guidati da Berlusconi hanno approfittato di questa tavola imbandita, accelerando sulla costruzione dei dannosissimi inceneritori e delle discariche, e dando carta bianca ai camorristi in doppioppetto nel perpetrare questo scempio sanitario ed ambientale, ma nulla di diverso hanno fatto gli altri, inclusi coloro che all'interno della “sinistra” riformista si fregiavano del titolo di “ambientalisti”, come ad esempio il narcisista Niki Vendola, poi condannato per la vicenda ILVA.
Nei fatti basti pensare, in linea con gli altri disastri sociali al servizio del capitale privato, a quanto fatto sul tema dal governo Renzi che nel 2014 attraverso un documento della Commissione interministeriale sui "Risultati delle indagini tecniche per la mappatura dei terreni destinati all'agricoltura della Regione Campania", racchiuse in un risicato quanto ridicolo 2% il territorio effettivamente a rischio per le sostanze pericolose interrate dalla camorra organizzata negli ultimi trent’anni. Il resto del territorio, secondo questo fantomatico “studio” sarebbe stato sano, tutt’altro che pericoloso, smentendo le proteste delle decine di comitati territoriali.
È poi paradossale che, dieci anni dopo, il governatore della Campania Vincenzo De Luca sia arrivato addirittura a dire che solo l’1% del territorio non era coltivabile. In pratica, secondo il megalomane presidente PD, nonostante l'assenza di interventi, il terreno si sarebbe sostanzialmente rigenerato da solo.
Comunque sia, lo stesso governo Renzi in seguito, non potendo restare completamente sordo alla bomba mediatica che stava scoppiando in quegli anni, con i voti del PD e di tutto il “centro-destra”, varò uno specifico decreto legge sulla Terra dei Fuochi che aggirò il principio secondo il quale chi inquina deve pagare, dette sostanziale impunità ai criminali inquinatori per fatti antecedenti al 2007, e ignorò nuovamente tutte le proposte avanzate dalle decine di comitati di lotta campani.
Per questi motivi, imparando da quello che è accaduto in questi decenni ed alla luce di questa sentenza, rilanciamo oggi con maggior vigore la necessità indispensabile di lottare per il socialismo, perché solo abbattendo lo stato borghese in tutte le sue ramificazioni, commistioni, infiltrazioni e dinamiche, sarà possibile realizzare una società che metta al sicuro salute pubblica ed ambiente, risolvendo una volta per tutte anche il problema della Terra dei Fuochi che, come già detto, continua ad essere alimentato e grave allo stesso modo.
Fra l'altro, come non considerare che c’è una “Terra dei fuochi” anche in Brianza, e un'altra ancora a Taranto avvelenata dall’Ilva, e altre in tanti altri luoghi simili più o meno grandi, che subiscono gli effetti dannosi del capitalismo, del profitto e dello Stato borghese complice dei padroni e delle mafie, e che hanno la necessità inderogabile di essere liberate da questo girone dantesco nel quale sono stati costretti dal capitalismo e dai governi che lo servono.

12 febbraio 2025