Incontro con Netanyahu alla Casa Bianca
Trump vuole cacciare i palestinesi da Gaza
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina: “Gaza è parte integrante della nostra patria, la Palestina, dal suo fiume al suo mare. Ogni sogno di controllare Gaza è una mera illusione che si infrangerà contro la roccia della fermezza e della resistenza del nostro popolo”. Hamas: "Gaza fa parte della nostra terra palestinese occupata e ogni soluzione dovrà basarsi sulla fine dell'occupazione e sul mantenimento dei diritti del popolo palestinese".
 
A bordo dell'Air Force One, mentre si recava a New Orleans, in Louisiana, per assistere alla finale del Super Bowl Trump il 9 febbraio tornava per l'ennesima volta sul suo criminale piano per Gaza e dichiarava ai giornalisti presenti che era “impegnato a comprare e possedere Gaza, anche per garantire che Hamas non possa tornare”. “Per quanto riguarda la ricostruzione, possiamo affidarla ad altri Stati del Medio Oriente" e osservava che Gaza è "un luogo distrutto” e che "non si può vivere in quegli edifici in questo momento", perché "sono molto insicuri", "ma li trasformeremo in un ottimo posto per il futuro", anzi, cone aveva già detto, trasformeremo quei posti nella “Riviera del Medio Oriente”. Un posto dove anche i palestinesi avranno una vita "sicura e armoniosa" ma intanto se ne devono andare, alcuni forse negli Stati Uniti, da valutare caso per caso, ma era “preferibile che i palestinesi rimanessero nella regione, con l’aiuto economico di paesi come Egitto, Giordania e Arabia Saudita”. Precedentemente aveva accennato anche possibile invio di soldati americani a Gaza ma si era poi smentito sostenendo che “la Striscia di Gaza verrebbe consegnata agli Stati Uniti da Israele alla fine dei combattimenti" e "non ci sarebbe bisogno di soldati americani". La presentazione ufficiale del suo progetto, Trump l'aveva iniziata il 5 febbraio nella conferenza stampa con a fianco Netanyahu, dopo il loro incontro alla Casa Bianca, tenuta all'insegna della stretta alleanza fra Usa e Israele costruita nel suo precedente mandato presidenziale e dello slogan sulla ripresa dell'iniziativa dell'imperialismo americano nel mondo, “Siamo di nuovo una nazione rispettata”, con la riproposizione della ridicola posizione che “gli orrori del 7 ottobre non sarebbero mai accaduti se fossi stato presidente, il disastro dell’Ucraina e della Russia non sarebbe mai accaduto se fossi stato presidente”.
Sempre il 9 febbraio, appena rientrato a Tel Aviv il premier nazisionista Benjamin Netanyahu dichiarava al Times of Israel che il suo incontro con il presidente americano porterà a "enormi risultati che possono garantire la sicurezza di Israele per generazioni. Qui ci sono opportunità che credo non abbiamo mai sognato, o almeno fino a pochi mesi fa non sembravano possibili, ma lo sono". E a proposito del piano su Gaza lo definiva frutto di una "visione rivoluzionaria e creativa" che "aprirà molte possibilità" per Israele.
Quello di Trump è un piano che vuole cancellare la causa palestinese, denunciavano portavoce di Hamas: “la nostra gente nella Striscia di Gaza non permetterà che questi piani vengano approvati, ciò che è richiesto è porre fine all'occupazione e all'aggressione contro la nostra gente, non espellerla dalla sua terra”, "Gaza fa parte della nostra terra palestinese occupata e ogni soluzione dovrà basarsi sulla fine dell'occupazione e sul mantenimento dei diritti del popolo palestinese". Sulla stessa posizione la Jihad islamica: “le posizioni e i piani di Trump rappresentano una pericolosa escalation che minaccia la sicurezza nazionale araba e regionale, in particolare in Egitto e Giordania, che l'amministrazione statunitense vuole mettere in conflitto con il popolo palestinese e i suoi diritti”. Con un comunicato del 5 ottobre anche il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina condannava “con la massima fermezza le pericolose dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nelle quali adotta piani per lo sfollamento forzato del nostro popolo nella Striscia di Gaza. Queste dichiarazioni sono una dichiarazione di guerra al popolo palestinese e un tentativo di riprodurre una nuova catastrofe, che non farà altro che passare sopra ai cadaveri del nostro popolo resistente e tenace a Gaza e in tutta la Palestina. L'impudente proposta di Trump rivela le vere intenzioni della nuova amministrazione americana di liquidare la causa palestinese attraverso lo sfollamento e l'insediamento dei rifugiati. Gaza è parte integrante della nostra patria, la Palestina, dal suo fiume al suo mare. Non è un peso o un problema in cerca di 'soluzioni'. Piuttosto, è un simbolo di fermezza e resistenza. Il destino del suo popolo non sarà lo sfollamento o lo sradicamento ma piuttosto la sopravvivenza, la fermezza e la lotta finché la terra non sarà liberata e i diritti usurpati non saranno ripristinati. Gaza non è in vendita e la sua gente non la lascerà se non per tornare nelle sue città e nei suoi villaggi occupati nel 1948; queste cospirazioni non saranno sventate se non dalla resistenza, proprio come sono stati sventati i precedenti progetti che cercavano di sradicare il nostro popolo dalla sua terra. Ciò che è necessario oggi è trasformare la chiara posizione ufficiale e popolare araba che respinge i piani di sfollamento in misure, decisioni e passi concreti sul campo, incluso l’utilizzo di tutte le capacità della nazione come carte da gioco per fare pressione sull’amministrazione americana. Nonostante le ferite e il genocidio, Gaza rimarrà indistruttibile e il suo popolo continuerà a resistere fino alla liberazione di tutta la Palestina. Quanto ai piani di Trump e di coloro che ruotano attorno a lui, finiranno nel dimenticatoio della storia, come è successo a tutti i coloni che pensavano di poter sradicare il nostro popolo dalla sua terra”.
Il progetto delineato da Trump alla vigilia del suo primo incontro ufficiale da presidente non a caso con l'alleato nazisionista, e del quale i compiacenti media imperialisti per giorni hanno dato conto con risalto, inseguendo precisazioni, correzioni, giravolte e assecondando così la strategia comunicativa della Casa Bianca per riproporlo con insistenza, nei fatti è la soluzione finale alla questione palestinese inseguita da sempre dai sionisti, quella che vorrebbe cacciare intanto i palestinesi dalla Striscia di Gaza e a seguire dalla Cisgiordania per “dare a un popolo senza terra, una terra senza popolo”; questa terra è la Palestina che invece è abitata da un popolo che quindi deve essere cacciato definitivamente per completare il genocidio e la pulizia etnica messi in atto dai nazisionisti nei territori occupati, ridotti scientemente in un cumulo di macerie inabitabili. Trump certifica e legittima i crimini dei nazisionisti, ci aggiunge il suo inaccettabile progetto coloniale e manda al macero il diritto internazionale nato dopo la seconda guerra mondiale.
Del genocidio palestinese sono complici diretti i paesi imperialisti dell'Ovest e i paesi arabi reazionari che non hanno mosso un dito contro i criminali nazisionisti, hanno taciuto nei 15 mesi durante i quali i nazisionisti hanno raso al suolo case, ospedali, scuole, università, biblioteche, edifici governativi, moschee e chiese, strade e infrastrutture di Gaza e hanno approvato il diritto di Israele di “difendersi” dall'attacco della Resistenza del 7 ottobre 2023. E a fronte dell'uscita di Trump ipocritamente si sono detti contrari e ancora aggrappati alla oramai palesemente falsa soluzione dei due stati. “Tutti amano la mia proposta su Gaza”, li sbeffeggiava Trump, ignorando i loro commenti mentre anche l'ambasciatore sionista all'Onu la “correggeva” sostenendo che “dovrebbe essere richiesto il consenso delle persone a lasciare il luogo in cui vivono e il consenso degli altri paesi a riceverle". Una precisazione che sarà ripresa formalmente da Netanyahu che si diceva pronto per uno sfollamento volontario da Gaza ma contemporaneamente minacciava di rompere la tregua e di non procedere alla seconda fase del ritiro completo dalla Striscia. E all'Arabia saudita, che ribadiva la sua posizione di facciata di porre la creazione di uno Stato palestinese come condizione della normalizzazione dei rapporti con Israele, rispondeva arrogante “i sauditi possono creare uno Stato palestinese in Arabia Saudita, hanno molta terra laggiù”. Suscitava una nuova replica del Ministero degli Affari Esteri saudita che in un comunicato del 9 febbraio ribadiva: “il Regno afferma che il popolo palestinese ha diritto alla propria terra e non è un intruso o un immigrato che può essere espulso ogni volta che la brutale occupazione israeliana lo desidera”. E accusava il premier sionista di cercare di “distogliere l’attenzione dai crimini” che Israele sta commettendo a Gaza.
Media sionisti aggiungevano che l'amministrazione Trump starebbe valutando anche il Somaliland, il Puntland e il Marocco come altre destinazioni possibili per la deportazione dei palestinesi, regioni che dipendono dagli aiuti americani o paesi alleati e che dunque sarebbero più facilmente ricattabili.
Fra i commenti entusiasti che girano nell'entità sionista sulla proposta di Trump lo storico israeliano Ilan Pappé denunciava quello del principale commentatore di affari arabi sul canale principale di Israele durante l’orario di prima serata del 6 febbraio che aveva sostenuto che “certo, nessuno vuole la gente crudele di Gaza, e non sto parlando di Hamas, ma dell’intera popolazione di Gaza; ecco perché Giordania ed Egitto respingono la fantastica proposta di Trump”. E commentava: “Mi chiedo se i Nazisti abbiano mai usato un simile linguaggio sugli ebrei. Ogni possibile confine umano, umano e morale è stato ormai superato nel pubblico dominio in Israele. Tutto è lecito quando si parla dei palestinesi in generale e della popolazione di Gaza in particolare. Non si tratta più di parlarne come di animali, è molto peggio. Sono descritti come il peggior tipo di umanità nel nuovo linguaggio, che assolve Israele da qualsiasi crimine contro di loro. I politici parlano così, i principali media lo legittimano e i rabbini nelle sinagoghe, istituzioni più popolate che mai da ebrei israeliani, predicano il Genocidio dei palestinesi senza vergogna o inibizione. Tutto questo è in preparazione per le prossime fasi del Genocidio. La tregua nel Genocidio non è dovuta al fatto che il mondo vi ha posto fine. Si è fermata perché Trump voleva che gli ostaggi venissero rilasciati per la sua immagine di sé e poi permettere agli israeliani di fare quello che vogliono”. E concludeva “al momento solo una cosa è certa: la Resistenza e la Resilienza palestinesi sono ancora le migliori garanzie che questi Piani Demoniaci non si concretizzeranno completamente”.

12 febbraio 2025