Nel “giorno del ricordo” fascista e anticomunista
Destra e sinistra del regime capitalista neofascista di Meloni unite nel falsificare la storia e nel calunniare il comunismo
Vergognosa e intollerabile celebrazione di Stato senza precedenti nel Palazzo del Quirinale trasmessa in diretta dalla Rai
Viva le scritte, a partire da quella a Basovizza, e le azioni antifasciste

Ormai da anni gli antifascisti e le antifasciste del nostro Paese sono costretti ad assistere alla vomitevole e antistorica retorica del “giorno del ricordo”, cavallo di Troia ormai istituzionalizzato della riabilitazione del fascismo storico in chiave anticomunista.
Non solo il 10 febbraio, certamente appuntamento nevralgico di questa riscrittura della storia, ma già le settimane precedenti vedono il proliferare di articoli sulla stampa di regime, servizi televisivi, iniziative nelle regioni e nei comuni guidate sia dalla destra neofascista, sia dalle forze di “centro-sinistra”, complici fin dall'inizio di questa vigliacca operazione che scredita anche la Resistenza. Iniziative che si accavallano al Giorno della Memoria, a volte presentate addirittura nella medesima locandina o nello stesso post sui social in modo che l'equiparazione sia evidente e la parificazione delle due questioni diametralmente diverse, un dato di fatto per la pubblica opinione.
Il “giorno del ricordo” ha consentito un poderoso balzo a destra del revisionismo neofascista, e consegna alle forze oggi di governo uno strumento per diffondere una lettura della storia del Confine Orientale falsa e distorta finalizzata all riabilitazione del fascismo, ed anche per accelerare la messa al bando dei simboli, dell'ideologia e poi di tutte le conquiste sociali fatte dai comunisti, a partire proprio dal contributo della Liberazione dell'Europa dal mostro nazifascista.
Ma le celebrazioni di quest'anno hanno avuto una nuova accelerata: mai si era arrivati ad una diretta televisiva dal Quirinale, prassi generalmente riservata a momenti particolarmente importanti come il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica che tutti “devono” vedere. In ogni sede istituzionale sono state issati tricolori a mezz'asta ed ovunque pronunciate dichiarazioni bipartisan di grande cordoglio ai cosiddetti “infoibati” ed agli esuli, e di condanna al “silenzio istituzionale che ha coperto per troppi anni questa tragedia”, frase ridondante nelle dichiarazioni di sindaci e ministri tutti uniti nel portare avanti senza ritegno storico questa possente operazione revisionista.
 
Il discorso di Mattarella
Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, osannato ed eletto ad “arbitro imparziale” dai partiti borghesi, quest'anno ha superato se stesso, elevando in chiave marcatamente anticomunista il suo discorso.
Delle cinque pagine del suo intervento infatti, appena due righe vengono dedicate a denunciare “l'oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave e la barbara occupazione nazista”; per il resto è tutto un susseguirsi di menzogne e falsità storiche incentrate sulla sedicente pulizia etnica da parte dei comunisti jugoslavi che non vi fu mai, mista ad auspici di pacificazione e di allargamento dell'UE imperialista per ottenere finalmente quella che reputa una “necessaria memoria condivisa”.
Fra l'altro Mattarella anche nelle sopracitate due righe, copre il fascismo coloniale poiché il tallone di Roma su Istria e Dalmazia non fu solo la sua politica “segregazionista”, ma anche e soprattutto fucilazioni, esecuzioni sommarie di civili, caccia spietata ai partigiani e reclusioni dei campi di concentramento come quello di Arbe. Secondo Mattarella: “Tito inaugurò una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone, e di quella stagione contrassegnata da una lunga teoria di uccisioni, arresti, torture, saccheggi e sparizioni, le Foibe restano il simbolo più tetro”. Il Capo dello Stato parla senza mezzi termini di “furia omicida dei comunisti jugoslavi” che falciò “impiegati, intellettuali, famiglie, sacerdoti ed anche antifascisti”, proponendo dal suo alto scranno una “verità” totalmente ribaltata fra vittime e carnefici.
Mattarella ha mantenuto lo stesso approccio antistorico anche sul cosiddetto “esodo”, nell'ambito quale per Mattarella un altro grande crimine sarebbe stato “l'ostilità da parte di forze e di partiti che si richiamavano in Italia alla stessa ideologia comunista di Tito” al rientro dei coloni fascisti. Il Presidente democristiano, attacca anche il silenzio istituzionale degli anni successivi; è non fu certamente un caso se fu il massone picconatore piduista, capo di Gladio e primo sdoganatore istituzionale del MSI Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica, che nel 1991 si inginocchiò dinanzi alla foiba di Basovizza, porgendo alle vittime e ai loro discendenti “le scuse dell’Italia”. Fu quello il primo seme di questa vigliacca operazione ormai concretizzata.
Infine, dopo apprezzamenti alle associazioni degli esuli, senza considerare minimamente che alcune di esse solo saldamente in mano a esponenti neofascisti, Mattarella sottolinea inesistenti “settant'anni di pace, sicurezza, benessere e stabilità nel nostro continente” grazie all'UE, dimenticando la guerra in Jugoslavia (appunto) e tutte quelle fatte dall'UE imperialista nel mondo, così come le condizioni di povertà di milioni di europei, in costante crescita. A Mattarella interessa solo la libertà ed il benessere dei padroni e dei borghesi, ed infatti si concentra su quello, dandone una errata dimensione generale, auspicando infine l'ingresso di Moldova ed Ucraina nell'UE ed una sempre maggiore trasmissione dei “valori” del “giorno del ricordo” ai giovani, in un'ottica di piena e definitiva pacificazione.
 
Destra e sinistra in prima fila nell'anticomunismo
Che le “foibe”, passata la prima fase di riabilitazione del fascismo, siano oggi soprattutto un grimaldello anticomunista, si evince dalle dichiarazioni bipartisan dei politicanti borghesi ovunque schierati all'interno del parlamento nero.
A destra, mentre rimane “istituzionale” il commento di Giorgia Meloni che parla di “tragedia” da trasmettere alle nuove generazioni, gli altri esponenti fanno propria l'analisi dei nazifascisti di allora e rilanciano indiscriminatamente i “Migliaia di trucidati colpevoli solo di essere italiani” (Matteo Salvini).
Anche il camerata Ignazio Benito La Russa, presidente del Senato, attacca direttamente “i comunisti di Tito”, ma la palma d'oro della menzogna storica va sicuramente al guardasigilli Nordio in cerimonia a Basovizza, il quale non ha avuto alcun pudore ad affermare che: “In questo luogo sacro sono stati assassinati tanti nostri fratelli, colpevoli solo di essere italiani. Sono state le vittime di un'ideologia infame e crudele, che la storia ha condannato a perenne vergogna, al pari delle altre dittature che hanno scatenato la seconda guerra mondiale. La svastica e la falce e martello, i lager e i gulag, il braccio teso e il pugno chiuso, ci rammentano che gli opposti estremismi costituiscono il medesimo volto della stupidità e della brutalità.”
Insomma, eccola qua la voce del governo; un coacervo di falsità accertate dalla storia, una sintesi che rappresenta quell'attacco diretto al comunismo ed alla Resistenza che oggi è l'obiettivo di tutti i partiti borghesi, come dimostrato anche dall'ennesimo attacco del parlamento UE impegnato nella messa al bando del comunismo, motore reale di progresso sociale, di riscatto degli ultimi e di uguaglianza in tutto il mondo, e dei suoi simboli.
Che il disegno sia bipartisan, ce lo dicono le dichiarazioni di esponenti di spicco del PD, del leader di Italia Viva e di Azione. Elly Shlein sale anch'ella sul carro del revisionismo storico ed afferma che “Ricordare oggi e non attutire mai il ricordo di quel dolore e di quella sofferenza, per costruire un presente e un futuro migliori. Il nostro pensiero va alle vittime di una tragedia, quella delle Foibe e dell'esodo dei giuliano-dalmati”, mentre Renzi va oltre ed abbraccia in pieno la narrazione nazifascista del 1943: “Uccisi, torturati, infoibati, - dice l'edonista filosionista di Rignano sull'Arno - costretti all'esilio, solo perché italiani. Tornati in Patria, costretti a subire la diffidenza e poi anni di silenzio, vittime sacrificate sull'altare degli equilibri geopolitici. Coltivare la memoria significa, ogni 10 febbraio, abbattere il muro del silenzio su quella che fu una vera e propria pulizia etnica.”
Viva le scritte e le azioni antifasciste
Questo incalzare, pretestuoso e arrogante, di falsificazione della storia in chiave anticomunista ha ricevuto pan per focaccia come mai in precedenza, segno che l'antifascismo militante è vivo e vegeto e non ha nessuna intenzione di tacere. In molte località d'Italia infatti, nei pressi di monumenti o targhe dedicate al “giorno del ricordo”, sono infatti apparse scritte che denunciavano la falsificazione storica delle “foibe”.
Quella che ha destato più scalpore è stata l'azione di Basovizza, dove gli antifascisti hanno scritto in sloveno “Morte al fascismo, libertà al popolo”, e in italiano, “Trieste è un pozzo”, per contestare la narrazione fascista dei migliaia di infoibati, a fronte di documenti storici anche di origine angloamericana ed italiana che ne negherebbero la presenza. “Morte ai fascisti” e “No al revisionismo” anche a Giulianova, in Abruzzo, nella sede dov'era previsto l’evento commemorativo “Io ricordo”, promosso da Fratelli d’Italia.
A Roma, al parco della Balduina, è stata imbrattata la targa in memoria delle foibe, così come a Cagliari. A Settimo Milanese è toccato alla sede di fratelli d'Italia con una scritta “fasci a testa in giù”; “Fasci merde”, la scritta a caratteri cubitali nel parco di Torino sotto il ceppo che ricorda l'esodo, mentre a Firenze, Bologna e in altre città sono state organizzate manifestazioni contro il revisionismo storico nelle quali sventolavano bandiere rosse assieme a quelle della Jugoslavia, in segno di solidarietà con la Resistenza titina.
Una grande risposta è arrivata anche dalle studentesse e dagli studenti: a Vicenza davanti al liceo classico Pigafetta, due militanti di Azione Studentesca che distribuivano volantini sul “giorno del ricordo” sono stati fermati e costretti a cessare la loro propaganda fascista da un gruppo di studenti dei collettivi, mentre a Torino da un balcone del campus universitario Einaudi è spuntato uno striscione con la scritta “Con la resistenza jugoslava - Contro il revisionismo storico in Università: la memoria è un campo di battaglia” firmato dal collettivo Cambiare rotta e da una falce ed un martello.
Al liceo Rossellini di Roma è stato annullato il convegno del senatore fascista Menia che propose l'istituzione del “giorno del ricordo” con la legge 30 marzo del 2004 n.92, poi votata da 502 si (15 voti contrari di PRC e PDCI e 4 astenuti), grazie ad un imponente fuoco di sbarramento dei collettivi di sinistra, che hanno esultato affermando che “con i fascisti non ci si dialoga e non si può lasciare che facciano propaganda e revisionismo storico dentro le mura scolastiche. Il 10 febbraio è l’occasione perfetta per i fascisti per uscire dalle fogne”.
Più prudente e purtroppo troppe volte assente dal contrastare l'operazione revisionista che attacca direttamente anche la Resistenza italiana, si è mostrata l'Anpi, più propensa a trasformare il 10 febbraio in una commemorazione critica e condivisa anziché a chiederne l'abolizione come fanno anche tanti storici antifascisti di confine. “Si fa appello - si legge infatti in un comunicato sul sito nazionale dell'associazione - affinché quest'anno quanto meno si avvii da parte delle istituzioni e delle forze politiche un'operazione di verità e di giustizia, nel pieno rispetto delle vittime delle foibe e dei protagonisti dell'esodo ed anche di tutte le altre vittime, italiane e slave di quei terribili anni, e nello spirito di un riconoscimento, seppur tardivo, delle responsabilità dal fascismo italiano. Lo si deve al popolo italiano, al popolo sloveno, al popolo croato".
 
Il “giorno del ricordo” va abolito
Per i marxisti-leninisti italiani non ci sono né mezze misure né posizioni di comodo; il “giorno del ricordo” va abolito, e con esso tutta la sua narrazione revisionista ed anticomunista.
Non è una sorpresa per noi l'atteggiamento delle forze istituzionali che si definiscono antifasciste poiché esse non hanno mai reagito in maniera adeguata all'operazione di estrema destra nonostante – come afferma anche la storica Alessandra Kersevan in una recente intervista – dal punto di vista storico vi fossero tutte le possibili argomentazioni per osteggiare questa narrazione, il che dimostra un evidente accordo o consociativismo tra la destra e la sinistra parlamentare contro il nemico comune, che non è il fascismo, bensì il comunismo che spazzerebbe via tutti i loro privilegi.
Ad oggi siamo giunti ad un definitivo sdoganamento dell'estrema destra neofascista, epurata da ogni responsabilità storica delle azioni del fascismo, ed è per questo che si picchia sempre più duro sull'anticomunismo. In Italia infatti, per dar corso a questa operazione, non conta mai né il ricorso alle fonti storiche, né l'utilizzo del metodo storiografico; al contrario negli ultimi decenni si moltiplicano gli episodi di vera e propria censura, mentre si prendono per buoni ed attendibili documenti prodotti sia dai servizi segreti italiani, sia dai precedenti servizi della X Mas e della Germania hitleriana, che vengono ancora oggi usati per questa propaganda.
Anche nel resto di questa Europa che si sta tingendo sempre più di nero, esistono movimenti revisionisti, ai quali l'Italia ha dato il la grazie all'opera congiunta della destra e della sinistra di regime. Basti ricordare la chiusura dell'intervento di Tajani quale Presidente del Parlamento Europeo del 2019 alla foiba di Basovizza con un ducesco “Viva Istria e Dalmazia italiane!”, applaudito dai presenti e criticato blandamente in Solvenia e Croazia, nonostante l'enorme gravità politica. Sarebbe come se un esponente dell'ultradestra tedesca si mettesse a rivendicare i territori persi dalla Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Alcuni storici assieme alle forze politiche realmente antifasciste vengono oggi tacciati di negazionismo, ma l'unico negazionismo esistente è quello che ignora le responsabilità del fascismo, che attaccò senza neanche dichiarare guerra l'allora Regno di Jugoslavia per annetterne territori e spazzare via la popolazione slava residente. La stessa negazione che rientra nella favola del “colonialismo buono” dell'Italia fascista e che cancella al pari dei fatti d'Istria e Dalmazia, anche le armi chimiche utilizzate da Badoglio e Graziani in Etiopia, le impiccagioni ed i campi di concentramento in Libia e l'aggressione all'URSS di Stalin assieme alle truppe hitleriane.
Il “giorno del ricordo” va abolito perché è l'origine di tutto il resto, compreso il nuovo museo di Roma, quello della foiba di Basovizza ed anche quello del “Magazzino 18” di Trieste, strumenti dall'egida istituzionale che servono a trasmettere questa narrazione revisionista ed anticomunista a migliaia di studenti e di studentesse.
Se a ciò aggiungiamo la propaganda dei media, in particolare con i film “Foibe rosse” e “Red Land” proposti a ciclo continuo ad ogni inizio febbraio sulla TV di regime, comprendiamo bene che gli autentici antifascisti devono rimboccarsi le maniche e contrastare con tutti i mezzi possibili questa operazione bipartisan.
Anche l'ANPI deve asciugare le sue polveri a dir poco umide e moltiplicare gli sforzi ed il coraggio affinché rimangano vivi gli insegnamenti della Resistenza, anche di quella italiana, anch'essa sotto attacco da parte di questo nero esecutivo neofascista. Dopo i “carnefici” titini, il prossimo obiettivo non potranno che essere i nostri partigiani e le nostre partigiane messi già all'indice dalla destra mediatica e di regime ogni volta che li si ritiene, ad esempio, responsabili delle rappresaglie naziste. La frase del camerata La Russa sulle fosse Ardeatine medita ancora vendetta storica: “Via Rasella è stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza – tuonò il nero Presidente del Senato - quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non.”. È tempo di reagire. E in fretta.
Bisogna buttar giù con la lotta di classe e di piazza il governo neofascista Meloni.

19 febbraio 2025