I nazisionisti violano gli accordi di tregua a Gaza e in Libano e rafforzano l'occupazione in Cisgiordania
Cerimonia funebre a Beirut per i leader di Hezbollah assassinati

Un articolo del quotidiano progressista israeliano Haaretz del 23 febbraio rilanciava una denuncia sul trattamento disumano dei detenuti palestinesi ricoverati negli ospedali, documentato da testimonianze e video che mostravano questi ricoverati “legati per tutti e quattro gli arti – una pratica nota come costrizione a quattro punti – e spesso bendati, a volte per giorni o addirittura settimane”, una pratica che secondo gli stessi registri degli ospedali risulta diffusa in tutto il sistema sanitario pubblico. Una pratica, illegale, che il ministero della Salute sionista ha ordinato di adottare nell’ospedale da campo della struttura di detenzione militare Sde Teiman, noto come l'ospedale dove erano torturati i palestinesi portati via da Gaza, e successivamente estesa a tutti gli ospedali delle carceri e infine agli ospedali pubblici. Eppure sia organismi governativi che organizzazioni per i diritti umani, evidenziava il quotidiano, hanno chiarito che la contenzione estrema e la bendatura possono equivalere a tortura e invitava i medici a condannare questa pratica.
Una pratica criminale di cui non c'è traccia nelle compiacenti cronache dei media imperialisti, concentrate nel rilanciare le veline della propaganda sionista. Lo stesso giorno i nazisionisti confermavano il rinvio del rilascio dei 600 prigionieri palestinesi, un centinaio dei quali donne e bambini, previsto per il 22 febbraio e quindi una violazione dell'accordo di tregua a Gaza, con la colpa addebitata strumentalmente a Hamas perché “colpevole” di organizzare le cerimonie del rilascio dei suoi prigionieri; bombardavano il sud del Libano e mandavano gli aerei a sorvolare la capitale Beirut durante la cerimonia dei funerali del leader di Hezbollah da loro assassinato e con la dichiarata minaccia di uccidere anche gli attuali dirigenti del movimento libanese, con una ennesima palese violazione dell'accordo di cessate il fuoco dello scorso novembre da loro prorogato unilateralmente d'intesa con gli Usa; schieravano, per la prima volta da 22 anni, durante la repressione della Seconda Intifada, i carri armati in varie zone della Cisgiordania a protezione delle truppe che almeno per un anno resteranno nei campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nur Shams, anzi negli ex campi orami svuotati degli oltre 44 mila palestinesi cacciati dalle loro case; infine a tarda serata il leader nazisionista Netanyahu, durante una cerimonia militare chiedeva al governo di Damasco la “piena smilitarizzazione della Siria meridionale dalle truppe del nuovo regime siriano nelle province di Quneitra, Daraa e Suweyda”, peraltro quelle illegalmente occupate da Tel Aviv, e minacciava “non permetteremo alle forze dell’organizzazione HTS o del nuovo esercito siriano di entrare nell’area a sud di Damasco”.
Riguardo all'attuazione dell'accordo di tregua a Gaza registriamo che i negoziati sulla seconda fase avrebbero già dovuto essere avviati ma sono boicottati dai nazisionisti. Hamas ha dichiarato di essere pronta a rilasciare tutti gli utlimi prigionieri, una sessantina di cui almeno la metà morti, a fronte di un ritiro totale delle truppe sioniste da Gaza. Che invece lavorano per l'espulsione dei palestinesi, ostacolando l'arrivo di cibo e materiali per la ricostruzione, e lanciando volantini con frasi del tipo “La mappa del mondo non cambierà se tutto il popolo di Gaza cesserà di esistere. Nessuno chiederà di voi. Nemmeno i paesi arabi che sono ora nostri alleati, ci forniscono soldi e armi mentre a voi mandano sudari. Chi vuole salvarsi prima che sia troppo tardi, noi siamo qui, fino alla fine dei tempi”.
Pulizia etnica a Gaza, quella prevista anche dal piano di Trump cui i paesi arabi annunciano una controproposta in vista del summit della Lega raba dei primi di marzo, e aumento della presenza militare e dell'occupazione nella Cisgiordania, una regione i cui confini sono stati già cancellati nelle cartine geografiche sioniste per inglobarla in quello stato ebraico dal fiume al mare oramai in fase di realizzazione. Tanto che financo i collaborazionisti del presidente Abu Mazen sono costretti a protestare contro il nuovo schieramento dei carri armati, definita “una pericolosa escalation”; una protesta che non ha varcato nenche le rive del Giordano e bellamente ignorata a Tel Aviv.
Il 23 febbraio si è svolta a Beirut la cerimonia funebre per Sayyed Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah, e Sayyed Hashem Safieddine, il presidente del Consiglio politico, assassinati dai nazisionisti rispettivamente 27 settembre e il 3 ottobre scorsi. Il loro successore alla guida di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, nel discorso videotrasmesso ribadiva l'impegno dell'organizzazione libanese a “salvaguardare gli ideali del martire Sayyed Hassan Nasrallah”, in particolare nella “scelta della resistenza. Abbiamo gli uomini, abbiamo le armi. Non permetteremo all’America di controllare il Paese e a Israele di occupare le nostre terre” e nell'appoggio alla causa palestinese.
Fra i messaggi inviati e le dichiarazioni sulla cerimonia registriamo quella del portavoce di Hamas, Abdul Latif Al-Qanou, all'agenzia iraniana Irna alla quale ha affermato che il martire Sayyed Hassan Nasrallah e i suoi compagni della resistenza islamica in Libano, così come il popolo di quel Paese, hanno sacrificato le loro vite e le loro proprietà al fianco del popolo palestinese e della resistenza e non saranno dimenticati dal popolo palestinese: “il popolo palestinese non dimenticherà il sostegno materiale, morale, finanziario, militare e mediatico fornito da Hezbollah nella sua guerra contro l'entità sionista, e il passare del tempo non ci farà dimenticare questo appoggio. Il popolo palestinese assicura a tutti i suoi sostenitori e simpatizzanti nella regione e nel mondo che continuerà la sua lotta finché l'entità sionista non sarà eliminata e questa ghiandola cancerosa non sarà sradicata dal suolo palestinese e dalla regione”. E infine ha dichiarato che “la perdita di un leader come il signor Hassan Nasrallah è molto dolorosa ma il martirio di un leader promuoverà migliaia di altri leader nella nazione islamica e questo martirio rafforzerà anche la forza della resistenza in Palestina, Libano e nella regione".
Intanto con il ricovero negli ospedali degli ultimi 10 corpi recuperati da sotto le macerie e i tre palestinesi uccisi dai soldati sionisti nella città di Gaza, il bilancio delle vittime della guerra genocida israeliana, secondo il ministero della Salute di Hamas, è salito al 24 febbraio a 48.339 morti e 111.753 feriti.

26 febbraio 2025