Sciopero del 27 febbraio contro la separazione delle carriere
I magistrati in piazza per respingere la controriforma piduista della giustizia Meloni-Nordio
Mobilitazione riuscita all'80%. Manifestazioni e assemblee aperte al pubblico in una ventina di capoluoghi di provincia e di regione
L'ex pm antimafia Di Matteo: “Clima da resa dei conti. Non c'è nulla da mediare”

“Avremmo voluto discutere dei veri mali che affliggono la giustizia: numero di magistrati tra i più bassi d’Europa, regole processuali che invece di accelerare i processi li rallentano, personale amministrativo insufficiente, applicativi informatici inadeguati, carceri fatiscenti e sovraffollate. E invece siamo stati costretti a ribadire le nostre preoccupazioni per una riforma il cui obiettivo è chiaramente quello di dividere la magistratura isolandone le sue componenti, indebolire l’autorità giudiziaria e il suo governo autonomo, realizzare una riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato attraverso il controllo del potere giudiziario da parte del potere esecutivo, allentare il controllo di legalità sulla politica e privare la giurisdizione dell’autorevolezza di cui solo un giudice autonomo e indipendente può godere.”
Così la Giunta esecutiva dell'Associazione nazionale magistrati ribadiva le gravi motivazioni dello sciopero del 27 febbraio, in un comunicato in cui si registrava con soddisfazione la piena riuscita della giornata di lotta indetta per sensibilizzare la popolazione contro la modifica costituzionale portata avanti dal governo Meloni per separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, con il vero scopo di metterli sotto il suo controllo.
Un successo non soltanto per l'alta adesione dei magistrati allo sciopero, che a livello nazionale ha raggiunto l'80 % e l'ha pure superato nel Centro-Nord, con punte dell'86% a Torino e del 90% a Milano e Siena; cosa che non era scontata, e attesa anzi con una certa apprensione dai magistrati, memori del 48% raggiunto nel 2022 dallo sciopero contro la controriforma giudiziaria Cartabia. Ma anche per la buona risposta popolare alle decine di manifestazioni e assemblee che si sono svolte in tutte le principali città d'Italia, da Trieste a Palermo, con la partecipazione di magistrati ed ex magistrati, costituzionalisti, avvocati, esponenti del mondo della cultura e della società civile, studenti e semplici cittadini.

Un meccanismo disegnato sul piano della P2
Le manifestazioni si sono svolte davanti ai palazzi di giustizia di una ventina tra capoluoghi di provincia e di regione, con i magistrati in toga, coccarda tricolore e copie della Costituzione in mano, e con numerose assemblee aperte al pubblico per spiegare alla popolazione i motivi della protesta. A Roma, per esempio, i magistrati hanno inscenato un flash mob alle 10 sulle gradinate del palazzo sede della Corte di cassazione, e alle 11 hanno tenuto un'assemblea al cinema Adriano. L'assemblea è stata partecipata oltre ogni previsione, circa 400 persone, al punto che gli organizzatori hanno dovuto far aprire una seconda sala per far entrare tutti.
Lo sciopero era stato indetto il 15 gennaio dall'assemblea dell'Anm - insieme ad altre iniziative come la clamorosa protesta dei magistrati alle cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario del 25 e 26 gennaio - mentre alla Camera veniva approvato in prima lettura il ddl costituzionale del Guardasigilli Nordio e della premier neofascista Meloni che separa le carriere di giudici e pm, carriere che l'articolo 107 della Costituzione stabilisce siano invece distinte solo per funzione. Oltre a esami e percorsi diversi, la separazione è rafforzata anche con lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura - il parlamentino disegnato dai costituenti per l'autogoverno dei magistrati - con un Csm per i pm e un altro per i giudici, in cui i membri togati sono eletti per sorteggio secco, mentre quelli laici sono sorteggiati da una lista preventivamente votata dal parlamento, con un netto avanzamento nei due Consigli dell'influenza del potere politico su quello giudiziario.
Viene inoltre istituita un'Alta Corte per i procedimenti disciplinari e le sanzioni riguardanti i magistrati, compito svolto finora dal Csm unico, sottraendo così ai magistrati, oltre al potere di scelta dei propri rappresentanti, anche il potere di giudicare e decidere autonomamente all'interno del proprio ordine, e delegandolo invece ad un organismo esterno più controllabile dal potere politico: in conclusione un meccanismo disegnato appositamente per eliminare di fatto l'indipendenza della magistratura e sottometterla al potere esecutivo, esattamente come previsto nel Piano di rinascita democratica della P2 di Gelli.

Gli attacchi e le manovre del governo Meloni
D'altra parte gli avvenimenti delle ultime settimane non avevano fatto altro che rafforzare le già forti motivazioni dell'agitazione dei magistrati, come l'arroganza della premier neofascista nello sfidare apertamente i giudici insistendo con le deportazioni illegali dei richiedenti asilo nel suo lager albanese per la procedura d'espulsione accelerata, inevitabilmente bocciate dai tribunali, e come la sua reazione inviperita il 20 febbraio alla condanna a 8 mesi per rivelazione di segreto del suo fedelissimo sottosegretario alla Giustizia, il fascista Delmastro, da lei definita “vergognosa, fondata sul niente, col solo obiettivo di fermare la riforma della giustizia”. A cui si potrebbe aggiungere il tweet del 17 febbraio su X del suo amicone Elon Musk, con cui il miliardario fascista salutava con un “Bravo” il ddl sulla separazione delle carriere, dopo che aveva già invitato a “licenziare” i giudici italiani che emettono sentenze non gradite al governo in tema di immigrazione.
Anche lo sciopero dei magistrati è stato attaccato in maniera furibonda dal governo neofascista. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, si è complimentata con chi “ha deciso di non aderire ad uno sciopero contro i poteri dello Stato. Se l'ordine giudiziario sciopera contro il parlamento, la democrazia è in pericolo”. Il capogruppo dei senatori di FI, il fascista Gasparri, ha dichiarato: “Certo non cambieremo idea per questo sciopero politico e sostanzialmente eversivo”. Anche per l'ex magistrata della Lega, Simonetta Matone, “lo sciopero è un’offesa all’Italia. Le toghe che usano la Carta per attaccare il governo non l'hanno letta o non l'hanno capita”.
Dal canto suo la premier neofascista ha agito più furbescamente, esibendo sia il bastone che la carota: da una parte, in segno di sfida, ha convocato un vertice a Palazzo Chigi sulla giustizia proprio la mattina dello sciopero, con la partecipazione dei vicepremier Tajani e Salvini, il sottosegretario Mantovano, il ministro Nordio e la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno. Dall'altra ha fatto sapere che si è discusso di possibili “modifiche” alla legge sulla separazione in vista dell'incontro fissato il 5 marzo con il neopresidente dell'Anm, Cesare Parodi, da lui stesso sollecitato dopo la sua elezione in sostituzione dell'uscente Giuseppe Santalucia.
Parodi è esponente di Magistratura indipendente, la corrente di destra che ha vinto le recenti elezioni per il rinnovo delle cariche dell'Anm, e Meloni vuol sfruttare l'occasione per aprire una breccia nel muro per ora compatto dei magistrati sul rifiuto della separazione delle carriere, e della controriforma della giustizia nel suo complesso. Tra le “modifiche” fatte trapelare ci sarebbero il sorteggio “temperato” dei membri togati del Csm (cioè sorteggiati da una lista come per i laici) e l'allargamento dell'Alta Corte disciplinare alle magistrature contabili e amministrative. A incoraggiarla in questa manovra di “ricucitura” era stato anche Mattarella, il giorno avanti, con un intervenendo al plenum del Csm, raccomandando con la consueta ipocrisia cerchiobottista di “assicurare la irrinunziabile indipendenza dell’ordine giudiziario” e di “contribuire alla serenità della vita istituzionale”.

Le denunce del vero scopo della separazione
Ma non sembra che le manovre congiunte di Palazzo Chigi e del Quirinale abbiano fatto molta breccia tra i magistrati, visto che se Parodi ha cercato di barcamenarsi sull'incontro con la premier dichiarando “chiariremo che vogliamo difendere non qualche privilegio di casta bensì la Costituzione, sentiremo le sue ragioni e quello che avrà da dirci”, ben più netti e discriminanti sono stati tutti gli altri intervenuti che si sono espressi nelle varie assemblee e manifestazioni. A cominciare dallo stesso segretario dell'Anm, Rocco Maruotti, che all'assemblea dell'Adriano ha rispedito al mittente ogni ipotesi di accettazione della controriforma in cambio di qualche ritocco di facciata, chiarendo che con questo governo “non ci sono margini di trattativa, perché l’indipendenza e l’autonomia della magistratura è materia non negoziabile”.
Sempre a Roma, una giovane al primo incarico, Francesca Frazzi, ha denunciato il potere intimidatorio sui magistrati che la separazione non potrà che aumentare, sottolineando che “se giudici e pm vengono descritti come un ostacolo a chi persegue gli interessi della nazione, arriveremo a doverci preoccupare delle conseguenze delle decisioni che prenderemo”. Alla manifestazione di Milano gli ha fatto eco il presidente del Tribunale, Fabio Roia, dicendo di avere paura “quando non si rispettano le sentenze e si vogliono sentenze in base alle aspettative politiche o alla piazza”. E la segretaria dell'Anm milanese, Manuala Andretta, ha difeso lo sciopero “perché il silenzio sarebbe una complicità con una riforma che intacca il cuore dello stato democratico. Quello di oggi è uno sciopero di civiltà, è un atto di responsabilità civile”.
All'assemblea di Napoli, il procuratore capo Nicola Gratteri, ha chiarito a sua volta: “Non riteniamo sia proporzionato toccare la Costituzione per quattro magistrati l’anno che da pm chiedono di diventare giudici. Mi pare sia qualcosa di veramente sproporzionato e quindi per noi è normale ed è ovvio che questa riforma sottenda a qualcos’altro”; spiegando poi che “negli Stati dove c’è stata la separazione delle carriere, poi poco dopo il pubblico ministero è passato sotto l’esecutivo. Di questo non si sente assolutamente l’urgenza, la necessità e il bisogno. I problemi della giustizia sono altri, le emergenze sono altre”.
All'assemblea di Bologna, il vicesegretario dell'Anm e pm a Rimini, Stefano Celli, ha
riassunto così il cuore della separazione delle carriere: “La riforma toglie dei presidi di democrazia costituzionale e crea un corpo di pubblici ministeri autonomi, qualcuno li definisce dei samurai, 1.500 persone che non rispondono a nessuno, se non a se stesse. È una pazzia. Come già dicono tutti, qualcuno dovrà guidarli e non potrà che essere l’esecutivo”.

La vera posta in gioco
Ora occorre però che i magistrati serrino le file e siano determinati a portare avanti senza farsi intimidire né irretire dal governo neofascista Meloni questa importante battaglia per respingere la controriforma piduista Meloni-Nordio. Occorre anche capire che in ballo c'è molto di più che la difesa di una Costituzione ormai ridotta a carta straccia dal regime capitalista neofascista. C'è che è ritornato il fascismo mussoliniano al governo nelle vesti femminili, democratiche e costituzionali della premier Meloni, e che va rovesciato al più presto con la mobilitazione e la lotta di tutte le forze autenticamente democratiche e antifasciste, prima che riesca a completare la repubblica presidenziale neofascista, federalista e interventista secondo il piano della P2.
A questo proposito, l'ex pm antimafia di Palermo, Nino Di Matteo, intervenendo ad un evento pubblico promosso dall'associazione Schierarsi, ha così messo in guardia i suoi colleghi: “ “Io credo che a questo governo stia riuscendo quello che non sono riusciti a fare contro la magistratura i precedenti governi, nemmeno i primi governi Berlusconi, forse perché oggi la magistratura è più debole, perché l’immagine della magistratura è stata sporcata da scandali e vizi”. E aggiungendo che oggi il potere politico “ha il coltello dalla parte del manico, c'è un clima da resa dei conti”, ha avvertito: “In questi giorni leggo che la nuova giunta della Associazione nazionale magistrati chiede un incontro al governo, al presidente del Consiglio, si parla della necessità di una mediazione, di incontrarsi… non c’è niente da mediare e nessuno da incontrare. Il governo e la politica stanno facendo la loro parte, secondo me in maniera pericolosa, la magistratura deve sapere spiegare ai cittadini perché queste riforme sono pericolose. Non c’è nulla da mediare”.


5 marzo 2025