Dopo le quotidiane violazioni in 42 giorni
Israele e Usa rompono l'accordo di tregua a Gaza con Hamas
Il vicepresidente della Knesset incita al genocido palestinese
In vista della scadenza della prima fase della tregua a Gaza, lo scorso 1 marzo, la delegazione nazisionista alle trattative svolte tra il Cairo e il Qatar aveva più volte fatto capire di non avere intenzione di rispettare la tabella di marcia concordata lo scorso gennaio che prevedeva nella fase due il ritiro completo degli occupanti dalla Striscia in parallelo al rilascio degli ultimi ostaggi. Il leader nazisionista Netanyahu proponeva un prolungamento della prima fase e il completo rilascio degli ostaggi pur mantenendo l'occupazione e minacciando il blocco totale degli aiuti e la ripresa dei bombardamenti sulla popolazione nel caso Hamas e le altre organizzazioni della Resistenza non avessero accettato. Il rafforzato asse tra nazisionisti e imperialismo americano sancito dall'amministrazione Trump funzionava a tutto regime e il nuovo inviato americano Steve Witkoff la sera dell'1 marzo già presentava una proposta che prevedeva di estendere di altri 42 giorni la prima fase del cessate il fuoco, fino alla fine del Ramadan e della Pasqua ebraica. “Dopo una discussione sulla sicurezza presieduta da Benjamin Netanyahu, Israele adotta il piano proposto dall’inviato Usa”, riprendeva la palla il governo nazisionista con un comunicato che indicava quale primo passaggio del “piano Witkoff” il rilascio di metà degli ostaggi subito il primo giorno e gli altri al momento del raggiungimento di un accordo per un cessate il fuoco duraturo. Una presa in giro dato che lo stesso risultato sarebbe previsto dal piano originale ma da subito e non fra un mese e mezzo; la vera intenzione dei nazisionisti era chiarita dal passaggio del comunicato del governo di Tel Aviv dove si sosteneva che “secondo l'accordo, Israele può tornare a combattere dopo il giorno 42 se ritiene che i negoziati siano inefficaci", o subito se Hamas non avesse accettato la proposta Usa. In ogni caso nessuna garanzia che possa seguire il negoziato sul totale ritiro degli occupanti e il cessate il fuoco permanente.
La risposta di Hamas non poteva che essere un rifiuto della proroga unilaterale della prima fase e il pieno rispetto dell'accordo, “passare subito alla seconda fase del cessate il fuoco è l’unico modo per raggiungere la stabilità nella regione e il ritorno dei prigionieri”.
il funzionario di Hamas Osama Hamdan accusava l'occupazione di "spingere per riportare le cose al punto di partenza e ribaltare l'accordo attraverso le alternative che propone", dopo che le sue violazioni non si sono fermate sin dal primo momento del cessate il fuoco. Israele ha impedito l'ingresso di 50 camion di carburante al giorno come stabilito dall'accordo e in 42 giorni, sono stati autorizzati a entrare a Gaza solo 978 camion, con una media di appena 23 camion al giorno; ha bloccato l'arrivo delle case mobili e gran parte delle tende previste, così come l'ingresso di macchinari pesanti necessari per rimuovere le macerie e recuperare i corpi da sotto i detriti e l'ingresso di materiali da costruzione essenziali per la ricostruzione di infrastrutture e ospedali. I soldati occupanti, denunciava Hamdan, non si sono ritirati da tutte le postazioni previste, in particolare nel sud della Striscia lungo il Corridoio di Filadelfia, e hanno usato aerei e droni per impieghi di ricognizione non previsti, ma anche per azioni di guerra tanto che ci sono stati durante la prima fase della tregua ben 116 palestinesi uccisi e 490 feriti.
La proroga alla prima fase proposta dall'asse Usa-Israele significherebbe prolungare questa situazione funzionale solo ai progetti di pulizia etnica dei nazisionisti.
Contrari alla proroga si sono pronunciati sia i negoziatori dell'Egitto che i rappresentanti dell'Arabia Saudita e i sionisti hanno risposto con l'ordine del governo del 2 marzo di bloccare di nuovo l’ingresso degli aiuti alimentari, di merci e altre forniture dai valichi di Gaza. Una decisione che Hamas definiva “un’estorsione a basso costo, un crimine di guerra e un palese attacco all’accordo di cessate il fuoco: fermare l’ingresso degli aiuti significa la decisione di Israele di far morire di fame i residenti della Striscia di Gaza” e chiedeva “una posizione internazionale dura per fare pressione su Israele affinché fermi tutto questo”. Un appello caduto nel vuoto.
Eppure la strategia dei nazisionisti è chiara, se non lo fosse la raccontava nuovamente l’ex ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, dimessosi per protesta contro l'accordo di tregua, che accoglieva il nuovo blocco di Gaza e la palese violazione dell'accordo del 19 gennaio con le parole “meglio tardi che mai. Ora è tempo di aprire le porte dell’inferno, tagliare elettricità e acqua, riprendere la guerra, è più importante di accordarsi per la liberazione di solo metà degli ostaggi”. Sono crimini di guerra che si sommano a quelli che già hanno portato alla condanna di Netanyahu da parte della Corte penale ma tanto il vertice nazisionista è coperto dall'alleato imperialista Trump e dai paesi imperialisti europei che un giorno si e l'altro pure li rassicurano che non arresteranno nessuno.
La campagna nazisionista che sostiene il genocidio palestinese e la ripetizione senza limiti di crimini di guerra è oramai così evidente da non poter essere negata che da complici prezzolati. Lo scorso 23 febbraio ad esempio il vicepresidente del parlamento sionista Nissim Vaturi, del Likud, durante un’intervista alla radio Kol BaRama ha sostenuto che tutti gli adulti a Gaza vanno eliminati: “chi è innocente a Gaza? I civili sono usciti fuori e hanno massacrato la gente a sangue freddo. Sono dei reietti e nessuno al mondo li vuole”, perciò occorre “separare i bambini e le donne e uccidere gli adulti a Gaza; noi siamo troppo premurosi”. Gli stesi metodi criminali da pulizia etnica e da gencidio, aggingeva il vicepresidente della Knesset, dovrebbero essere applicati intanto anche a Jenin in Cisgiordania, “cancellate Jenin. Non iniziate a cercare i terroristi, se c’è un terrorista in casa, abbattetelo”. Un chiaro incitamento al genocidio che i nazisionisti veicolano come un'opzione praticabile contro il popolo palestinese.
5 marzo 2025