Espulsioni e arresti per chi ha partecipato alle proteste, tagli dei fondi alle Università che non prendono provvedimenti forcaioli contro gli studenti
Vietato manifestare negli Usa di Trump
Arrestati 98 manifestanti antisionisti tra cui giovani dell'associazione Jewish Voices for Peace
No all'arresto ed espulsione dello studente pro Palestina Khalil

L'8 marzo a New York è stato arrestato e deportato in un centro di detenzione a Jena, Louisiana, il siriano di origine palestinese Mahmoud Khalil che, sposato con una cittadina statunitense, è stato uno dei leader della protesta studentesca contro Israele nazisionista nel campus della Columbia University. Fuggito nel 2022 insieme alla famiglia dalla guerra in Siria, Khalil è arrivato negli Stati Uniti nel 2022 con un visto di studio universitario ed è diventato residente permanente nel 2024. Nonostante a suo carico non risulti alcuna accusa o precedente penale, il segretario di Stato Marco Rubio ha affermato, in un'intervista, che Khalil debba essere espulso verso l'Algeria “poiché la sua presenza e le sue attività arrecherebbero gravi danni alla nostra politica estera” . Il Dipartimento per l’immigrazione degli Stati uniti ha fatto sapere che sono in corso le procedure per la decadenza del suo permesso di soggiorno sulla base del decreto di Trump contro l’antisemitismo.
Lo scorso 4 marzo il presidente Donald Trump aveva dichiarato sul suo social network Truth che intende bloccare i finanziamenti federali a scuole e università che permettono lo svolgimento di quelle che, a suo avviso, sarebbero proteste illegali.
"Tutti i finanziamenti federali – ha scritto Trump - si fermeranno per qualunque college, scuola o università che consente proteste illegali" , senza peraltro chiarire cosa si intenderebbe per "proteste illegali" , considerando che il diritto di manifestare è sancito dalla stessa costituzione americana. "Gli agitatori – ha proseguito il presidente statunitense - saranno imprigionati, o definitivamente rimandati nel Paese da cui sono venuti. Gli studenti americani saranno permanentemente espulsi o, a seconda del reato, arrestati" .
La dichiarazione ha sollevato forti preoccupazioni tra i giuristi democratici di quel Paese e i difensori della libertà di espressione, e le minacce del nero presidente Trump ai fondi alle università giungono in un momento di forti tensioni in molte decine di campus universitari in tutto il Paese, teatri nei mesi scorsi di accese manifestazioni contro il conflitto a Gaza che hanno visto migliaia di studenti arrestati e sospesi durante l'Intifada studentesca, un movimento universitario che ha coinvolto milioni di studenti negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo a sostegno del popolo palestinese.
Alle minacce di Trump sono puntualmente seguiti i fatti, perché il 7 marzo la sua amministrazione ha effettivamente tagliato 400 milioni di dollari in sovvenzioni federali e contratti alla Columbia University, accusata, in uno stringato comunicato e in modo del tutto mistificatorio, di antisemitismo e di odio nei confronti degli ebrei solo per non avere fatto abbastanza per impedire a un gruppo di suoi studenti di occupare i corridoi fuori dall'ufficio del decano e del presidente della facoltà con lo scopo di chiedere l'annullamento dell'espulsione per due studenti e il ritiro dei provvedimenti contro altri per le manifestazioni a favore della Palestina organizzate alla fine del 2023.
Nel frattempo, su disposizione dello stesso Trump, diversi dipartimenti federali – tra cui quello della Salute e dei Servizi Umani e quello dell’Istruzione – hanno avviato un’indagine sulle università per verificare la conformità alle normative federali, in particolare quelle legate ai diritti civili.
Nei giorni scorsi la Columbia University, evidentemente preoccupata per ulteriori sanzioni che Trump potrebbe infliggerle, ha reso noto di avere espulso o sospeso numerosi studenti che hanno partecipato lo scorso anno alle proteste a favore dei palestinesi dello scorso anno, inclusi quelli che hanno occupato la Hamilton House. Ad altri studenti, ha reso noto l'università, è stato revocato il titolo di studio per gli stessi motivi.
L'indignazione degli studenti per questi gravissimi fatti non si è fatta attendere: il 13 marzo oltre quattromila manifestanti, in gran parte studenti tra i quali c'erano centinaia di giovani ebrei antisionisti dell'associazione Jewish Voices for Peace, hanno occupato per un breve periodo l’atrio della Trump Tower a New York contestando la politica di Trump, l’arresto di Mahmoud Khalil e il pugno di ferro della Columbia University, e le autorità hanno risposto fermando 98 persone, tra le quali anche la nota attrice Debra Winger, ebrea democratica da sempre impegnata a favore della causa palestinese.
Durissima è stata anche la reazione di gruppi a difesa della libertà di espressione: la Foundation for Individual Rights and Expressions (FIRE) ha condannato le dichiarazioni e le politiche repressive di Trump, sottolineando che il primo emendamento della costituzione statunitense tutela anche le opinioni controverse e che la legge non dovrebbe essere utilizzata per punire il dissenso politico, evidenziando peraltro la pretestuosità dell'equiparazione, politicamente cavalcata da Trump, tra il fenomeno dell'antisionismo e il sostegno ai diritti del popolo palestinese da una parte e l'antisemitismo dall'altra.
Infatti le proteste studentesche a favore della Palestina sono state spesso interpretate dalla destra statunitense come espressioni di antisemitismo e di odio nei confronti degli ebrei, mentre i manifestanti le definiscono una legittima opposizione alla politica israeliana alla quale hanno partecipato anche studenti ebrei, e perfino rabbini: il 18 e il 26 aprile 2024, infatti, una folta delegazione di ebrei ortodossi guidati dal rabbino Dovid Feldman si è recata proprio alla Columbia University per supportare gli studenti nelle loro proteste a favore del popolo palestinese e una delegazione di cinquanta rabbini ortodossi ha partecipato all'International Genocide Prevention Day, una marcia indetta dagli studenti della stessa università che si è tenuta a New York il 9 dicembre scorso, alla quale hanno partecipato migliaia di studenti e non solo, per protestare contro il genocidio in corso a Gaza. Si è già ricordato l'attivismo a favore dei diritti dei palestinesi svolta dall'associazione di ebrei laici antisionisti statunitensi Jewish Voices for Peace. In tante altre università statunitensi studenti ebrei democratici e antisionisti hanno protestato insieme a studenti di altre fedi e a studenti laici per lo stesso motivo, per cui è evidente che l'antisemitismo non c'entra nulla, ma è soltanto un pretesto del mondo conservatore statunitense capeggiato da Trump per colpire sia gli studenti che esprimono sostegno alla Palestina sia le università che impediscono o che non condannano tali proteste, senza dimenticare che anche tantissimi docenti, e parecchi sono ebrei, sono sulle stesse posizioni politiche degli studenti.
Del resto, Donald Trump non ha mai fatto mistero della sua difesa a spada tratta del sionismo israeliano, come dimostra tutta la sua politica, e al contempo dell'assoluto disprezzo nei confronti del popolo palestinese, come conferma l'abominevole video, generato con l'intelligenza artificiale, su Gaza e l'oscena proposta di deportazione dei suoi abitanti.
Il pugno di ferro di Trump contro gli studenti non fa che inasprire le tensioni, già ampiamente presenti durante il suo primo mandato, tra il nuovo caporione dell'America reazionaria e il mondo accademico e della ricerca, da sempre considerato un ambiente critico nei confronti delle sue politiche, e si teme che i provvedimenti forcaioli finora presi con il falso pretesto della lotta contro l'antisemitismo potrebbe in un futuro prossimo riguardare anche manifestazioni che riguardano altri temi cari agli studenti democratici e progressisti e da lui bistrattati, dalla crisi climatica, che ha già visto in passato una forte mobilitazione delle nuove generazioni, alle questioni legate ai diritti civili e sociali.
Proprio perché Trump considera il mondo dell'università e della ricerca un ambiente a lui fortemente critico, sin dal suo insediamento il 20 gennaio scorso ha emanato una serie di ordini esecutivi con i quali sta imponendo tagli drastici ai finanziamenti e pesanti restrizioni sia sul contenuto delle ricerche svolte da agenzie federali e università sia sulla loro libertà di comunicazione: si tratta di disposizioni che riguardano ambiti fondamentali come la salute pubblica, la ricerca di base e la lotta ai cambiamenti climatici, che hanno indotto le prestigiose riviste scientifiche statunitensi Nature e Science a criticare aspramente il nuovo corso dell'amministrazione, con numerosi scienziati di fama mondiale che lanciano l'allarme a tutti i ricercatori del mondo e chiedono a Trump di riconsiderare scelte che comporteranno conseguenze potenzialmente disastrose su scala globale.
In Italia l'appello è stato raccolto dal Consiglio nazionale delle ricerche, che ha espresso piena solidarietà al mondo accademico e della ricerca statunitense: in un'intervista al Fatto Quotidiano il membro del Consiglio scientifico del Cnr Massimo Mazzer ha affermato che “noi, comunità della ricerca del Cnr, abbiamo sentito il dovere di esprimerci sui tagli, i licenziamenti e le censure che stanno colpendo le università e le altre istituzioni scientifiche degli Stati Uniti a seguito degli ordini esecutivi dell’amministrazione Trump” .
È ormai chiaro che Trump non è semplicemente un ultra reazionario oscurantista ma un nero magnate fascioimperialista che vede come fumo negli occhi il mondo dell'università e della ricerca che non si assoggetta ai suoi diktat fascisti, individua nei docenti e negli studenti democratici e antimperialisti dei nemici ideologici da contrastare, reprimere e incarcerare.

19 marzo 2025