Spiato anche il cappellano di Mediterranea don Mattia Ferrari
Ma chi sono gli spioni?
Il governo Meloni tace perché colpevole?

Grazie al lavoro dei ricercatori canadesi di CitizenLab che lavorano su alcuni dei cellulari dei 90 giornalisti, attivisti e rifugiati spiati con Graphite, lo spyware della società israeliana Paragon, è emerso che lo stesso 8 febbraio 2024, mentre si introduceva nel telefono del cofondatore di Mediterranea Luca Casarini, il software attaccava e penetrava anche in quello di Don Mattia Ferrari, trentuno anni, personaggio di spicco anche in Vaticano, e da cinque cappellano di bordo di Mediterranea.
Intervistato da La Stampa , il cappellano, ribadendo la disastrosa situazione in Libia e la conseguente attività della ONG, ha attaccato l'accaduto con queste parole: “Questa vicenda è l’ennesima conferma che chi si ribella all’imperativo dominante del cinismo e dell’indifferenza, chi sceglie di amare e di stare concretamente dalla parte dei poveri e degli scartati viene criminalizzato, spiato, schedato. La solidarietà sembra diventata sovversiva e la fraternità, un’eresia”.
D'altro canto lo stesso Don Ferrari nel 2023 ci mise la faccia rendendosi disponibile a molte interviste, fra le quali una a Il Manifesto , per contestare il primo attacco subito da Mediterranea per mano del governo Meloni in carica che fece indagare l'ONG per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Indagine accompagnata da una vasta operazione mediatica di discredito che puntava ad evidenziare le cifre relative alle donazioni (più alte di due terzi di quelle reali) che giungevano dalla Chiesa a quella organizzazione “criminale”, secondo il governo neofascista.
Infine, quest'ultimo episodio è la conferma che Mediterranea sia stata presa di mira, e con lei tutta una serie di figure che rappresentano, guidano e decidono le azioni in ambito di supporto ai migranti. Dei cinque obiettivi noti di Paragon infatti, due sono i fondatori dell’ONG, Luca Casarini e Beppe Caccia, poi David Yambio collaboratore di Mediterranea da molto tempo, ed infine don Ferrari. E potrebbero certo non essere gli ultimi.
È fra l'altro paradossale che a segnalare il fatto a Don Ferrari è stata Meta, avendogli comunicato l'intrusione dopo aver rilevato “un attacco sostenuto da entità governative non meglio identificate”. Su tutto ciò il governo Meloni maldestramente nicchia.
Ma insomma, chi sono gli spioni? Intanto il governo continua a tacere nel tentativo di mantenere incerto tutto il nodo politico della vicenda. Le parziali ammissioni dei vertici dei servizi segreti, che al Copasir hanno ammesso l’uso di Paragon esclusivamente “per fini legittimi”, e il fuori programa del ministro Carlo Nordio che ha rotto la consegna del silenzio per “scagionare” la penitenziaria, non rappresentano una confessione, ma alimentano certo quel cumulo di indizi che spinge la responsabilità dell'atto direttamente verso la Presidente del Consiglio, e quindi a tutto il Governo, per aver dato il via ad intercettazioni illegali.
Illegali poiché non indirizzate nei confronti di soggetti collusi con la mafia, col “terrorismo” o, in generale potenziali rei di particolari crimini pericolosi per la sicurezza del Paese, per i quali sarebbero consentite. E tutto ciò a prescindere dalle balle che potranno essere ancora escogitate da Meloni e compagnia ed offerte all'opinione pubblica dai media di regime più a destra per un pronto e totale rilancio.
Anche la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), per voce del vice-presidente monsignor Savino ha lanciato l'allarme: “È una vicenda assurda, che solleva interrogativi inquietanti. Perché un prete che si occupa di migranti viene considerato un soggetto da controllare? Che cosa sta accadendo nel nostro Paese? Sono domande che ci riguardano tutti. Per il bene della nostra società e della nostra democrazia, è fondamentale fare luce su quanto accaduto”.
In questo scenario le opposizioni parlamentari lo scorso venerdì hanno inviato una nuova lettera congiunta al presidente del Senato, il camerata Ignazio La Russa, per chiedere spiegazioni al Governo. Lettera ad oggi senza risposta. “Pazzesco”, dice il leader di Iv Matteo Renzi, ex-presidente del Consiglio, uno che sa bene dunque come funziona, che continua “il governo permette di spiare illegalmente un sacerdote e scarcera un trafficante di esseri umani”. Dura, a parole, anche la segretaria Pd Elly Schlein: “Perché Meloni trova il tempo di partecipare a ogni convention sovranista, ma non per fare chiarezza su questi fatti gravissimi?”, mentre Bonelli accusa “Loro sanno chi è stato. È regime”.
A dirla tutta, alla fine non si comprende nemmeno tutto questo stupore da parte di PD, IV e AVS poiché uno dei primi atti del governo Meloni, tra la fine del 2022 e l'inizio del 2023, fu proprio quello di attribuire ai servizi segreti la facoltà di intercettare chiunque, per motivi di sicurezza, su semplice autorizzazione della presidenza del Consiglio, e poi del Procuratore generale di Roma. In pratica, il governo si è attribuito il controllo di una delle attività più controverse, delicate e invasive senza il verificarsi di alcuna opposizione reale, né denuncia pubblica da parte di questi stessi partiti (inclusi i 5 Stelle di Conte) che l'hanno dunque sdoganata in sordina.
Ma un altro segnale di pericolo da questa vicenda risiede nella dinamica attraverso la quale si è scoperchiato questo polverone; come già accennato infatti, è stato necessario l'intervento della società privata Meta, di proprietà del magnate di Facebook e Whatsapp, Mark Zuckerberg, per smascherare i Servizi Segreti italiani. Fosse stato per il nostro assetto istituzionale o per le dinamiche dei controlli che dovrebbero garantire quella “democrazia” borghese tanto sbandierata e citata dalle opposizioni, non sarebbe emerso nulla.
Concludendo, ad oggi gli intercettati, tutti fortemente critici nei confronti delle politiche anti-migranti della Meloni e dell'estrema destra che rappresenta, sono tali per evidente mano dei servizi segreti, in particolare l'Aisi che si occupa di sicurezza interna nel territorio italiano, e quindi la responsabilità ricade tutta sul governo Meloni. Un esecutivo che sta mettendo in pratica il suo disegno neofascista, dalla A alla Z, mentre le opposizioni continuano a fare soltanto poco più di quella “polemica giornalistica” della quale le accusava Mussolini all'indomani del delitto Matteotti non prima però di averle derise per non aver promosso “scioperi, manifestazioni di piazza o tentativi di lotta armata” per cacciarlo.
E invece, se si vuole davvero buttare giù al più presto questo governo neofascista che si è già dimostrato capace di tutto per perseguire i suoi neri scopi, è proprio quest'ultima la strada da percorrere.

26 marzo 2025