Il “centro-sinistra” compatto nella scelta
La governatrice Proietti alza le tasse in Umbria per risanare il “buco” nella sanità
Gli oltre 243 milioni di euro di voragine finanziaria siano risanati dal governo della ducessa Meloni

Dalla corrispondente del PMLI per l'Umbria
Appena insediatasi, la governatrice umbra del “centro-sinistra” Stefania Proietti, con delega alla sanità, non ha potuto fare a meno di prendere in mano la “patata-bollente” della sanità regionale. Affidata l'analisi dei bilanci finanziari delle quattro aziende sanitarie umbre (Perugia, Terni e Usl Umbria 1 e 2) a un ente di terza parte, la Kpmg , è emersa una voragine finanziaria di oltre 243 milioni e 452 mila euro.
Proietti con lo slogan “operazione verità sui conti della sanità” ha reso noto il disastroso report affermando che il deficit strutturale parte dal 2020 sotto il governo regionale guidato dal “centro-destra” capeggiato da Donatella Tesei (Lega). Per Proietti questo enorme “buco sanitario” è dovuto a una cattiva gestione delle risorse economiche negli ultimi 5 anni da parte della precedente amministrazione la quale è ricorsa anche a fondi regionali straordinari per cercare di ripianare il disavanzo economico che negli anni via via cresceva.
La crescente ed esponenziale decadenza dei servizi sanitari dell'Umbria, con liste d'attesa interminabili, tagli alle prestazioni, retribuzioni da fame per gli operatori sanitari, sta costringendo da anni la popolazione a curarsi in altre regioni più virtuose, aumentando il costo locale della “mobilità passiva” del 23,9% e diminuendo la “mobilità attiva” ovvero di chi sceglie l'Umbria per curarsi.
La politica della ex-governatrice Tesei e della sua giunta regionale è stata caratterizzata da una mala gestione delle risorse locali e del settore divenendo nei fatti il “braccio” umbro della politica della ducessa Meloni che ha tagliato progressivamente i fondi nazionali alla sanità costringendo tra l’altro tanti pazienti a rivolgersi al privato. Solo nel 2024 sono state oltre 23mila le prestazioni sanitarie affidate ai privati con tanto di bando regionale di 1,5 milioni di euro che poi nella pratica non solo ha foraggiato la privatizzazione della sanità ma non è riuscita a smaltire l'enorme lista d'attesa che si era creata.
Il “centro-destra” controbatte che fu la precedente amministrazione regionale del “centro-sinistra” (fino al 2019) ad aver lasciato in eredità un buco di 100 milioni di euro nella sanità. In ogni caso, scaricabarile a parte, è bene ricordare che Tesei fu per dieci anni sindaco del piccolo comune di Montefalco, in provincia di Perugia, lasciando un buco di 1,6 milioni di euro e consueta mala gestione dei servizi comunali.
Il “centro-sinistra” vuole ricostruirsi una verginità politica, ma è un fatto che nel 2019 l'allora governatrice Catiuscia Marini (PD) insieme ad altri venne costretta alle dimissioni avviando le elezioni regionali anticipate proprio per lo “scandalo sanitopoli”. Marini è stata condannata nel 2024 per i concorsi truccati nella sanità, abuso d'ufficio, rivelazione di segreti d'ufficio, peculato, falso ideologico e materiale per garantire propri candidati (figli, parenti e amici) a posizioni lavorative all'interno della sanità.
Emerge quindi che nel settore sanità la gestione sia del “centro-sinistra” che del “centro-destra” ha portato all'attuale vergognosa situazione implementata dai tagli nazionali di 40 milioni di euro nei prossimi tre anni dirottati a favore anche delle spese militari. Una realtà che pesa sulla popolazione dell'Umbria sempre più impoverita, che nonostante se la paghi con le tasse di fatto non ha accesso al sacrosanto diritto alla sanità pubblica.
Qual è la brillante soluzione trovata dalla governatrice Proietti? “Siamo chiamati a compiere scelte coraggiose e soprattutto eque per la nostra comunità. Portare la Regione verso il commissariamento è da irresponsabili perché il prezzo da pagare sarebbe indiscriminato per la nostra comunità e porterebbe a una pressione fiscale altissima e una riduzione consistente dei servizi. Applichiamo un ritocco alle aliquote che non colpisce indiscriminatamente tutti ma tutela le categorie più fragili”.
Queste sono le lacrime di coccodrillo della giunta che anche tramite l’assessore regionale al Welfare Fabio Barcaioli, ha scelto nella pratica di far pagare alla popolazione umbra una manovra da 90 milioni di euro per cominciare a coprire il disavanzo sanitario, edulcorando la decisione e richiamando a uno sforzo collettivo la “comunità umbra” scegliendo il “male minore” rispetto al commissariamento. Così la decisione di aumentare le aliquote sull'addizionale Irpef che per i redditi da 15.000 a 28.000 euro passerà all'1,95% (ora è all’1,62%), da 28 mila a 50 mila al 2,05% (ora è a 1,67%), oltre i 50 mila al 2,1% (ora è 1,83%). Nel 2026 sarà innalzata anche l'aliquota Irap dello 0,5% per alcune categorie di aziende. Previsto anche l'aumento anche del bollo auto del 10%.
Cgil, Cisl e Uil condannano l’aumento delle tasse deliberato dalla giunta e chiedono la convocazione di un tavolo a Palazzo Donini. Nel loro comunicato affermano: ''Che la sanità fosse fuori controllo, a scapito dei cittadini e delle cittadine che hanno toccato con mano i disservizi, era un elemento a noi noto, lo abbiamo denunciato da tempo e non rimaniamo affatto sorpresi dalle cifre emerse in questi giorni. Non è da ora che denunciamo la situazione critica dei bilanci della sanità regionale e i tagli alle Regioni portati avanti dal governo nazionale, ma a ripagare questo deficit di 90 milioni di euro non possono essere i lavoratori, i pensionati e i cittadini delle fasce medio-basse, che già devono fare i conti con stipendi molto al di sotto della media nazionale… Non possiamo accettare nuovi aumenti di tasse che colpiscano i lavoratori e i pensionati. È necessario che la manovra che si vuole predisporre eviti di mettere in difficoltà gli umbri, già alle prese con stipendi bassi, lavori precari, inflazione e caro energia''.
Non è assolutamente accettabile che la scandalosa gestione dei fondi pubblici sulla sanità sia pagata dalle masse popolari umbre già tartassate negli anni a fronte di un servizio inefficiente e insufficiente, aggravato dall'autonomia differenziata che affossa ancor più la sanità, dai tagli del governo neofascista della ducessa Meloni e dal capitalismo che punta al massimo profitto a discapito della salute. I 243 milioni di euro da ripianare li paghi il governo Meloni.
Occorre battersi unitariamente affinché il diritto alla salute sia gratuito e universale per tutti, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari e i finanziamenti destinati alla sanità pubblica devono costituire una cospicua percentuale del Pil e confluire in un apposito fondo nazionale gestito dalle masse popolari attraverso gli strumenti della democrazia diretta.

26 marzo 2025