Furono 5 gli operai morti e 26 i feriti
Eni indagata per la strage di Calenzano
Colpevole anche di falso e depistaggio
La strage di 5 operai morti e 26 feriti causata dall'esplosione di un serbatoio per lo stoccaggio di carburanti al deposito Eni di Calenzano lo scorso 9 dicembre fu “Un evento prevedibile ed evitabile”, generato da “un errore grave e senza scuse” come la presenza di “fonti di innesco, il motore a scoppio di un carrello elevatore, in un'area ad alto rischio” per la presenza di gas e liquidi infiammabili.
Sono le motivazioni in base alle quali lo scorso 19 marzo il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, ha emesso nove avvisi di garanzia per omicidio colposo plurimo, disastro e crollo colposo, rimozione o omissione dolosa dei dispositivi e cautele contro gli infortuni sul lavoro, a carico di sette dirigenti di Eni (Patrizia Boschetti, Luigi Collurà, Carlo Di Perna, Marco Bini, Elio Ferrara, Emanuela Proietti, Enrico Cerbino) e due dirigenti della Sergen, la ditta incaricata dei lavori di manutenzione straordinaria: Francesco Cirone e Luigi Murno.
Nel registro degli indagati figura anche la società Eni Spa con alla testa il presidente Giuseppe Zafarana e l'amministratore delegato Claudio Descalzi, legali rappresentanti del colosso di Stato, accusati di illecito amministrativo in ordine ai reati di omicidio e lesioni.
Non è la prima volta che Descalzi, stipendio da oltre 6 milioni di euro l'anno, finisce tra le grinfie della magistratura. Nel 2014, insieme al suo predecessore Paolo Scaroni, è stato indagato dalla Procura di Milano per “corruzione internazionale” di politici e burocrati in Nigeria in relazione a una concessione petrolifera da 1 miliardo di dollari. Assolto in cassazione il 6 Giugno 2024, Descalzi è alla guida dell'Eni dal 14 aprile 2014 nominato dal governo Renzi e riconfermato senza soluzione di continuità dai governi Gentiloni il 18 marzo 2017, dal governo Conte II il 20 aprile 2020 e dal governo neofascista Meloni che il 12 aprile 2023 gli ha conferito il quarto mandato consecutivo segnando record nella storia dell'azienda del Cane a sei zampe.
“Eni – ha precisato Tescaroli - è indagata, ex legge 231, per illecito amministrativo in relazione all'omicidio colposo plurimo e al disastro colposo per gli atti compiuti dagli indagati. Se il 9 dicembre Eni avesse interrotto le erogazioni di carburante alle autobotti, non avrebbe incassato 255mila euro. Quando si parla di contestazioni alla società, gli indagati sono i legali rappresentanti di Eni”.
I risultati investigativi scaturiti dall'inchiesta “non lasciano dubbi su colpe e mancanze – ha aggiunto Tescaroli - Abbiamo ritrovato anche documenti inseriti dopo il 9 dicembre, creati per coprire le carenze di istruzioni per i lavori di manutenzione affidati alla Sergen. Per la prima volta compaiono in una cartella del 31 gennaio 2025, riportano la data di preparazione del 27 gennaio. E citano la valvola 577, che era stata sfrangiata, mai presente negli atti precedenti. Quindi un documento 'sistemato' per far risultare che c'erano delle istruzioni specifiche su quella pompa e sulla pensilina sede del disastro, creato per deresponsabilizzare Eni”.
Dunque dalle indagini emerge anche un tentativo di depistaggio e falso ideologico da parte di Eni al fine di ostacolare le indagini. Agli atti risulta anche la richiesta di Eni a Sergen di rimuovere due valvole, azione che provocherà sversamento di carburante e di lì l’esplosione, quando in realtà gli interventi non erano necessari: “tanto che il progettista non li aveva previsti”.
“L’incidente – ha concluso Tescaroli – è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un’adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative, ed evitabile, se fossero state seguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione obbligatorie per l’intervento che doveva fare Sergen srl”.
Il sistema di produzione e di sfruttamento capitalistico finalizzato a massimizzare i profitti sulla pelle dei lavoratori sono le cause che hanno assassinato i tre autotrasportatori (Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti) i due manutentori della Sergen (Gerardo Pepe e Franco Cirielli) e i 26 feriti alcuni dei quali, gravemente ustionati, che sono riusciti a sopravvivere solo alla bravura e al tempestivo soccorso dei sanitari.
Omicidi sul lavoro che gridano due volte vendetta perché causati da un'azienda pubblica controllata dallo Stato.
26 marzo 2025